Basta videogiochi violenti e armi ai bambini!
Quanti ne hai killati ieri? Dal verbo kill, ammazzare. E’ il nuovo linguaggio dei ragazzini, che trasuda una violenza tanto triste quanto virtuale.
Ai bambini sempre più spesso viene impedito di rotolarsi nell’erba, arrampicarsi sopra agli alberi, andare a scuola da soli in bici perché è pericoloso, ma allo stesso tempo si permette loro di passare ore davanti videogiochi violenti. Quanti bambini vedete con le ginocchia sbucciate? Quasi nessuno.
Ricerche Eurispes (2013), evidenziano come siano aumentati i giochi dentro l'appartamento e diminuiti i giochi spontanei all'aperto..
Per saperne di più: https://www.stateofmind.it/2017/06/videogames-violenti-adattamento-bambini/
Tra i prodotti del settore più in voga al momento, ci sono videogiochi (Fortnite, PUBG, Minecraft…) dai contenuti profondamente violenti, dove personaggi tatuati (simili a paramilitari) con mitra al collo e armati fino ai denti, massacrano i nemici senza pietà. I ragazzini giocano insieme, a squadre, ma non serve stare nella stessa stanza, non serve più invitarsi a casa. Basta connettersi a internet. Ci si vede travestiti nell’alterego violento, dentro lo schermo. Ragazzini che invece di correre fuori, pedalare nelle strade, rotolarsi nei parchi, stanno per ore seduti davanti ad uno schermo, con le cuffie alle orecchie, iperstimolati da immagini violente, ma senza possibilità di mobilità fisica.
Ci sono poi giochi che prevedono ‘imprese’ solo individuali: il peggiore di questi, Active Shooter, una sorta di “tiro a segno nei corridoi scolastici”, dopo la strage in Florida è stato per fortuna ritirato dal mercato ufficiale.
Secondo alcune ricerche,sembra che la mafia abbia usato videogiochi come Fortnite per riciclare il denaro sporco. Quello dei videogame è una lobby potente, un settore in crescita a livello mondiale, il cui fatturato annuale per l'Entertainment Software Association aumenterà del 31% entro tre anni. Nonostante questo, non è riuscita a fermare l’OMS che ha riconosciuto ufficialmente la dipendenza da videogame come una patologia.
Alberto Pellai, psicoterapeuta, ricorda: “Nel videogioco tu ‘vivi’ la morte o l’uccisione come una cosa vera per quel mondo lì. La cura grafica della violenza è parte di questa percezione. I ragazzini non riescono a resistere, non arriva mai la stanchezza. Tra i 10 e i 15 anni il videogioco intercetta perfettamente la mente dei ragazzi e li tiene agganciati”.
Si può accettare di far giocare i bambini per meno di 45 minuti al giorno (meglio solo 1 o 2 volte alla settimana) a videogiochi educativi e non violenti, che stimolano la logica e il problem solving, ma sui videogiochi violenti non bisognerebbe, a mio parere, transigere.
Non possiamo permetterci di esporre a questa continua, quotidiana, martellante, esaltazione delle armi, della potenza e della violenza, i nostri figli, le future generazioni. Alla faccia di ogni idea di pacifismo e non violenza, di ogni (inutile?) studio della storia. L’aumento del tempo passato ai videogiochi, d’altra parte, è inversamente proporzionale a quello dedicato alla lettura. Stiamo crescendo una generazione di cattivi lettori, e buoni amanti delle armi.
Anche un tempo i bambini giocavano alla guerra, a guardi e ladri, è vero, ma ci rincorrereva per spararsi con le dita, al massimo con un pezzo di legno accomodato dal nonno…la finzione era evidente e proteggeva l’innocenza.
Ora, al di là ai videogiochi, anche i fucili con cui giocano i bambini sono iperrealistici. I cosiddetti Blaster Nerf. Vengono dagli USA, dove spopolano a tal punto, che nel 2009 sono state vietate dalla University of Colorado, per motivi di sicurezza. I Nerf sono molto apprezzati, perché simulano le armi vere, sparando dardi o palline e si abbinano con occhiali, gilet “tattici” (imbottiti di munizioni), e altri gadget guerreschi, un po’ simili al softair. E’ triste vedere come tanti bambini (con il consenso orgoglioso dei genitori, disponibili a spendere fior di quattrini), siano affascinati da questa orribile apologia delle armi e della guerra. Tanti genitori neppure si pongono il problema, il bimbo chiede, la moda comanda, non si può che ubbidire, per non far sentire il bambino “diverso”.
Questi oggetti sono diventati uno status symbol, e chi non li ha può restare isolato e emarginato. Bambini che ai compleanni vengono invitati solo se hanno nerf e occhiali per giocare, bambini che non vengono considerati se non hanno videogiochi.
Per non parlare dei film di azione o di orrore con scene truci e esaltanti la violenza, che sempre più spesso sono pane quotidiano dei bambini (ho sentito bambini di 8-9 anni che vedevano film come It o La Bambola Assassina, con il consenso dei genitori)
La scuola può essere un argine a tutto questo? Come educare i ragazzi alla non violenza? Si vuole portare l'educazione civica a scuola, magari 1 ora a settimana, ma a cosa serve se i ragazzi sono martellati varie ore al giorno da una continua educazione alla violenza e alla inciviltà?
Stiamo lasciando ai ragazzi un mondo devastato da guerre e inquinamento, stiamo lasciando loro eredità pesantissime, problemi difficilissimi da risolvere...e nessuno strumento per risolverli: gli offriamo modelli virtuali e reali di violenza e distruzione, sui quali i ragazzi apprendono. Queste sono le generazioni che tra pochi decenni dovranno gestire la crisi ambientale, sociale, economica.
Ci stiamo davvero giocando il futuro, e non solo virtualmente.
https://www.iodonna.it/attualita/famiglia-e-lavoro/2018/06/06/videogiochi-violenti-alberto-pellai-firmate-un-contratto-con-vostri-figli/
https://www.quotidiano.net/tech/fortnite-mafia-1.4395816
https://www.repubblica.it/salute/medicina-e-ricerca/2018/06/18/news/dipendenza_da_videogame_per_l_oms_e_un_disturbo_mentale-199299314/
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