Smog, aria, citizen science
Lo smog in città, intervista a Luca Boniardi
Dati preoccupanti dalla mappa delle concentrazioni di biossido di azoto a Roma e Milano realizzata con i dati raccolti durante la terza edizione (2020) della campagna di scienza partecipata “No2 Nograzie”, promossa dall'associazione Cittadini per l'Aria.
22 giugno 2021
Linda Maggiori
Intervista a Luca Boniardi, attivista di Massa Marmocchi Milano e ricercatore al Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità dell’Università degli Studi di Milano, fa parte del comitato scientifico del progetto No2 NoGrazie.
Che cosa evidenziano queste mappe?
«Queste mappe ci permettono di rendere visibile l’invisibile, cioè l'inquinamento atmosferico noto come “invisible killer”. E quello che vediamo è una situazione che per tutte le città, ma soprattutto per Milano, desta preoccupazione in quanto in molte zone spesso si supera il valore limite di legge dell’Unione Europea (e dell’Italia), cioè 40 μg/m3 medi annui, e di conseguenza la soglia identificata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità al di sopra della quale si cominciano a notare gli effetti del contaminante sulla mortalità della popolazione generale, cioè 20 μg/m3 medi annui».
Da cosa deriva il biossido di azoto e perché analizzate proprio quello?
«Il biossido d’azoto è in gran parte un inquinante secondario, non deriva cioè direttamente da una sorgente ma si forma in atmosfera. In ambiente urbano deriva in grandissima parte dalle emissioni da traffico motorizzato, specialmente quello dei veicoli diesel. In questo senso, il biossido d’azoto è un ottimo indicatore di inquinamento da traffico (TRAP), una miscela di diversi tipi di inquinante molto studiato in letteratura per i suoi effetti sulla salute. Per intenderci, i gas di scarico dei motori diesel sono classificati dall’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) come cancerogeni certi per l’uomo (gruppo 1). Essendo un agente estremamente irritante, quando inalato in concentrazioni elevate porta conseguenze negative per l’apparato respiratorio, soprattutto se pensiamo ai più suscettibili. Ad esempio, è nota la relazione tra esposizione a No2 e complicanza di patologie pregresse come asma e bronchiti croniche, o ancora è noto l’effetto maggiore sull’apparato respiratorio in via di sviluppo dei bambini. Recentemente, l’esposizione a concentrazioni di biossido d’azoto anche al di sotto dei limiti di legge (40 μg/m3) è stata messa in relazione con una probabilità maggiore di insorgenza di asma nei bambini (1) e con la mortalità nella popolazione generale (2,3). Queste nuove evidenze, frutto di revisioni aggiornate della letteratura scientifica sono alla base del processo di aggiornamento delle linee guida sulla qualità dell’aria dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che con tutta probabilità indicherà entro il 2021 nuovi e più restrittivi valori soglia per la tutela della salute».
Questo inquinamento si disperde o si concentra in certe zone?
«Contrariamente a quello che generalmente si pensa, gli inquinanti aerodispersi, e soprattutto il biossido d’azoto, si diffondono in modo marcatamente eterogeneo negli spazi delle nostre città influenzati da numerosi fattori, tra cui l’intensità delle sorgenti, le condizioni meteorologiche (ad es. la direzione del vento) e la “forma della città”, ad esempio la presenza dei così detti “canyon urbani” quelle vie strette e con ai lati edifici. In particolare, se parliamo di NO2 (ma non solo), le concentrazioni maggiori le troviamo in corrispondenza delle maggiori arterie stradali e di quelle aree a più alta densità di strade e traffico. Le nostre mappe danno una rappresentazione chiara di questo fenomeno. Questi risultati suggeriscono come allontanare il traffico dalle aree di vita (parchi, scuole etc.) siano azioni potenzialmente molto efficaci per ridurre l’esposizione ad inquinamento atmosferico e dunque il rischio per la salute della popolazione residente».
A cosa serve la scienza partecipata?
«La citizen science e, più in generale, l’approccio partecipativo alla ricerca scientifica, sono strumenti che si sono dimostrati molto efficaci. Tutte queste esperienze danno evidenti frutti sia dal punto di vista di risultati scientifici, spesso di elevata qualità, che dell’aumento della consapevolezza dei cittadini. Quello che si sta facendo è preparare il terreno per un cambio di rotta che porti verso città più sane e più a misura di tutte e tutti. Date la mole di conoscenze a disposizione e la crescente sensibilità dei cittadini, a mio avviso la politica si trova davanti a tre possibili strade: può ovviamente opporsi al cambiamento, può limitarsi ad accompagnarlo, oppure può agire da amplificatrice intervenendo concretamente sui territori anche con azioni coraggiose e in controtendenza».
Da ricercatore a cittadino impegnato, puoi parlarci del tuo impegno per “Massa Marmocchi”?
«Certamente! Prima di tutto penso sia importantissimo dire che la decisione di intraprendere il percorso che mi ha portato a diventare ricercatore in Università degli Studi di Milano nasce dal mio impegno in “Massa marmocchi-in bici a scuola ”, un'associazione attiva dal 2013. A Milano quasi ogni mattina, nel bel mezzo della punta di traffico veicolare cittadina, puoi imbatterti in piccoli (anche non così piccoli…) gruppi di marmocchi, genitori e volontari che immaginano e praticano una città diversa: mostriamo che in bici a scuola a Milano si può già andare. Per adesso lo si può fare in gruppo, con una massa critica che permetta di mettere in sicurezza i marmocchi, ma in futuro lo si farà di prassi, diventerà un’esperienza di autonomia e crescita per tutti i bambini di Milano e Massa Marmocchi non sarà più necessaria. Questa esperienza partecipata ci permette di entrare nelle scuole aumentando l’interesse e accendendo i riflettori sui nostri temi e la nostra visione di città. La società si sta già muovendo, il futuro sta già arrivando, il vero tema è quanto veloce sarà questa transizione»
«Queste mappe ci permettono di rendere visibile l’invisibile, cioè l'inquinamento atmosferico noto come “invisible killer”. E quello che vediamo è una situazione che per tutte le città, ma soprattutto per Milano, desta preoccupazione in quanto in molte zone spesso si supera il valore limite di legge dell’Unione Europea (e dell’Italia), cioè 40 μg/m3 medi annui, e di conseguenza la soglia identificata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità al di sopra della quale si cominciano a notare gli effetti del contaminante sulla mortalità della popolazione generale, cioè 20 μg/m3 medi annui».
