Non chiamatemi persona
Ero lì
Perché mi avevano promesso un lavoro.
Mi serviva,
volevo aiutare la mia famiglia.
sono morta a tredici anni nella stanza di un bar
in mezzo ad uomini di sessanta;
mi toccavano con violenza,
mettevano le mani dappertutto.
Io non volevo…
Urlavo, piangevo
E son svenuta.
Ma per loro era un gioco,
la chiamavano beneficenza.
In fondo io avevo fame…
E con quattro spiccioli per il pane
Si son venduti la mia dignità.
E’ stato tre mesi fa,
ora tutto è tornato normale.
Non svengo nemmeno più.
Faccio soltanto la mia professione,
eseguo gli ordini del padrone;
ma non chiamatemi persona
ognuno sa che sono “cosa”.
E non servirebbe correre fin lassù:
il cielo, il suo intenso blu,
non potrebbero colorare
una vita come l’incubo
che ogni notte mi assale
e al mattino continua a farmi male.
Una sola domanda ho da farti, uomo;
lasciati guardare dritto negli occhi:
mi dici cosa sei diventato?
Non provi vergogna,
non usi rispetto
nemmeno per chi è come te nell’aspetto;
soltanto quel sentimento
chiamato pentimento
ti può salvare:
perché rimani uomo,
Non sei un animale.
Sono morta tre mesi fa.
Era un venerdì...
E non lo dimenticherò mai più.
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