Mango "equo" contro il turismo sessuale
Una lattina di succo di mango marchio Equosolidale in mano, una voce cantilenante e due occhi azzurri su un corpo da gru. Padre Shay Cullen, sembra un qualsiasi occidentale in jeans e camicia a quadri, invece è un precursore, un apostolo, un rivoluzionario. Quando sbarca a Olongapo nel 1969 è un fresco missionario irlandese dell'ordine di San Colombano, sa poco delle Filippine, «un paese dalle radici asiatiche, dal cuore spagnolo e dalla mente nordamericana», con un'emigrazione tra le maggiori al mondo (5 milioni di persone per 8 miliardi di dollari all'anno di rimesse) e una struttura comunitaria e patriarcale nell'intimo, ma elitaria e machista nei comportamenti. Nel suo cammino inizierà a occuparsi di disagio giovanile, poi di tossicodipendenza e prostituzione, sarà tra i maggiori interpreti della battaglia contro le basi militari americane, poi della denuncia dei pedofili e del turismo sessuale, costruendo cooperative di lavoro e di produzione che diventeranno attrici del commercio equo e solidale. Nel nome della dignità e della giustizia sociale.
Il potere delle basi militari
Olangapo, 130 km a Nord di Manila, alle spalle il vulcano Pinatubo e davanti la baia di Subic, si trova in una penisola boscosa dominata da una base militare e da un porto gestiti dalla Us Navy. Dai primi anni '60 la cittadina si è lentamente trasformata in un bordello con 60mila donne e bambini al servizio dei bisogni sessuali dei soldati americani. «Per ciascuno dei 20mila filippini che lavoravano per gli americani c'erano tre donne e bambini che venivano sfruttati e il governo locale era così corrotto che forniva licenze a centinaia di bar e club per lo sfruttamento della prostituzione, bastava pagare», ricorda Cullen.
Il missionario nemmeno trentenne comincia dalla strada, dalla violenza giovanile, facendo inchiesta sociale: «Era chiaro che la maggioranza delle persone non aveva vantaggi dalla base militare, ma ne dipendeva. Nel 1972 abbiamo iniziato a lavorare in maniera più organizzata occupandoci dei bambini abbandonati nelle strade che spesso finivano in prigione per vagabondaggio». E' l'epoca della legge marziale del dittatore Marcos, degli arresti indiscriminati, con la guerriglia sulle montagne e gli squadroni della morte in città. L'assistenza agli arrestati, la mediazione con la polizia apre un altro fronte per Cullen e gli altri missionari. Da allora diventano osservati speciali, accusati di essere simpatizzanti della ribellione: «Ma non ce ne importava».
Terapia e impegno sociale
L'attività comincia a diversificarsi; tra strada, scuole e carceri c'è bisogno di un rifugio per i giovani, così costruiscono una casa sulla collina di Kalaklan - il luogo da cui gli indipendentisti filippini presero a cannonate i nuovi colonizzatori americani nel 1899. L'embrione di quello che oggi è Preda, (acronimo di Assistenza al recupero, al rafforzamento e allo sviluppo della popolazione) ovvero giustizia contro corruzione e sfruttamento. «C'erano cinque filippini che lavoravano con me, giovani che avevano subito abusi e che avevamo seguito». Da allora, Preda accoglie e cura le vittime delle violenze in un percorso libero, tollerante, rispettoso delle differenze. Una comunità terapeutica. «In un anno siamo diventati anche una comunità sociale e di lavoro, non avevamo soldi né appoggi, per mantenerci lavoravamo il bambù per l'artigianato locale».
Nel 1982 si spalancano le porte dell'inferno della prostituzione minorile. Da un caso, una bambina venduta e abusata da militari americani, Cullen costruisce un movimento di denuncia internazionale, documentato da decine di articoli e ricostruzioni minuziose. Cominciano a girare tutti gli ospedali e a scoprire la quantità di malattie veneree contratte da bambini e ragazzine. Provano a fermarli con minacce d'espulsione e qualche attentato. Ma dalle colonne di giornali australiani e poi dal Philippine Daily Inquirer, di cui Cullen ancora oggi è un collaboratore, le testimonianze proseguono. Fino ai processi a Manila e alle prime condanne.