Da cosa deriva il biossido di azoto e perché analizzate proprio quello?
«Il biossido d’azoto è in gran parte un inquinante secondario, non deriva cioè direttamente da una sorgente ma si forma in atmosfera. In ambiente urbano deriva in grandissima parte dalle emissioni da traffico motorizzato, specialmente quello dei veicoli diesel. In questo senso, il biossido d’azoto è un ottimo indicatore di inquinamento da traffico (TRAP), una miscela di diversi tipi di inquinante molto studiato in letteratura per i suoi effetti sulla salute. Per intenderci, i gas di scarico dei motori diesel sono classificati dall’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) come cancerogeni certi per l’uomo (gruppo 1). Essendo un agente estremamente irritante, quando inalato in concentrazioni elevate porta conseguenze negative per l’apparato respiratorio, soprattutto se pensiamo ai più suscettibili. Ad esempio, è nota la relazione tra esposizione a No2 e complicanza di patologie pregresse come asma e bronchiti croniche, o ancora è noto l’effetto maggiore sull’apparato respiratorio in via di sviluppo dei bambini. Recentemente, l’esposizione a concentrazioni di biossido d’azoto anche al di sotto dei limiti di legge (40 μg/m3) è stata messa in relazione con una probabilità maggiore di insorgenza di asma nei bambini (1) e con la mortalità nella popolazione generale (2,3). Queste nuove evidenze, frutto di revisioni aggiornate della letteratura scientifica sono alla base del processo di aggiornamento delle linee guida sulla qualità dell’aria dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che con tutta probabilità indicherà entro il 2021 nuovi e più restrittivi valori soglia per la tutela della salute».
Questo inquinamento si disperde o si concentra in certe zone?
«Contrariamente a quello che generalmente si pensa, gli inquinanti aerodispersi, e soprattutto il biossido d’azoto, si diffondono in modo marcatamente eterogeneo negli spazi delle nostre città influenzati da numerosi fattori, tra cui l’intensità delle sorgenti, le condizioni meteorologiche (ad es. la direzione del vento) e la “forma della città”, ad esempio la presenza dei così detti “canyon urbani” quelle vie strette e con ai lati edifici. In particolare, se parliamo di NO2 (ma non solo), le concentrazioni maggiori le troviamo in corrispondenza delle maggiori arterie stradali e di quelle aree a più alta densità di strade e traffico. Le nostre mappe danno una rappresentazione chiara di questo fenomeno. Questi risultati suggeriscono come allontanare il traffico dalle aree di vita (parchi, scuole etc.) siano azioni potenzialmente molto efficaci per ridurre l’esposizione ad inquinamento atmosferico e dunque il rischio per la salute della popolazione residente».
A cosa serve la scienza partecipata?
«La citizen science e, più in generale, l’approccio partecipativo alla ricerca scientifica, sono strumenti che si sono dimostrati molto efficaci. Tutte queste esperienze danno evidenti frutti sia dal punto di vista di risultati scientifici, spesso di elevata qualità, che dell’aumento della consapevolezza dei cittadini. Quello che si sta facendo è preparare il terreno per un cambio di rotta che porti verso città più sane e più a misura di tutte e tutti. Date la mole di conoscenze a disposizione e la crescente sensibilità dei cittadini, a mio avviso la politica si trova davanti a tre possibili strade: può ovviamente opporsi al cambiamento, può limitarsi ad accompagnarlo, oppure può agire da amplificatrice intervenendo concretamente sui territori anche con azioni coraggiose e in controtendenza».
Da ricercatore a cittadino impegnato, puoi parlarci del tuo impegno per “Massa Marmocchi”?
«Certamente! Prima di tutto penso sia importantissimo dire che la decisione di intraprendere il percorso che mi ha portato a diventare ricercatore in Università degli Studi di Milano nasce dal mio impegno in “Massa marmocchi-in bici a scuola ”, un'associazione attiva dal 2013. A Milano quasi ogni mattina, nel bel mezzo della punta di traffico veicolare cittadina, puoi imbatterti in piccoli (anche non così piccoli…) gruppi di marmocchi, genitori e volontari che immaginano e praticano una città diversa: mostriamo che in bici a scuola a Milano si può già andare. Per adesso lo si può fare in gruppo, con una massa critica che permetta di mettere in sicurezza i marmocchi, ma in futuro lo si farà di prassi, diventerà un’esperienza di autonomia e crescita per tutti i bambini di Milano e Massa Marmocchi non sarà più necessaria. Questa esperienza partecipata ci permette di entrare nelle scuole aumentando l’interesse e accendendo i riflettori sui nostri temi e la nostra visione di città. La società si sta già muovendo, il futuro sta già arrivando, il vero tema è quanto veloce sarà questa transizione»
Note: https://www.cittadiniperlaria.org/no2-milano-le-mappe-di-analisi-2020/
https://www.massamarmocchi.it/
https://www.massamarmocchi.it/
Parole chiave:
citizen science, inquinamento
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