Reinventare la «polis» contro la devastazione dell'acqua
La situazione critica delle risorse idriche nel mondo non ha bisogno di parole e di proclami ma di soluzioni concrete. E' possibile arrestare la devastazione. La gente si sta rendendo conto che alla base della crisi idrica e, più in generale, delle gravi conseguenze legate al cambiamento climatico, vi è soprattutto il nostro modello di crescita economica e di consumo. Ha capito inoltre che lasciare agli appetiti del capitale finanziario privato e agli interessi di potere corporativo la gestione dei grandi bacini fluviali quali il Niger, il Nilo, il Po, il Rio grande, o dei laghi come il Ciad, il Tanganika, il lago di Garda, il Trasimeno significa, a 40-50 anni di distanza, la loro morte. Lo stesso vale per le foreste e per i terreni oggi agricoli trasformati in campi di produzione di vegetali per produrre energia (caso delle recenti decisioni di Lula in favore di un vasto programma agroenergetico su scala continentale per la produzione di bio-etanolo)
Tutto indica che è necessario partire da un altro governo del territorio e dei beni e servizi comuni pubblici. Per noi europei, questo comporta tre priorità.
La prima concerne il risanamento del territorio dal dissesto attuale, specie degli stati del sud dell'Unione europea, in una prospettiva aperta all'insieme del Mediterraneo.
V'è urgenza di nuove regole « nazionali» e regionali/locali, in un quadro europeo coerente, con priorità in tre settori: l'agrobusiness, il settore energetico e quello dei trasporti. Regole nuove accompagnate da risorse finanziarie pubbliche adeguate e dalle volontà di esercitare i poteri di sanzione in caso di inadempienza. Per quanto riguarda l'agrobusiness è urgente abbandonare la politica agricola europea; promuovere sistemi agricoli locali finalizzati prioritariamente alla produzione di beni per l'alimentazione delle popolazioni locali e non per l'esportazione; intensificare la lotta contro gli Ogm e, last but not least, riduzione drastica dei prelievi e degli sprechi d'acqua per l'irrigazione e adozione di vincoli rigorosi in materia di inquinamento dei suoli e delle falde d'origine agricola. Il risanamento del territorio deve diventare una dimensione centrale delle politiche di cooperazione mediterranea.
La seconda priorità deve essere data ai mutamenti del settore energetico e dei trasporti. I mutamenti radicali, non più rinviabili, devono essere centrati attorno al trinomio solare-eolico-idrogeno - e quindi dell'interconnessione e dell'intermodalità - dal lato dell'offerta, e alle misure drastiche di riduzione dei consumi energetici e di sviluppo di modi di vita più sani e saggi, dal lato della domanda. Le tasse ecosostenibili, a livello anche mondiale, sono un valido strumento per favorire l'inizio di un'inversione di tendenze, ma sono soprattutto le scelte economico-finanziarie a monte a essere determinanti. Fintantoché i governi e i gruppi sociali al potere daranno la precedenza alla crescita economica nel quadro della libera concorrenza sui mercati competitivi mondiali, le politiche dette di «sviluppo sostenibile» continueranno a esserre inefficaci perché sottomesse agli interessi dei grandi gruppi industrialo-commerciali-finanziari mondiali. Se è corretto quanto riportato dalla stampa (vedi il manifesto del 23 marzo), il ministro Bersani lo ha riconsosciuto con grande chiarezza e convinzione. Egli avrebbe dichiarato «quando il mercato parla i governi devono stare zitti ». La sola, vera, politica possibile di sviluppo sostenibile è quella definita e operata dal mercato. Mi domando, se la dichiarazione riportata è corretta, cosa aspetta il ministro Bersani a dimettersi dal governo ?
Terza priorità: la riconfigurazione funzionale della città e dei rapporti città-campagna. A questo riguardo numerose sono le misure urgenti da prendere in tutte le nuove costruzioni e piani urbanistici delle città europee, quali:
- il ritorno a una cultura di raccolta e di uso delle acqua piovane e del riutilizzo delle acque grigie per l'alimentazione del wc;
- la rimessa a nudo, nelle zone propizie, dei corsi d'acqua urbani, contrastando a tal fine la tendenza esistente ancora in molte città europee a «svendere» i corsi d'acqua agli interessi di promotori immobiliari;
- il ripristino di punti pubblici di erogazione d'acqua potabile nelle piazze, nei giardini e altri luoghi pubblici d'incontro e di convivialità quali stazioni ferroviarie e di autobus, aeroporti, stadi..... In questo contesto si situa altresì la proposta di riportare l'acqua potabile, l'acqua da rubinetto, gratis in tutte le scuole in sostituzione dell'acqua minerale in bottiglie di plastica;
- la rivalorizzazione del trasporto di merci via acqua;
- la costruzione di edifici e complessi architettonici autosufficienti sul piano energetico;
- la riduzione della mobilità di superficie su lunghi percorsi a vantaggio della mobilità di prossimità congiuntamente a trasporti pubblici a basso consumo energetico e non inquinanti;
- lo smantellamento dei grandi centri commerciali (addirittura chiamati oramai «Market Cities», a conferma della trasformazione delle città in principalmente «luoghi di consumo»).
A conclusione di questo e dei due articoli «L'acqua dei poveri 'non arriva' al bagno» e «Una finanza pubblica per il diritto alla vita di tutti», pubblicati rispettivamente il 18 e il 20 marzo scorsi, si può affermare che non è pensabile mettere fine all'attuale devastazione dell'acqua senza rinventare la città, il vivere insieme, altrimenti detto la polis, quindi la «politica». Mai, in nessuna civiltà, il mercato è stato considerato come la polis, il fondamento della legge e delle regole.
La grande forza dei gruppi dominanti di questi ultimi trent'anni sta nell'essere riusciti a imporre la credenza, e la fede, che il mercato sia la legge.
La grande debolezza e miseria della cultura politica dei gruppi dominanti che si dicono e sono cosiderati di sinistra sta nel fatto che essi sono diventati i portabandiera più convinti di questa credenza, e fede.
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