La corsa all'oro del secolo ventuno
Secondo l'Unesco nel 2000 sono morte 2.2 milioni di persone per mancanza d'acqua o infermità ad essa legate e fra 1.1 e 1.3 miliardi non avevano l'accesso all'acqua potabile. A Firenze, nel 2003, il Forum alternativo mondiale dell'acqua, le cifre erano ancora peggiori: 2.4 miliardi di persone senza l'accesso all'acqua potabile né ai servizi sanitari minimi, 30 mila morti ogni giorno per le stesse ragioni. Come dieci 11 settembre ogni giorno. Nel 2025, l'Unesco sostiene, nel suo scenario più ottimista, che 3.5 miliardi di persone soffriranno scarsità d'acqua. Quelli più pessimisti parlano di 7 miliardi su una popolazione mondiale di 8 miliardi. Per la Red Agroforestal Chaco Argentina, la domanda totale di acqua raddoppia nel mondo ogni 20 anni, due volte più rapidamente dell'incremento della popolazione: nel 2025 la domanda di acqua fresca sarà del 56% superiore alla sua disponibilità.
Forse catastrofismo eccessivo. Ma di certo nessuno potrà negare l'importanza strategica dell'acqua. Che fa capire l'interesse dei paesi forti a garantirsi il controllo delle fonti, delle grandi compagnie transnazionali a farne una mercanzia come le altre, dei popoli e (certi) governi a impedire che venga gettata sulla roulette del mercato globalizzato.
Non è un caso che nella svolta dell'America latina di questo inizio di secolo, a fianco dei tradizionali petrolio e gas - «recuperati» dall'azione decisa dei Chávez, Morales, Correa -, un ruolo da protagonista l'abbia avuto l'acqua. Il processo di cambio nei rapporti fra Stati, movimenti sociali, organismi multilaterali di credito e imprese private cominciò con la «guerra dell'acqua» nel 2000 a Cochabamba, in Bolivia, dove le lotte popolari costrinsero a battere in ritirata il colosso Usa Bechtel e il consorzio internazionale Aguas del Lunari. Da allora le transnazionali del settore nel Cono sud non hanno avuto più vita così facile ed è ricominciato un processo di re-statizzazione dell'acqua. La californiana Bechtel, la francese Suez, la catalana Aguas de Barcelona (AgBar), la basca Aguas de Bilbao e su scala minore le italiane Edison e Aem (azienda municipalizzata di Milano) hanno perso concessioni e contratti.
In Bolivia nel 2005 fu rescisso il contratto con Aguas del Illimani (Suez e... Banca mondiale) che aveva l'esclusiva delle forniture d'acqua a El Alto e La Paz. In Argentina nel 2006 il governo Kirchner annullò il contratto con Aguas Argentinas (Suez, AgBar e ancora Banca mondiale). In Uruguay, dove il presiedente conservatore Jorge Batlle aveva portato avanti i programmi di privatizzazione voluti dall'Fmi, nell'ottobre 2004, in concomitanza con le elezioni che portarono al potere il socialista Tabaré Vázquez, fu votato (e vinto) anche - caso forse unico al mondo - un referendum che dichiarava l'acqua «un diritto umano fondamentale» e il suo «carattere pubblico». Poi, dato che Vázquez aveva confermato le concessioni alle compagnie private, le lotte popolari obbligarono il governo del Frente Amplio a ricomprare le azioni di Aguas de la Costa (Suez e Agbar) e di Uragua (Aguas de Bilbao).
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