Thich Nhat Hanh, la via della pace secondo l'apostolo del Vietnam
Plum Village (Bordeaux). Dal poggio di fronte si profila il castello di Eleonora d'Aquitania dove nacque Riccardo Cuor di Leone; poco lontano la rocca medievale di Duras, dove nacque Marguerite, narratrice di storie d'amore e morte ambientate nell'Indocina coloniale, ora Vietnam; e per un gioco del destino un piccolo popolo vietnamita risale quelle colline in silenzioso corteo.
Avvolti nel saio marrone, visi lieti e assorti, praticano tra i vigneti bordolesi la «meditazione camminata». Li guida Thai (che sta per maestro), il monaco più anziano: a lui fanno capo quattro cascinali divenuti monasteri buddisti di tradizione zen, dove soggiornano molti laici, anche cristiani, in cerca di quiete. Thich Nhat Hanh, 77 anni, è il capo spirituale in esilio della Chiesa buddista vietnamita (in patria sopravvive una sorta di buddismo di Stato).
Minuto, magro, dai lineamenti aspri ma pronti a schiudersi nel più disarmante dei sorrisi, occhi neri e saettanti sotto la testa rasata, Thai è tra i maggiori maestri spirituali del nostro tempo, ma è stato anche un formidabile guerriero della pace, avendo messo in pratica il precetto buddista della compassione in modo integrale, a 360 gradi, guardando alla sofferenza senza distinzioni ideologiche.
Nel Vietnam devastato dalla guerra, i «Piccoli corpi di pace» creati da Thich Nhat Hanh soccorrevano le vittime di entrambe le parti: era il 1964 quando alcuni dei suoi monaci caddero sotto il fuoco incrociato. Allora Thai pensò che la tragedia dovesse finire e volò a New York dove tenne conferenze, conobbe Thomas Merton e Martin Luther King che nel 1967 lo propose per il Nobel della Pace; alla Casa Bianca ebbe un lungo incontro con il sottosegretario alla difesa Robert Mc Namara che alla fine si disse «molto turbato» (si dimise poche settimane dopo).
Il monaco creò allora una Delegazione buddista per la Pace e la guidò ai negoziati di Parigi fino agli accordi del ’73; e dopo la caduta di Saigon (1975), si impegnò a favore delle vittime dei nuovi padroni comunisti.
Fu l'esilio (i suoi libri sono vietati in patria), ma proseguì nel suo impegno fondando monasteri in Francia (dove organizza persino seminari misti fra ebrei e palestinesi) e in America. Thai si muove lentamente, concentrato su ogni piccolo gesto, come se sotto la parola e i movimenti perdurasse lo stato contemplativo, ma è un concentrato di energia che trasmette a chi lo avvicina. Così apparve anche agli americani che gremivano a migliaia, dopo l’11 settembre, la Riverside Church di Manhattan, per ascoltare il suo invito a non cadere preda della rabbia.
La sua figura contrasta con l'idea occidentale del monaco zen perso nel «nirvana»: mentre ci guarda curioso seduto sui talloni nella sua cella, gli chiediamo come abbia potuto conciliare anni di titanico impegno per la pace con una vita contemplativa impeccabile.
«Se un praticante buddista - risponde per la prima volta a un giornale italiano - intende coltivare la propria capacità di compassione, farà sempre qualcosa che porti beneficio alla situazione in cui vive. Così, la pratica buddista ci ha aiutato ad assistere le vittime della guerra. Molti di noi sono rimasti a loro volta feriti, altri sono morti: ma siamo restati fedeli alla non violenza, senza cedere all’odio. Non avendo preso partito, eravamo perseguitati da entrambe le fazioni, ma abbiamo egualmente cercato di indurle a discutere in modo da por fine al conflitto. Chi lavora per la pace non può vedere nessuno come nemico né fare distinzioni tra l'America capitalista e il Vietnam comunista».
Ma nel 1966 lei è andato a chiedere agli americani di por fine alla guerra; e non si limitò a convincere un Luther King ancora titubante. Arrivò alla Casa Bianca. Che cosa chiese a Mc Namara?
«Agli americani dissi che parlavo a nome della maggioranza dei vietnamiti, non solo di una parte, e che la gente non voleva la guerra. Ai governanti chiesi di iniziare subito a negoziare sotto controllo internazionale: altre nazioni avrebbero dovuto prendere parte a una conferenza di pace, che stabilisse il graduale ritiro americano. Alla Casa Bianca chiesi di compiere il primo passo, fermando subito i bombardamenti».
Lei proseguì la mediazione nella Delegazione buddista ai negoziati di Parigi che guidò fino agli accordi del ’73: e ci ricorda di essersi adoperato per riconciliare Nord e Sud. Ma invano. Di fronte alla repressione dei nuovi padroni comunisti, lei dirigeva dall’Europa le azioni di soccorso ai più disperati, i «boat people». La compassione la spinse a occuparsi anche degli americani, che portavano nell’anima le ferite della guerra?
