Ballare con la morte per amare la danza della vita
Tiziano Terzani, grande scrittore morto qualche mese fa, all'annuncio che gli avevano trovato un cancro che l'avrebbe potuto portare alla morte disse che "era arrivato l'ultimo giro di giostra". Quando era nato era salito sul cavallo bianco della giostra senza pagare. Ora era passato il controllore e gli aveva chiesto il conto. Dopo aver pagato avrebbe potuto anche ... fare l'ultimo giro di giostra. Terzani aveva accettato serenamente il mistero della "sorella morte"(come la chiamava Francesco d'Assisi) e aveva deciso di godersi gli ultimi scampoli di esistenza. La sua, se andiamo a vedere, è la stessa serenità con cui s. Paolo scriveva alle comunità cristiane "sono giunto alla fine della corsa". La morte, questo insondabile mistero con cui tutti dobbiamo fare i conti sin dalla nascita, angoscia e interroga l'uomo di oggi. Forse più delle generazioni precedenti. Viviamo continuamente avvolti da una cultura di morte che ci avvelena la vita.
Baden Powell, il fondatore del movimento scout, diceva che nella vita bisognava seguire due regole. Una di queste era di "considerare la vita come un gioco e il mondo come un campo di gioco". Ma tra il gioco e la vita abbiamo creato un abisso. Nel gioco, dopo esserci divertiti, attendiamo serenamente il "fischio finale". Invece nella vita no, quel "fischio" lo temiamo e ci angoscia. Perché abbiamo paura di esso.
Sarò sincero, la morte mi ha sempre turbato. Ho sempre avuto paura del "dopo" e di cosa sarà. Mi ha sempre sconvolto il pensiero della "vita eterna", di un qualcosa che non "avrà mai fine". Non voglio quindi apparire come uno che non teme la morte, non è così. Ma le parole di Powell e Terzani mi fanno riflettere e mi interrogano a loro volta. S. Paolo era ancora giovane mentre lo portavano a Roma per il martirio. Terzani stesso non è morto in un'età veneranda. Ma hanno saputo dare pienezza al loro "gioco della vita". Hanno atteso serenamente la morte perché sapevano di non avere rimpianti. Hanno giocato sino in fondo. Si sono goduti la vita considerando ogni giorno come "l'ultimo giro di giostra". Non hanno considerato la morte come un nemico. Hanno preferito "la qualità di una vita piena alla quantità di una vita senza senso". Oggi non riusciamo a dare senso compiuto alla nostra esistenza. Schiacciati come siamo dal correre forsennato della competitività continua non riusciamo a "danzare la vita". Figuriamoci quindi con che angoscia pensiamo alla morte! L'avvelenamento continuo che ci regaliamo ci impedisce di godere la vita come un dono. Abituati come siamo ad arraffare tutto, pensiamo che la vita sia nostra. La morte diventa così il momento in cui "questo qualcosa che consideriamo nostro" ci viene rubato. Se ci pensiamo, quando riceviamo un dono, riusciamo ad assaporarlo meglio. Perché è inatteso, la sua presenza è sempre positiva. Se considerassimo i giorni della vita come doni continui, come sarebbero più belli! Ogni cosa sarebbe comunque un altro dono per cui ringraziare. La morte perderebbe quindi la sua angoscia, a almeno buona parte.
Ironizzare, ballare sulla morte può quindi essere importante. Per aiutarci a vederla diversamente, quasi per smontarla. E' l' unica strada che ci rimane per "amare la danza della vita". Ballare con la morte.
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