Il vento della democrazia
L'impegno contro le basi si salda con quello per la fine della dittatura. Di fronte alle continue denunce di abusi, Marcos prova a cavalcare i problemi sociali: «Per monetizzare il problema, ma così facendo li denunciava involontariamente», spiega Cullen. Il rinnovo dell'accordo sulle basi tra Filippine e Usa è in arrivo, il dittatore vuole più soldi e Reagan «ammirava la democrazia filippina» pur di mantenere i suoi in zona strategica. D'altronde da qui era stata gestita gran parte della logistica militare per le guerre di Corea prima e del Vietnam poi.
Parallelamente cresce un movimento non violento di milioni di studenti e lavoratori che chiedono democrazia; sono le forze propulsive della rivoluzione "dei fiori e dei rosari" che nel febbraio 1986 strappa il paese allo strapotere di Ferdinand e Imelda Marcos e dei loro accoliti. E la Chiesa? «All'epoca sosteneva una "collaborazione critica" col governo», ovvero non si immischiava, «inoltre la mia congregazione era conservatrice e supportava la presenza americana». Sono però gli anni di una forte corrente di teologia della liberazione che vedrà in prima linea tanti cattolici.
Nuova vita, vecchi problemi
Mentre a Manila in tanti chiedono la fine della sovranità Usa nel paese, Cullen con diverse realtà locali propone un piano di riconversione della base in attività civili, aeroporto commerciale, industria… Alla fine il senato non rinnova il trattato e i militari americani se ne vanno. Il 22 novembre del 1992 partono le navi e Cullen è sul molo a dire "bye bye".
In cinque anni il piano di riconversione comincia a funzionare (oggi la base dà lavoro a circa 100mila persone). Ma l'industria del sesso sopravvive, ai vecchi padroni dei bordelli si aggiungono soldati in pensione che tornano. «Un circuito di turismo sessuale, che si è allargato all'Europa, al Giappone, all'Australia; tutto ricominciava da capo». E quindi anche Cullen si rimette al lavoro, adattandosi ai tempi: internet, denunce e reti internazionali. Partecipa anche alla stesura della Convenzione per i diritti dei minori, sottoscritta da tutti i paesi del mondo tranne due: Somalia e Usa.
Un commercio pulito
«Dopo la cacciata di Marcos, ci siamo posti il problema di come ovviare alla povertà nelle periferie e abbiamo scoperto che tutto era controllato dalle multinazionali e l'impoverimento dei villaggi alimentava la miseria nelle città». Ad esempio, nel mercato della frutta tropicale cinque famiglie controllavano prezzi e quantità. «Ci siamo chiesti se potevamo aiutare i contadini comprando le eccedenze che per le multinazionali non avevano valore». Tutti hanno un albero di mango nel cortile e nessuno pensava di farlo diventare un reddito. «Abbiamo iniziato con l'essicazione, la composta, con una cooperativa e creando un piccolo circuito di produzione ancora artigianale». La voce si sparge e in qualche anno Preda organizza una rete di fornitori di mango. «Siamo riusciti a convincere altri a formare cooperative, moltiplicando le strutture locali. Noi ci occupiamo della trasformazione e della commercializzazione» (400 persone al lavoro più altre 200 durante l'estate, gli uomini pelano i mango, le donne tagliano, seccano e impacchettano).
In cinque anni, il mercato delle grandi famiglie è rotto, i prezzi sono raddoppiati e Preda assorbe quasi tutto (100mila tonnellate anno). Da qualche tempo lavorano anche altri frutti: guava, ananas, papaia. «Abbiamo dimostrato che la giustizia poteva portare un cambiamento nella struttura sociale ed economica». «Il commercio equo è un'esperienza educativa per aiutare a capire come la globalizzazione danneggia la gente nella vita quotidiana e perché abbiamo bisogno di un movimento forte per resistere alla privatizzazione di tutto, al fatto che le multinazionali comandano i governi». E ora? «Dobbiamo cambiare il sistema giudiziario nelle Filippine, ingiusto e terribile, cambiare la polizia e fermare la violazione dei diritti umani».
Intanto Preda allarga il suo intervento alle comunità indigene e poi ci sono i soliti impegni, la comunità, l'educazione, l'assistenza ai bambini filippino-americani, la lotta contro il turismo sessuale, la prostituzione minorile… Quando nel 1991 l'eruzione vulcanica distrusse Preda e ricoperse Olangapo di cenere, Cullen disse: «Va bene, cominceremo con l'assistenza domiciliare». Diavolo di un prete irlandese.
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