«In America parlai con molti reduci e dopo la guerra organizzai gruppi di meditazione con i veterani: anche gli americani erano vittime e molti divennero miei discepoli. E' molto facile cominciare le guerre, non è facile finirle. Desert Storm , per esempio, non è stata un vittoria: molti dei veterani erano persone distrutte. Tornavano carichi di guerra e facevano la guerra alle mogli e ai bambini. Com’era avvenuto dopo il Vietnam, i reduci portarono a casa semi di violenza e di aggressività. Alcuni li abbiamo assistiti, ma molte persone illuminate non vennero più ascoltate».
Forse quei semi di violenza germogliano ora; e spiegano i sondaggi d’opinione a favore della guerra. Ma ora, mentre appare imminente l’attacco all'Iraq, come parlerebbe al popolo americano che ha conosciuto a fondo in una delle pagine più tragiche della sua storia?
«Chiederei di non iniziare una guerra che farebbe male non solo agli iracheni, ma a tutti noi: chi fa la guerra a un altro colpisce anche se stesso. Ai governanti, poi, direi che agire senza il sostegno e il permesso dell'Onu produrrebbe molto male. Se l'America va avanti da sola, distruggerà l'autorità delle Nazioni Unite; e noi perderemmo il solo strumento utile per mantenere la pace nel mondo, cioè il Consiglio di sicurezza. Gli Usa devono ascoltare la saggezza collettiva dell’Onu, come se fosse il sangha (la prima comunità di seguaci del Budda) di tutte le nazioni. L'America è parte di quel sangha: distruggerne il prestigio sarebbe grave danno. La Casa Bianca, invece, dovrebbe onorarlo, chiedendo che i governi americano e iracheno discutano alla presenza di altre nazioni in grado di offrire la loro saggezza».
Dalle sue parole sembra che la fine dell’Onu sia rovinosa almeno quanto la guerra. Mentre prende un pausa per il tè, il maestro riflette sull’allenamento alla non violenza praticato nei suoi villaggi. Il lavoro per la pace comincia dai piccoli conflitti quotidiani?
«A qualunque livello - riprende - lo strumento più importante per superare i contrasti è l'ascolto profondo e compassionevole della parola dell’altro. Ciò aiuta a comprendere l’altrui sofferenza e a dialogare. A un governo direi: ascolta te stesso e ciò che dicono gli altri Paesi, in modo da comunicare la tua sofferenza e comprendere la loro. E’ un lavoro pratico: qui, per esempio, non ci limitiamo a parlare di pace interiore, ma attuiamo l’ascolto profondo e amorevole dell’altro. E’ una pratica di riconciliazione da esercitare su di sé grazie alla meditazione sul respiro: talora capita che le coppie (moglie-marito o genitore-figli) cerchino la riconciliazione subito, magari precipitandosi a telefonare all'altro capo del mondo».
Nei suoi innumerevoli libri, i cui proventi mantengono i monasteri, lei ha scritto che la violenza nasce da paura e sofferenza. Ma di che cosa hanno paura, oggi, gli americani e il loro presidente?
«Bush vive tra le paure ed è troppo occupato per praticare la meditazione del respiro. E può fare molto male. Avrebbe bisogno di consiglieri capaci di risvegliare la compassione, ma mi pare sia circondato da persone bellicose. I leader spirituali americani dovrebbero agire perché Bush abbia vicino anche persone animate da un profondo senso di pace. Gli stessi cittadini possono fare qualcosa, come stanno cercando di fare i miei discepoli: dopo l'11 settembre ho lanciato un appello alla non violenza e fatto dieci giorni di digiuno per sottolinearne l’aspetto spirituale e non politico; e molti americani si sono uniti a noi, perché negli Usa ci sono numerose coscienze compassionevoli e Bush dovrebbe ricordarsi di ascoltarle, anche perché non lo combattono. Cercano solo di aiutarlo. Se avessi modo di incontrare Saddam Hussein direi le stesse cose: in America ho contattato le comunità islamiche e parlato loro in modo nuovo, per capire le loro paure e le loro speranze. Per la pace, l’unica via è questa».
Il suo pacifismo, insomma, è fatto di pensiero e di pratica profonde che affondano le radici nel buddismo ma possono essere fatte proprie da chiunque.
