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Continuo a credere ciò che ci disse Salvador Allende la mattina del 11 settembre 1973

Queridos amigos, queridas amigas, care amiche, cari amici

“L’utopia è come l’arcobaleno. Ti sembra vicino ma, quando provi a raggiungerlo, continua ad allontanarsi. Ma, allora, a cosa serve l’utopia? Serve a camminare”.
2 gennaio 2019
Rodrigo Andres Rivas

Queridos amigos, queridas amigas,

care Amiche, cari Amici,


per il 2019 ho in mente di fare tante cose che ho rimandato nel 2018. Non è una minaccia, ma soltanto di una piccola e non richiesta promessa.

Nella mia testa tutte queste cose si sintetizzano in un verbo: camminare.

Penso che camminare sia il compito proprio di ognuna/o e di ciascuno/a di noi tutti/tutte.

Fernando Birri, regista cinematografico e grande compagno argentino, ha detto: “L’utopia è come l’arcobaleno. Ti sembra vicino ma, quando provi a raggiungerlo, continua ad allontanarsi. Ma, allora, a cosa serve l’utopia? Serve a camminare”. La speranza e l'utopia

Fernando mi riporta in mente un’altro compagno scomparso pochi giorni fa: l’argentino Osvaldo Bayer, uno di quelli che Brecht definì imprescindibili, ossia uno di quelli che lottano per tutta la vita. Osvaldo prese sempre partito per i nessuno, per gli ultimi, per gli indigeni, per gli scomparsi, per le loro madri, per le loro nonne, per i loro figli… Chiunque voglia sapere qualcosa di ciò che è stata la storia degli indigeni in quella zona del mondo, dovrà leggersi “La Patagonia ribelle”. Osvaldo smise di farlo alla Vigilia del 2018 quando, forse per fare un dispetto alla Chiesa, se n’è andato, proprio in quella data. In un mondo che mai ha apprezzato molto gli anarchismi, l’hanno pianto tutti gli ultimi che laggiù, come in qualsiasi altra parte, sono maggioranza.


“Ci pisciano in testa e dicono che piove”, recita un graffito su di un muro della Boca reso famoso da Eduardo Galeano. Racconta bene la situazione odierna. I signori del mondo ci pisciano addosso ma poi incolpano il lastricato: “E’ l’economia bellezza”. O la politica. O la razza... Nel passato, era colpa del destino cinico e baro. Sono le loro decisioni a creare la piscia che ci cade addosso. Niente altro ma, se volete, niente meno.

Tocca a noi fermare la pioggia. Non è facile, non è stato mai facile. Ma continuo a credere ciò che ci disse Salvador Allende la mattina del 11 settembre 1973, poche ore prima di morire e quando davanti a noi si aprivano le porte dell’inferno: “La storia è nostra e la fanno i popoli. Continuate voi sapendo che, molto presto, si riapriranno nuovamente le grandi strade da dove passerà l’uomo libero per costruire una società migliore”.

Abbiamo perso tante volte. Probabilmente perderemo tante altre. Ma siamo sempre vivi. E la vita, la nostra e quella di tutto ciò che la rende possibile sulla terra, ci ha donato pure tante opportunità e sorrisi. Con la musica, la poesia, un tramonto, una nascita, gli amici ritrovati e quelli nuovi, un quadro, i figli.

Note: Rodrigo Andres Rivas è un economista cileno, ha vissuto a fianco di Salvador Allende il sogno della libertà e della democrazia, fino a quella tragica "mañana del 11 de septiembre de 1973". Un ringraziamento a Gianni Penazzi per aver inviato questo testo.

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