Furgoni FIAT utilizzati per eseguire le condanne a morte in Cina

Appello della sezione italiana di Amnesty al Gruppo Fiat affinche' si rifiuti di fornire veicoli per scopi che violino i diritti umani
31 dicembre 2003
Uff. Stampa Amnesty International

LA SEZIONE ITALIANA DI AMNESTY INTERNATIONAL: FURGONI FIAT PER ESEGUIRE
CONDANNE A MORTE IN CINA

I "boia itineranti" sono la nuova scoperta di Pechino e girano su furgoni
FIAT adattati allo scopo. Lo ha denunciato oggi la Sezione Italiana di
Amnesty International, chiedendo all'azienda torinese di non rendersi
complice di una violazione del fondamentale diritto umano, quello alla
vita.

Da quando la Cina ha adottato il metodo di esecuzione dell'iniezione di
veleno, le autorita' hanno sollecitato i tribunali locali a dotarsi di
camere di esecuzione mobili, onde poter accelerare i tempi ed evitare di
dover trasferire i condannati da una citta' all'altra.

Secondo Amnesty International, la pena di morte in Cina continua a essere
applicata in modo esteso e arbitrario, spesso influenzata da interferenze
politiche. Negli ultimi quattro anni, con il lancio delle cosiddette
campagne "Colpire duro", e' aumentato considerevolmente il numero dei
condannati a morte anche per reati di lieve entita', in precedenza puniti
con il carcere. All'indomani dell'11 settembre 2001, inoltre, la Cina ha
intensificato la repressione contro la minoranza uigura del Xinjiang,
eseguendo condanne a morte per reati politici. I dati di Amnesty
International, che riguardano solo i casi accertati, parlano di 1.060
condanne a morte eseguite nel corso del 2002. Secondo altre fonti, il
numero delle esecuzioni potrebbe essere fino a dieci volte superiore.

Nei giorni scorsi, il "Beijing News" ha pubblicato la notizia
dell'acquisto di un furgone da parte dell'Alta corte della Provincia di
Liaoning, nella Cina nord-orientale, subito attrezzato per diventare
"camera della morte" itinerante. La notizia e' stata poi confermata da un
funzionario di polizia della stessa Alta corte, addetto alle esecuzioni,
il quale ha dichiarato alla "France Presse" che altri tribunali
(diciassette, secondo fonti ufficiali cinesi), stanno procedendo
all'acquisto dei furgoni.

Si tratta di furgoni Iveco, del gruppo Fiat, prodotti a Nanchino e che
costano 400.000 yuan, circa 40.000 euro.

Il presidente della Sezione Italiana di Amnesty International, Marco
Bertotto, in una lettera indirizzata alla FIAT ha ricordato le
responsabilita' che l'azienda, capogruppo della Iveco, si assume con
questa fornitura al governo cinese. Di fatto, un veicolo normalmente
utilizzato per effettuare servizi di trasporto merci o persone, e quindi
utile alla comunita' civile, diventa parte essenziale di un apparato
omicida puntato alla nuca della comunita' stessa.

La Dichiarazione universale dei diritti umani, nel suo Preambolo, richiede
a tutti gli individui e a tutti gli organi della societa' di fare la
propria parte per garantire il rispetto di tutti i diritti umani in ogni
parte del mondo.
Le imprese, soprattutto se grandi, transnazionali e potenti come la FIAT,
essendo organi importanti della societa' internazionale, non possono
sottrarsi a questo obbligo.

La Sezione Italiana di Amnesty International chiede alla FIAT di:
- porre fine alla vendita o alla consegna, se non ancora effettuata, dei
furgoni alle autorita' cinesi;
- intervenire presso le autorita' cinesi per pretendere l'abolizione della
pena di morte e la commutazione in pena detentiva delle sentenze gia'
emesse;
- dare istruzioni ai propri dirigenti e a quelli della sua controllata
Iveco, in Cina come in ogni altra parte del mondo, affinche' non siano
effettuate forniture di veicoli, parti di ricambio o attrezzature FIAT che
potranno essere utilizzate per compiere violazioni dei diritti umani;
- informare l'opinione pubblica, con una propria comunicazione ufficiale,
sulle iniziative assunte affinche' questo commercio di morte cessi, e con
esso il sostegno anche indiretto a qualunque governo o gruppo armato che
usi veicoli, parti di ricambio o attrezzature FIAT per compiere violazioni
dei diritti umani;
- fornire ampie assicurazioni che non effettuera' ulteriori forniture di
veicoli, parti di ricambio o attrezzature FIAT destinate a funzioni che
siano in palese violazione dei diritti umani;
- aderire e dare attuazione alle Norme delle Nazioni Unite sulla
responsabilita' delle aziende, approvate il 13 agosto di quest'anno dalla
Sottocommissione Onu per la promozione e la protezione dei diritti umani;
- adottare e attuare rigorose politiche e comportamenti di responsabilita'
sociale nelle proprie attivita' quotidiane, facendo si' che queste
politiche vengano trasmesse dal top management a tutti i dipendenti di
tutte le imprese dalla FIAT direttamente o indirettamente controllate,
impegnandosi attivamente affinche' siano accettate e messe in pratica da
tutti.
- dare seguito ai pronunciamenti e ai principi internazionali espressi
nelle numerose risoluzioni del Parlamento Europeo in materia di
responsabilita' sociale delle imprese e di traffico di armi, nel Global
Compact e nelle Linee Guida dell'OCSE.

Amnesty International, pur ritenendo che spetti ai governi la
responsabilita' principale di rispettare e far rispettare i diritti umani,
ritiene che le imprese come la FIAT possano e debbano usare la propria
influenza per intervenire sui governi a garanzia del rispetto dei diritti
umani, e non possano sottrarsi a questa responsabilita', morale e legale,
adducendo ragioni economiche oppure semplicemente tacendo. Di fronte a
gravi violazioni dei diritti umani, come nel caso della pena di morte, il
silenzio dei potenti interessi economici non puo' essere considerato
neutrale.

Roma, 23 dicembre 2003

Note: Amnesty International Italia
Ufficio stampa Tel. 06 4490224 - cell. 348-6974361
e-mail: press@amnesty.it

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