L’anziano vietnamita appare stanco, ma ci congeda con uno sguardo di ferro, come a dire che conosce il modo di reintegrare l’energia. Fra pochi giorni parte per la Corea, altro crocevia di conflitti: il Sud del Paese è in parte buddista, ma ci sono buddisti anche al Nord, sotto la dittatura comunista di Kim. E’ attraverso i loro canali che Thai è convinto possano passare parole di compassione.
http://www.esserepace.org/index.html
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Bibliografia:
Libri tradotti dall'inglese
- "Essere pace" (Ubaldini 1989, trad. G. Fiorentini), traduzione dei tre testi "Being peace" (Parallax 1987), "The heart of understanding" (Parallax 1988) e "Walking meditation" (Fellowship Publication 1985)
- "Il sole, il mio cuore" (Ubaldini 1990, trad. G. Fiorentini), titolo originale "The sun my heart" (Parallax 1988)
- "Il miracolo della presenza mentale" (Ubaldini 1992, trad. L. Baglioni), titolo originale "The miracle of mindfulness" (Beacon Press 1987)
- "Trasformarsi e guarire" (Ubaldini 1992, trad. S. Parolin), titolo originale "Transformation & Healing" (Parallax 1990)
- "Vita di Siddharta il Buddha" (Ubaldini 1992, trad. G. Fiorentini), titolo orignale "Old path white clouds" (Parallax 1991)
- "La pace è ogni passo" (Ubaldini 1993, trad. L. Baglioni), titolo originale "Peace is every step" (Bantam Books 1991)
- "Toccare la pace" (Ubaldini 1994, trad. S. Orrao), titolo originale "Touching peace" (Parallax 1992)
- "Respira sei vivo" (Ubaldini 1994, trad. D. Malagò), traduzione dei quattro testi "Breathe! You are alive" (Parallax 1988), "Our appointment with life" (Parallax 1988), "Present moment, wonderful moment" (Parallax 1990) e "Interbeing" (Parallax 1993)
- "Lo splendore del loto" (Ubaldini 1994, trad S. Orrao), titolo originale "The blooming of the lotus" (Beacon Press 1993)
- "Il diamante che recide l'illusione" (Ubaldini 1995, trad. S. Orrao), titolo originale "The diamond that cuts through illusion" (Parallax 1992)
- "Il Buddha vivente, il Cristo vivente" (Neri pozza 1996, TEA 1998, trad. F. Brunelli), titolo originale "Living Buddha, living Christ" (Riverhead books 1995)
- "L'amore e l'azione" (Ubaldini 1995, trad. S. Orrao), titolo originale "Touching peace" (Parallax 1992)
- "Una chiave per lo zen" (Ubaldini), titolo originale "Clefs pour le zen" (Editions Seghers, Paris 1973)
- "Mente d'amore" (Ubaldini 1997, trad. a cura de La Rete di Indra), titolo originale "Cultivating the mind of love" (Parallax 1996)
- "Il cancello di pino e altre storie" (Libreria Editrice Psiche 1997, trad. G. Fiorentini)
- "Imparo dalle storie" (Libreria Editrice Psiche 1998, trad. G. Fiorentini), titolo originale "The moon bamboo" (Parallax 1989)
- "Insegnamenti sull'amore" (Neri Pozza 1999, trad. D. Petech), titolo originale "Teachings on love" (Parallax 1997)
- "Il cuore dell'insegnamento del Buddha" (Neri Pozza 2000, trad. D. Petech), titolo originale "The heart of the Buddha's teaching" (Broadway Books, Random House 1998)
- "Perché un futuro sia possibile" (Ubaldini 2000, trad. T. Faggiani), riduzione da "For a future to be possible" (Parallax 1993)
- "Canti e Recitazioni di Plum Village" (Nobile Editore 2000, a cura di A. e C. Annicchiarico), titolo originale "The Plum Village chanting and recitation book" (Unified Buddhist Church 2000)
- "Il piccolo libro della consapevolezza" (Ubaldini 2000, collana "Schegge di Saggezza", a cura di T. Faggiani), raccolta e traduzione di discorsi inediti
- "Spegni il fuoco della rabbia" (Oscar Mondadori 2002, trad. Diana Petech), titolo originale "Anger" (Riverhead Books 2001)
- "Il segreto della pace" (Oscar Mondadori 2003, trad. Diana Petech), titolo originale "No death, no fear"
- "La luce del Dharma" (Oscar Mondadori 2003, trad. Giusi Valent), titolo originale "Going home"
- Chân Không: L'arma del vero amore (Astrolabio 1995, trad. Giampaolo Fiorentini), titolo originale "Learning true love" (Parallax 1993)
* Libri in italiano
- "L'incenso del cuore" (La Rete di Indra 1997, a cura di M. Cistulli), tratto dai discorsi tenuti in occasione del ritiro di Rocca di Papa del marzo 1996
"Sassolini di meditazione" (Nardini 1998, a cura di D. Bellesi, A. Rocco e M. Romoli, trad. A. Rocco), tratto dai discorsi tenuti in occasione del ritiro di Firenze dell'aprile 1997
- "Discorsi ai Bambini" (Ubaldini 2002, a cura di T. Faggiani), tratto dai discorsi per i bambini tenuti da Thich Nhat Hanh a Plum Village negli ultimi anni
Helga e Karl Riedl: "Verso una vita risvegliata" (Nobile Editore 2002, a cura della Associazione Essere Pace)
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