Beni comuni. Caro Prodi, il programma va rispettato
Signor Presidente del Consiglio dei Ministri Romano Prodi,
è urgente e indispensabile, per due ragioni, di non cedere più alle pressioni delle forze falsamente «post-ideologiche» ma realmente pro-capitaliste (autodefinitesi «riformiste moderate») predominanti nel Suo governo.
1. Queste forze La spingono a non rispettare gli impegni presi con il «Programma di governo dell'Unione» e Lei non può non rispettare il Suo programma.
2. Esse Le impediscono di programmare e eseguire un'azione politica coerente a lungo termine, obbligandoLa a manovrare alla giornata, per difendersi dai ricatti frequenti che Lei deve subire a opera delle fazioni più forti o astiose della sua compagine governativa, preoccupate soprattutto della difesa degli interessi dei vari gruppi di potere che rappresentano (penso soprattutto ai potentati Ds, all'Udeur di Mastella e ai radicali alla Bonino).
La questione che oso porLe direttamente in pubblico - e so che sono in tanti, moltissimi, a porsela fra quelli che hanno creduto e credono ancora nel Suo governo e nel Suo operato - è la seguente: come vuole restare nella storia dell'ultimo decennio italiano in quanto Primo ministro? Vorrà essere ricordato come uno dei tanti Primi ministri che si è preoccupato principalmente di «risanare i conti economici dello stato» e di contribuire alla «crescita economica del paese» e della sua «competitività internazionale», facendo poi della «solidarietà sociale», cioé l'elemosina di pietà, per i più demuniti, come ha fatto la stragrande maggioranza dei 50 e rotti Primi ministri che L'hanno preceduta dal «lontano» 1946? Oppure, desidera essere ricordato come il Primo ministro che, forte di essere riuscito per la prima volta nella storia del dopoguerra, a mettere insieme in un governo tutte le forze dichiaratesi o considerate progressiste e di sinistra, è riuscito a dare una svolta effettiva al paese in favore di una ritrovata giustizia sociale, di un reale sviluppo «sostenibile» fondato su un governo efficace dei beni comuni fra i quali , in primis, l'acqua, l'ambiente, la salute e il lavoro, e di un vivere insieme pacifico tra italiani e immigrati?
Vuole essere un Primo ministro al servizio degli interessi e della sicurezza delle oligarchie più forti e più ricche del paese in aperta competizione per l'egemonia e la potenza con le oligarchie degli altri paesi, oppure un Primo ministro al servizio del bene comune e del diritto a una vita umanemente decente e socialmente degna per tutti i nostri cittadini, in un contesto di apertura concreta alla cooperazione e alla solidarietà (responsabilità) mondiali?
Per quanto i termini dell'alternativa possano sembrare un pochino semplificati, questa è la vera scelta alla quale Lei non può e non sta sfuggendo.
Se Le scrivo direttamente, a qualche giorno dalla grande manifestazione del 20 ottobre, è perché l'evidenza mostra che le scelte operate dal Suo governo vanno sempre di più nella prima direzione, annullando persino gli effetti positivi di alcuni atti presi dal Suo governo, su Suo impulso, quale il ritiro delle truppe italiane dall'Iraq. Non credo che sia sufficiente argomentare, a titolo giustificativo, sull'inevitabilità della mediazione fra le forze politiche che compongono il Suo governo. Le scelte Lei le fa. Il problema è che sta facendo le scelte che non dovrebbe fare, anche perché non rispettano «il programma dell'Unione».
Il caso dell'acqua e, più in generale, dei beni pubblici sui quali si basano concretamente la promozione e il rispetto dei diritti umani e sociali secondo la Costituzione italiana, è particolarmente istruttivo.
Lei aveva preso l'impegno di eliminare la differenza introdotta negli anni '90, e confermata nel corso di questo decennio, tra proprietà pubblica delle reti e l'obbligo di passare a una gestione privata dei servizi idrici (gestione tramite S.p.A.). Il programma dell'Unione afferma che la proprietà delle reti e la gestione dei servizi idrici devono essere pubbliche, a differenza di quanto vale per tutti gli altri servizi pubblici. La mediazione politica c'è stata e si è tradotta nell'accordo, deplorevole, in favore della liberalizzzazione e privatizzazione di tutti gli altri servizi pubblici.
Il Suo governo non può non rispettare il risultato della mediazione. Il programma ha affermato che i servizi idrici non devono e non possono più essere affidati a dei soggetti privati. La loro gestione deve essere pubblica. Ora, fino a oggi il Suo governo non ha adottato alcun provvedimento legislativo destinato a mantenere pubblica la proprietà delle reti e a ripubblicizzare la gestione di tutti i servizi idrici. Peggio ancora, il Suo governo, malgrado l'opposizione coerente e responsablile dei Verdi, del Prc, del Pdci e della Sinistra democratica:
a. ha tentato di vanificare l'eccezionalità del trattamento riservato all'acqua e ai servizi idrici attraverso i decreti legge Bersani e Lanzillotta;
b. sta facendo morire per inerzia l'efficacia della moratoria di sospensione fino al 31 dicembre del 2007 dell'affidamento a soggetti privati dei servizi idrici che resta ancora da approvare al Senato. Il ritardo consente ai comuni, alle province e alle regioni favorevoli alla liberalizzazione e privatizzazione dei servizi idrici di continuare legalmente a affidare i servizi idrici a soggetti privati;
c. ha favorito e tuttora favorisce la crescita di grandi imprese idriche e multiutilities capitaliste aperte al capitale privato «straniero» (particolarmente ben accolto a differenza degli immigrati e dei rom), a fronte di un nanismo delle gestioni municipali in economia anch'esso appoggiato verosimilmente per «dimostrare» - in maniera mistificatrice - l'inefficienza e l'insostenibilità della gestione pubblica diretta.
Il Suo governo sta «svendendo» l'acqua al mercato e alla finanza privata. Soggetti quali Merryl Linch, Crediop (Dexia), Abn-Amro, Fideraum, Unicredit/Antoveneta stanno diventando degli attori sempre più influenti e potenti in materia di servizi comuni non solo idrici. Cosi facendo, la Sua formazione governativa sta comportandosi in maniera sprezzante, indifendibile, nei confronti dei 406 mila cittadini che, fatto eccezionale nella vita democratica del nostro paese, hanno firmato una proposta di legge d'iniziativa popolare sull'acqua pubblica. Con quale coerenza Ella può ancora parlare di rispetto della democrazia e di sostegno alla partecipazione dei cittadini?
Me lo lasci dire con franchezza, senza astio: sono sorpreso che Ella non stia, personalmente, impedendo il graduale smantellamento dell'economia pubblica dei beni e dei servizi comuni pubblici. Le chiedo pertanto, La prego, di mantenere almeno l'impegno preso per l'acqua bene comune, per la gestione pubblica dell'acqua, con un atto di governo chiaro e immediato. Gli atti politici forti, anche simbolici, contano e pesano molto nella memoria comune dei popoli. I cittadini che a migliaia manifesteranno il 20 ottobre nell'Urbe, che affermò il principio giuridico e morale del Pacta sunt servanda, sapranno apprezzare. Non saremo nelle strade contro di Lei. Noi osiamo sperare di poterLe dire : «Bravo, signor Presidente del Consiglio, bravo Prodi. Vada avanti».
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