Come si fa a non vedere l’orrore?
Liberi sudditi
Si sente nell’aria qualcosa di serio, che fa bene alle anime e le sveglia e pare che inviti a riconoscersi e a stare uniti, a prendere posizione.
“La città futura” fu un numero unico pubblicato nel febbraio del 1917, interamente curato da Antonio Gramsci con lo scopo di educare e formare i giovani socialisti alla “disciplina” politica, alla solidarietà e alla vita organizzata del partito. Educare e quindi destare negli uomini il sentimento di non essere solo individui di una piccola cerchia ristretta con interessi comuni, prevalentemente gastronomici, ma individui il cui essere è legato profondamente e necessariamente al bisogno di pensare insieme, gioire insieme e sognare insieme. Uscire, dunque, dal chiuso dei propri bisogni e interessi personali, andare oltre la necessità di consumar vivande e basta. E’ curioso come delle volte si ubbidisca senza opporsi e in silenzio ad una disciplina che non comprendiamo né condividiamo e che non è in alcun modo frutto della nostra collaborazione, del nostro lavoro; e non si riesca ad essere autonomi nella elaborazione di un “modo” per stare con gli altri…sembra, quasi, più naturale essere sudditi piuttosto che essere liberi di incidere sull’aprirsi degli avvenimenti della vita di ognuno di noi. Il sistema schiavitù ha plagiato ed invaso il costume di servilismo, adulazione, spocchia, arroganza; ha inculcato nelle menti l’idea che le leggi siano sottrazione di libertà, rendendo in questo modo, più vicino e reale ed anche più tollerabile, il rischio che qualcuno ne approfitti per salire al trono. Quando, invece, la libertà è tale perché necessita di leggi che individuino i contenuti e ne garantiscano l’esistenza. E non occorrono dieci sedute di psicanalisi junghiana, che pure non danneggerebbero, basta recuperare un sano, originario e autentico senso dell’etica del comportamento. Libertà va cercando, ch’è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta (Dante). Disturbare, scuotere, provocare conflitti è una tattica necessaria per mostrare la realtà ed abbattere le strettoie istituzionali e le vigliaccherie personali che coartano e spengono ogni iniziativa in contraddizione con il consentito dalla legge e dalla morale. Una nuova avanguardia, oggi più che mai, indispensabile, dovrebbe cominciare con lo sradicare la dittatura del politicamente corretto. Immaginarsi un’alternativa è il primo passo essenziale verso un’alternativa. La necessità incombente di una radicale avanguardia che contrasti quello che sembra ormai un assunto divino e che ci porta ad accettare il mondo così come “naturalmente” e indegnamente discinto ci appare sugli schermi o negli scaffali di preservativi a buon mercato. Un’azione che porti alle estreme conseguenze il rifiuto di questa realtà richiede coraggio nel non fermarsi d’un solo passo davanti a leggi e leggine e nel continuare a dare ascolto a ciò che sentiamo spingere dal profondo dell’anima: gli slanci ideali visionari, la furia generosa e creativa, la ferma decisione nel non cercare consensi ma inseguire sogni, in special modo quelli impossibili! Come si fa a non vedere l’orrore e sbadigliare pacatamente dal proprio orticello affermando che il raccolto è andato male e che, quindi, non ce n’è per tutti. Proviamo a sfidare l’irresponsabilità dei rampanti rinunciatari in attesa di un loculo accogliente e ben arredato, rischiando l’esclusione e i pomodori, accettando d’essere invisibili, negandosi ai canali ufficiali, per essere percepiti come qualcosa di qualitativamente diverso. Come qualcosa che R-Esiste già. Lavorare duramente e con dedizione, immergendosi nella realtà vivente e vera delle strade, delle piazze, dei sobborghi, lontano da lusinghe e disillusioni. Per combattere utilmente le dittature in campo culturale e politico, occorre opporgli esempi di dignità con resistenza tenace. Farne una questione di carattere, di intransigenza, di rigorismo. Sono le cose a chiederci coraggio. La crisi che stiamo vivendo potrebbe essere un’opportunità solo in presenza di un profondo e nuovo riesame culturale e politico. Non è mica voglia di fare poesia…è un modo per catturare l’esterno, di mantenere un contatto con la vita che circola attorno e dentro…è un modo per rompere il silenzio e ridare spazio all’immaginazione, alla fantasia, alla creatività. Basta abbandonarsi ad essa senza paura d’essere tratti in inganno. Si sente nell’aria qualcosa di serio, che fa bene alle anime e le sveglia e pare che inviti a riconoscersi e a stare uniti, a prendere posizione. Una volta per tutte.
CORSO DI ALTA POLITICA
(Discorso di Renaud, come fosse un corso di alta politica, alla vigilia del sacco di Venezia, in nome del re di Spagna. Simone Weil)
Renaud
Considerate questa città con tutti coloro che l’abitano, come un balocco che si può buttare dove si vuole, che si può fare a pezzi. Senza dubbio ve ne sarete accorto: è questo il sentimento dei mercenari e persino degli ufficiali che sono con noi.
Noi, beninteso, siamo al di sopra di tutto questo: noi facciamo la storia. E’ piacere delizioso vedere questo Veneziani, così orgogliosi, che credono di esistere. Credono di possedere una famiglia, una casa, dei beni, dei libri…e fin da ora, non esistono più, sono ombre.
Sì tutto questo mi procura piacere. Che importa la storia alla maggior parte di loro. Bisogna dare ai soldati questa città come giocattolo per una notte. Bisogna che essi abbiano la licenza di uccidere tutto ciò che resiste e persino ciò che loro piace. Solo questa licenza dà alle azioni quel carattere folgorante che garantisce la vittoria.
Questi veneziani che da domani si troveranno sudditi del re di Spagna. Bisogna abbattere il coraggio in un colpo solo. E una volta per tutte, nel loro stesso interesse, per farli poi obbedire senza effusione di sangue.
Se dunque non abbattete il loro coraggio, presto o tardi si ribelleranno e la repressione della rivolta esigerà maggiore spargimento di sangue e produrrà maggior danno alla vostra fama che non gli orrori del sacco.
Le crudeltà di questa notte non faranno torto alla vostra reputazione, tutti conoscono la licenza dei soldati durante un sacco. Porrete fine a questa licenza dopo il terrore, dopo, infatti, i cittadini vi obbediranno ciecamente.
Vi obbediranno a malincuore, ma proprio così un vero capo, ama essere obbedito. E quasi subito vi ameranno, perché solo da voi attenderanno i loro mali e le loro fortune, e si ama colui dal quale si dipende assolutamente.
Bisogna che questa notte e domani la gente di qui si senta che non è più che un giocattolo, si senta perduta. Bisogna che la terra le manchi sotto i piedi, subitamente e per sempre, che non possa ritrovare equilibrio se non nell’obbedirvi.
Allora, per quanto duramente voi li possiate governate, quegli stessi ai quali i soldati che comandate avranno ucciso un padre o un figlio, disonorato una figli o una sorella, guarderanno a voi come a un dio, si aggrapperanno a voi come un fanciullo al mantello della madre.
Bisogna che domani essi non sappiano più dove sono, non riconoscano più nulla intorno a sé. E’ per questo che sarà bene che i massacri vadano un poco oltre, che più d’uno. In modo che quelli che sopravvivono abbiano sofferto almeno per un caro che gli sia stato ucciso o disonorato. Dopo di che, se ne farà ciò che si vorrà.
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