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Il folklore come strumento di diffusione di pace

La vittoria del folklore

La vicenda di un gruppo folkloristico israeliano che ha dovuto annullare le date italiane a seguito dello scoppio della guerra contro il Libano.
17 agosto 2006
Alessia Mendozzi

Faccio folklore da 10 anni. Per la precisione dal settembre del 1996 quando ho deciso di entrare a far parte di un gruppo folkloristico della mia cittadina. In tanti anni ne ho viste e sentite di tutti i colori, nel bene e nel male. Da chi mi prendeva in giro per il “vestito di scena”, a chi snobbava quest’attività, passando per tutte quelle persone che ho avuto la fortuna di conoscere in giro per l’Italia e per il mondo. Gente che porto dentro. Con calore e affetto.
E’ sempre stata, per me, una grande gioia fare folklore e questo perché mi ha dato l’opportunità di acquisire un bagaglio di esperienze differenti, aprendomi la mente e stimolando la curiosità verso culture diverse dalla mia.
E’ difficile spiegare cosa sia il folklore e, soprattutto, cosa sia lo spirito folk. Chi fa folklore è legato alla propria terra d’origine e, allo stesso tempo, considera un grande onore l’ospitalità e ritiene un patrimonio immenso lo scambio culturale con altri Paesi. Sono esperienze che, da una parte, saldano i valori umani e, dall’altra, permettono il confronto con le diversità. In un clima di festa e fratellanza.

In tutti questi anni ho avuto la fortuna di vedere le esibizioni di gruppi provenienti da ogni parte del mondo. Mi è capitato di esibirmi in festival internazionali, organizzati sia in Italia che all’estero, e sono rimasta colpita dal bel clima di fratellanza che c’è. Culture e nazioni diverse unite dalla voglia di conoscersi e stare insieme, scambiare esperienze e reciproca ospitalità. Ho visto salire sullo stesso palco gruppi provenienti da nazioni un tempo nemiche, magari con un recente passato di guerra. Ho visto i componenti di questi gruppi sorridersi tra loro e ho sempre considerato questa come la vittoria del folklore sull’ignoranza dell’odio alimentato dalla guerra.

Quest’anno la mia associazione si è ritrovata ad organizzare, come ogni anno, il “Meeting dell’amicizia”, ovvero la serata folkloristica. Tra i gruppi che dovevano essere presenti, era prevista la partecipazione anche di uno proveniente da Israele. A qualche settimana dal Meeting, però, veniamo a sapere che il gruppo israeliano non sarà presente a causa dello scoppio della guerra contro il Libano. Motivi di sicurezza ed impedimenti vari come motivazioni. La notizia mi rattrista parecchio. Questa volta nemmeno il folklore ha potuto fare niente per abbattere le barriere che alza la guerra. Durante la serata dello spettacolo, il mio pensiero è andato a questo gruppo. A chi questa guerra non la voleva. A chi gira il mondo per mostrare le bellezze della sua nazione, tramite la musica, i canti e i balli tipici della propria terra... e non tramite azioni di forza alquanto discutibili. A chi lancia un messaggio di pace e fratellanza tramite il folklore. A coloro che mostrano concretamente che le convivenze tra popoli diversi sono possibili. A loro il mio pensiero, affinché continuino ad essere messaggeri di pace. Questa è sicuramente la vittoria più grande.

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