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"Io sono di la'" di Muin Masri Editore: Michele Di Salvo - Divisione TracceDiverse - euro 10,00

Sono tre, a mio avviso, le parole attorno alle quali si costruisce l'intenso romanzo di Masri, e, sempre a partire da queste, si dischiudono al lettore le diverse vie di interpretazione.
4 ottobre 2005
Silvia De Marchi

La prima e' solitudine: il protagonista che incontriamo e' solo, e lo e' in modo radicale perche' e' orfano di padre e di madre. E' talmente solo che non ha neppure un nome a fargli compagnia, a donargli un volto. Il suo nome e cognome li ha persi in guerra, nella guerra quotidiana e personale che combatte per sopravvivere, e nella guerra collettiva del popolo palestinese cui appartiene. La condizione di orfanita' del "ragazzo senza nome" si innalza allora a condizione esistenziale del suo popolo orfano di patria e di speranze, nazione alla quale insieme alla terra e' stata strappata l'identita'. L'essere solo diviene, ad un certo punto, un essere altro, estraneo, e cio' si desume anche dal titolo che denuncia sin da subito il suo appartenere ad un 'altrove', ad un mondo altro, con le sue regole ferree anche se appena intuibili e non codificabili.

La seconda parola chiave e' guerra, sentita dai personaggi che popolano questo romanzo come impellente necessita', unica risposta dei disperati, dei dannati della terra palestinese, si potrebbe dire parafrasando Fanon. Andare a combattere per la Palestina diviene, nel romanzo, estremo gesto d'amore per la patria, impresa che promette onore a chi la intraprende, unica strada possibile e qui diviene tragicamente reale la riflessione di Masri- per riscattare una vita che sembra aver perso senso nel momento in cui ha perso terra e storia. Ma l'odio e la diffidenza che reca con se' la guerra conducono l'uomo all'aberrazione, che e' lo scagliarsi deliberatamente contro cio' che in se' e' bello e buono. Contro questa ottusa violenza l'autore compone il delicato racconto-idillio della danzatrice caduta in guerra che offriva ai passanti la grazia dei suoi movimenti e si sentiva a casa in Palestina.

La terza parola e' giustizia; tutto il testo e' animato da una profonda tensione verso cio' che e' giusto e si oppone con fermezza a cio' che non lo e'. Il protagonista, sopratutto nei momenti piu' bui cerca una giustizia che poi spesso e' la Giustizia che si svela nei versetti del Corano. E' proprio quest'ultima parola che costituisce la lente attraverso cui vedere e leggere gli eventi.
La disperazione iniziale si traduce allora in sorprendente speranza quando l'autore ci rivela che, alla fine dei sentieri tortuosi e interrotti percorsi dall'uomo, ci aspetta la certezza del ritorno a casa e la gioia della festa.

Silvia De Marchi


Muin Masri e' nato a Nablus (Palestina) nel 1962, residente in Italia dal 1985, si occuppa di Informatica e, tempo permettendo, racconta "storie del proprio paese". Ha gia' pubblicato Racconti? (1994) edito da Scriptorium, Il sole d'inverno (1999) e Pronto, ci sei ancora? (2001) editi da Portofranco. Ha realizzato un programma radiofonico per Rai3 "Viaggio di sola andata" nell'ambito di Cento Lire.

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