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Recensione:

Arengario - Utopia selvaggia. Saudade dell'innocenza perduta. Una fiaba

Libro di Darcy Ribeiro. A cura di Giancorrado Barozzi. Nuova traduzione di Katia Zornetta. Negretto editore, Mantova 2019
Laura Tussi22 settembre 2019

Recensione di Laura Tussi su Arengario.net - Il Giornale di Monza

Darcy Ribeiro, antropologo, scrittore, e politico brasiliano (1922-1997) ha scritto il romanzo  "Utopia selvaggia" negli anni '80,  tornato in Brasile dopo un lungo periodo di esilio imposto da un ventennio di dittatura militare. La  rappresentazione di un immaginario mondo delle Amazzoni in cui sono ambientate le rocambolesche vicende del protagonista, in realtà permette all’Autore di esprimere in piena libertà, con stile assolutamente originale una forte critica ai presunti  "valori" dell’Occidente "civilizzato".

Infatti, attraverso le vicende surreali e boccaccesche dei personaggi del romanzo,  da una parte si evidenzia l’apparente esaltazione dei “valori” di progresso scientifico-tecnologico, di libertà individuale, propri di una civiltà fondata sui valori cristiano- borghesi, dall’altra si disvela via via  la realtà di un mondo ipocrita, rigidamente chiuso, arrogante e di fatto violento,   rivolto solo al mantenimento della  propria posizione di potere privilegiato.

La nuova edizione di “Utopia selvaggia”  per l’Editore mantovano Silvano Negretto è curata da Giancorrado Barozzi, con la traduzione di Katia Zornetta, che rispetta pienamente il carattere “meticcio” della lingua brasiliana. I significati originari, dei termini indigeni ampiamente e volutamente usati da Ribeiro - che con gli indigeni come studioso di antropologia aveva vissuto per una decina d’anni - sono esplicati rigorosamente nelle note a piè di pagina. Anche questo è un segnale dei tempi, che ci fa sperare in una sempre maggiore disponibilità  dell’Occidente a comprendere e accettare le diversità linguistiche nel divenire complesso e contraddittorio  del mondo globalizzato.

L’antropologo Claude Lévi-Strauss scrisse lo straordinario trattato "Tristi tropici", ma quelli di Ribeiro non sono affatto tristi, perché il romanzo si ambienta nella natura amazzonica con una serie di avventure tragicomiche e rimandi dialogici che si rifanno ai classici greci e ai testi dei grandi classici dell’Illuminismo come Voltaire e Rousseau.  

L’ambientazione delle vicende “fiabesche”  surreali e allegoriche del romanzo  si dipana nella foresta pluviale e si realizza nei numerosi riferimenti a manufatti, usi e costumi della civiltà indigena, che Ribeiro inserisce nell'ampio teatro letterario e nel tessuto narrativo con abile pertinenza. Questi riferimenti etnici diventano parti integranti dell’incredibile vicenda vissuta dal protagonista il quale - catturato, in due momenti diversi da feroci quanto imprevedibili  “libere” tribù del Rio delle Amazzoni - è costretto a rapportarsi con le regole e i vissuti di un mondo “altro”.

Ribeiro esprime sempre rispetto e ammirazione  nei confronti degli indigeni, delle loro organizzazioni,  dei loro costumi e tradizioni, dei loro rapporti simbiotici con gli eventi naturali.  Una realtà che l’Autore rappresenta senza atteggiamenti nostalgici, ma con ironia in quanto partecipe delle sorti di quel mondo, e nel contempo costretto a osservarlo con occhi estranei, per formazione culturale e provenienza sociale.

Ribeiro condusse approfondite ricerche etnografiche presso varie popolazioni amazzoniche per conto del servizio nazionale di protezione degli Indios. Negli anni 60, fu ministro dell’educazione, ma purtroppo la dittatura militare lo costrinse all’esilio. Riparò, fra gli altri Paesi latinoamericani, anche in Cile dove collaborò con il governo Allende. Quando tornò in patria, ricoprì importanti cariche pubbliche, riuscendo a realizzare a Rio de Janeiro, un innovativo programma di riforma della scuola.

L’uscita della nuova traduzione italiana di "Utopia selvaggia" di Darcy Ribeiro offre un contributo importante all’attuale dibattito sui temi dell’identità e dell’incontro/scontro  tra popolazioni e culture diverse. Questo romanzo ripropone  all’attenzione di un attento pubblico  l’energia utopica, ma sempre concreta, di un grande autore del Novecento, rispetto agli attuali tragici scenari segnati dalle grandi crisi migratorie internazionali, dal dominio delle multinazionali e dei  mercati finanziari e  dallo strapotere degli impersonali strumenti comunicativi  mediatici   che caratterizza l’attuale sistema capitalistico neoliberista.

L’attuale epocale fenomeno delle migrazioni e la congiuntura di crisi strutturale a livello planetario, sollecitano  tutti noi a chiedere con forza provvedimenti umanitari volti a impedire e prevenire ogni forma di esclusione sociale  e a promuovere processi di dialogo e interazione tra popoli, costumi e tradizioni differenti, a livello  religioso culturale e economico-sociale.

In tutti i continenti e i Paesi del nostro pianeta, il tema dei diritti umani sollecita la necessità di agire con fermezza e determinazione per la piena affermazione dei diritti umani (l’istruzione, il lavoro, la salute, la libertà di credo politico e di convinzioni ideali, di credo religioso e di culto)  fino alla liberazione della sfera affettiva, dell’orientamento sessuale e di ogni altro aspetto della vita privata e pubblica delle persone.

Ribeiro aveva saputo valorizzare nei suoi scritti -rigorosi dal punto di vista scientifico quanto appassionati e profetici nelle forme narrative- gli ideali “utopici”  di quei  diritti umani e civili che purtroppo oggi non hanno  ancora l’opportunità di trovare una compiuta realizzazione.

La nuova traduzione del libro "Utopia selvaggia" condotta con estrema attenzione e competenza da Katia Zornetta, affiancata dall’ attenta supervisione  e dalla bella presentazione di Giancorrado Barozzi,  si inserisce perfettamente nella linea editoriale di Negretto Editore.

Dal 2008, Negretto si propone di divulgare e dare visibilità a saggi, testi ed autori che promuovono e sostengono le idealità dell’equilibrio ambientale e del progresso sociale,  dei diritti individuali e dell’inclusione e dell’integrazione tra culture e tra discipline diverse,  dello studio laico e non superficiale della realtà, anche attraverso la sperimentazione e la ricerca di forme espressive originali e innovative, al servizio di una cultura di qualità.

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