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Negozietti di dischi, un giorno da leoni

Dagli States arriva il Record Store Day, per la salvaguardia delle piccole rivendite musicali, i negozi specializzati e di quartiere. Anche in Italia il Mei chiama a raccolta gli appassionati e i cultori dei dischi
18 aprile 2008
Flaviano De Luca
Fonte: Il Manifesto

Se prendete un elenco telefonico di fine anni '80, troverete una lunga lista di negozi di dischi, quelle rivendite di quartiere dove si passava ad ascoltare le novità della settimana e a scambiare quattro chiacchiere coi commessi e gli altri appassionati, dove si finiva per comprare spesso qualcosa che non sapevamo nemmeno esistesse. A Roma, intorno all'università, ne erano fiorite parecchie dove si andava a dare un'occhiata, scambiare i dischi che non piacevano più e sentire i pezzi nuovi. Un costume culturale immortalato da Nick Hornby in Alta Fedeltà, con le sue classifiche di dischi preferiti, ma ormai in via di estinzione. Nella capitale, negli ultimi anni, hanno chiuso le storiche botteghe Disfunzioni Musicali e Revolver ma anche gli altri negozi hanno ridotto drasticamente spazio e vendite sotto l'attacco del download, legale e illegale, e delle copie pirata in vendita un po' dovunque.
Oggi, negli Stati Uniti, si celebra il Record Store Day, la giornata dei piccoli negozi di dischi, per salvare il patrimonio di conoscenze e di specializzazione che offrono questi magazzini, piccole isole di resistenza sonora, messi a dura prova dalle grandi catene di distribuzione e dagli ipermercati. «Compro sempre dischi. Sono della vecchia scuola e penso che la musica vada pagata. I miei figli pagano per scaricare, poi se vogliono comprano l'album», così ha detto Bruce Springsteen, uno dei tanti musicisti che ha firmato l'appello a favore dei piccoli negozi indipendenti e altri faranno concerti o addirittura si esibiranno, come i Metallica in un record store di San Francisco. La petizione lanciata per sostenere questi piccoli Davide (contro i Golia dell'informatica e delle telecomunicazioni)ha ottenuto l'appoggio di tanti grandi nomi dello star system, da Paul McCartney a Peter Gabriel, da Chuck Berry a Damien Rice e tanti altri come Tom Waits che suggerisce «Teneteli aperti. Sono le orecchie delle città». Negli States l'iniziativa vedrà uniti molti negozi con logo, borse e gadget.
«Capisco che la morte si vende sempre bene ma mi pare un'iniziativa tardiva e inutile - ci dice al telefono Domenico Gloriani, uno dei proprietari di Disfunzioni Musicali, il «negozietto» nato a San Lorenzo (inizialmente a Via dei Falisci) nell'81 poi cresciuto a dismisura negli anni novanta e chiuso nella primavera 2007 - Noi attraverso i dischi abbiamo avuto un'autentica educazione sentimentale. Ci siamo avvicinati a tematiche, paesi, movimenti artistici passando dal fascino delle copertine alle magnifiche storielle raccontate nelle note, per non parlare dell'odore dei vinili e dei cartonati. Già il compact disk ci ha dato un colpo letale, abbassando clamorosamente la qualità e la bellezza dell'oggetto. Oggi la musica è completamente smaterializzata, mia nipote di quindici anni ha voluto a tutti i costi l'iPod non un lettore Mp3 qualsiasi, l'oggetto bello e accattivante è quello, non più il disco. Così i negozi non riescono ad anadre avanti, nemmeno quelli sul jazz o di nicchia, gli è venuto a mancare quel circuito di persone che si scambiavano informazioni, pareri, dritte su artisti e album. Io sono stato a Chicago a luglio, in un grande negozio specializzato sul blues, in un paio d'ore saranno entrate quattro-cinque persone, ormai solo gli anta, quelli avanti con l'età, hanno il feticismo del disco, della copia originale con l'artwork e tutto; agli altri basta semplicemente la musica liquida, un concetto che i Radiohead hanno capito alla perfezione, mandando nei negozi un cofanetto superdeluxe, tutto belle foto, grafica accattivante da vendere a quelli che possono spendere o lo vogliono avere a tutti i costi e offrendo pure il corpo - semplice e nudo - dei loro brani digitali via internet».
«Lunga vita ai negozi di dischi» osserva il regista Cameron Crowe «e a quei ragazzi e a quelle ragazze che girando la chiave aprono ogni giorno la porta verso un mondo di sogni». Luogo di aggregazione culturale e di socializzazione, il negozietto all'angolo vive giorni drammatici. «Oggi tutti a comprare un disco in cd o vinile per sostenere i negozi di dischi in Italia». È l'appello di Giordano Sangiorgi, patron del Mei - Meeting delle Etichette Indipendenti di Faenza, il più importante raduno di produttori discografici «indie» nazionali, che si terrà quest'anno dal 28 al 30 novembre. Nei giorni scorsi il Mei e AudioCoop, l'associazione di discografici che raduna oltre 120 realtà indipendenti italiane, hanno lanciato un appello sull'onda del Record Store Day, che si terrà negli Stati Uniti proprio domani. L'iniziativa vuole creare un movimento in favore dei negozi di dischi e vinile, come veri e propri centri di cultura multiartistica e multimediale e punti di confronto e di ascolto capaci di affiancarsi ai grandi centri esclusivamente commerciali. Ma il presidente della Fismed Confesercenti, Norina Vieri, punta il dito sui nemici assassini. «Con l'avvento delle nuove tecnologie, ci troviamo di fronte a chiusure sistematiche di negozi di dischi specializzati. Se, al contrario, vogliamo che questa tendenza si fermi sono necessarie diverse azioni su più piani: un movimento di opinione che capisca l'importanza culturale della nostra presenza nel territorio; una forte volontà politica trasversale tesa ad abbassare l'Iva dal 20% al 4%; una regolamentazione della concorrenza sleale e delle vendite sottocosto da parte della grande distribuzione e delle edicole»
«Cosa ascolti quando entri nel tuo negozio favorito per il download?», si chiede Hornby. «Niente. E chi incontri? Nessuno. Chi ti consiglierà di smetterla di ascoltare questo e di cominciare ad ascoltare quest'altro? I negozi dischi non possono salvarti la vita, ma possono dartene una migliore». Amen.

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