Quando inizia il reality sulla nonviolenza? La prossima settimana?
Si parla più di guerra che di pace.
Se da domani la pace potesse fare affidamento su una spinta culturale e finanziaria pari a quella nutrita oggi per il mondo militare, ne sono certa, avverrebbe il capovolgimento più bello di tutti i tempi, si farebbe concreta la speranza che le guerre possano finire. Fino a quando di pace parleremo come di una utopia irrealizzabile la renderemo davvero impossibile, e insisteremo nella direzione sbagliata a vivere in un sistema che non funziona, ma per colpa nostra non perché sia impossibile.
Un esempio tra tanti, la nostra Italia sta facendo del comparto militare un polo strategico di investimenti e crescita economica, fornisce sistemi d'arma a Stati in guerra, e nel fare questo sottrae risorse importanti a infrastrutture nazionali, cultura e welfare peggiorando la condizione reale di questo Paese.
Vi invito a dare uno sguardo alla Campagna HANNO SCELTO LE ARMI promossa da Rete Italiana Pace e Disarmo e Sbilanciamoci, e a diffonderla. Voi che dite? Cosa ci "difende" meglio? "Una nave anfibia Trieste o l'abolizione delle tasse universitarie per 1 milione di studenti", "Un sottomarino U-212 o l'assunzione di 1000 medici per 10 anni"?
Continua la lacerazione del mondo tra macerie, miseria e incertezza. In mezzo a tutto questo abbiamo bisogno di altre visioni e narrazioni, abbiamo bisogno che le risorse economiche siano impegnate nella promozione della cultura nonviolenta, che educatori, deputati, giudici, giornalisti, imprenditori sappiano parlare questo nuovo linguaggio.
Benvenute quelle iniziative che interpretino nell'unico modo possibile gli articoli 11 e 52 della Costituzione e cioè un ripudio totale della guerra, come la Campagna nazionale SCUOLE SMILITARIZZATE che propone di obiettare alla presenza nelle scuole di attività connesse alla vita militare, quali visite a caserme e progetti di formazione scuola-lavoro mirate ad un precoce reclutamento.
A fine gennaio su RAI2 è stato trasmesso un programma di intrattenimento a tema militare. I concorrenti erano dei giovani dai 18 ai 23 anni, 4 di loro influencer sui social. Per un mese hanno dovuto rispettare l'alzabandiera al mattino, imparato qualcosa del camouflage e sulle trappole esplosive, a rifare il cubo prima di lasciare la stanza, sono stati puniti con le flessioni a terra, hanno corso con zavorra in spalla in una competizione a squadre, mangiato in mensa, partecipato a due lezioni di storia con lo scrittore Aldo Cazzullo, camminato tra le trincee del monte Nagià-Grom, applaudito a Elettra Lamborghini ospite dell'ultima serata organizzata per i ragazzi nella stanza dello spaccio, per l'occasione tutta illuminata da luci rosse. Sicuramente alla leggèra in confronto alle reclute vere negli eserciti, ma questi 15 ragazzi e 6 ragazze che recitassero o no hanno vissuto un mese da soldati. L'ibridazione è nuova ma potrebbe funzionare, la durezza militare accostata all'intrattenimento televisivo. Con giochi, simpatie, tensioni e amori sbocciati nel giro di pochi giorni, eventi normalissimi di quell'età, si cattura l'attenzione dei coetanei e bimbi, sullo sfondo però c'è una caserma dove per parlare si chiede il permesso, il messaggio più ricorrente è quello di vincere, superare i propri limiti, onorare la divisa.
Le 6 puntate, di 2 ore ciascuna, sono state proposte anche su RAI GULP, un canale per bambini e ragazzi.
Videogiochi, fumetti, serie televisive e progammi d'intrattenimento che veicolano contenuti violenti (militari e no) e atmosfere angoscianti, non sono nuovi, c'è di peggio da decenni. Abbiamo cartoni animati di robot che conquistano la Terra con armi spaziali, e poi lunghe saghe dove i personaggi muoiono in scontri per vendetta e rivalità nate nel passato. Ci sono videogiochi che danno punti a chi stupra più donne per strada e uccide vecchiette, serie televisive dove la scienza si mescola allo spionaggio politico. Sono ovunque e agiscono sul nostro mondo immaginario. Il punto è che tutto quello che si propone in questi media a mo' di gioco, esiste davvero ed è molto più complicato e triste di quanto possa essere lì presentato. È di questo che abbiamo bisogno? Cosa vogliamo mettere alla portata dei nostri ragazzi, la finzione o la realtà? Quali modelli e quali messaggi?
Tornando al programma "La Caserma", può la vita militare passare per un gioco duro, edificante, che ti trasforma e rende migliore? Crediamo ancora che ai giovani di oggi servirebbe per apprendere una utile e sana disciplina?
Sarebbe ora di aprire una discussione su questo sistema chiuso che, sappiamo, infinite volte nella Storia è stato utilizzato per schiacciare il dissenso e le libertà della gente. Forse come società civile tra i nostri compiti c'è quello di raddrizzare le regole interne della professione militare, quella per esempio della cieca obbedienza a ordini non discutibili impartiti da una origine non raggiungibile e non interpellabile, quasi non umana. Possiamo attivarci affinché anche negli eserciti si faccia formazione alla nonviolenza parallela a quella armata, per far sì che la seconda scompaia il prima possibile.
Qui di seguito tre commenti su "La Caserma"
Charlie Barnao, sociologo e professore universitario che ha studiato e scritto di addestramento militare, tortura e personalità autoritaria, riconosce nei reality punti in comune con la disciplina militare: le interazioni sono impostate a senso unico e seguono una logica comportamentista stimolo-risposta / giusto-sbagliato / ricompensa-punizione.
I partecipanti vivono l'esperienza in un luogo ristretto e isolato dall’esterno, sul modello delle istituzioni totali. Quelli incentrati sullo spirito di sopravvivenza si ispirano agli addestramenti Sere (Survival Evasion Resistance Escape).
Mao Valpiana boccia il programma: "A chi possa interessare una cosa simile è veramente un mistero". E aggiunge "Nel corso della terza puntata durante una lezione di apprendimento all’uso delle armi (sic!), è stata messa come colonna sonora la canzone Give Peace A Chance di John Lennon. Non ci credevo, il sacrilegio è andato in onda, la musica pacifista di Lennon a favore di una propaganda militarista.
Assurdo e inaccettabile. Spero che Yoko Ono e Sean Lennon, vedova e figlio di John, facciano una causa milionaria alla Rai per l’abuso compiuto e chiedano i danni per violazione dei diritti d’autore e illecito utilizzo di opera d’arte. Ho già provveduto ad inviare la segnalazione agli avvocati della Lenono Music".
Massimiliano Pilati del Forum della Pace: "Inutile sfoggio militarista. Ciò che preoccupa è la banalizzazione dell’argomento: le caserme servono per preparare le persone alla guerra e questo messaggio non mi va bene. Lo scivolone della Rai: la prima puntata è andata in onda in prima serata nel Giorno della memoria. Credo sia importante porsi delle domande in merito ad un problema educativo e sociale, dato che non esiste solo un approccio militare per risolvere i conflitti. Si cerca di svecchiare l’immagine militare per renderla appetibile al pubblico di giovani. Forse non è un caso che il programma si inserisca in un momento in cui è tornato il dibattito sulla possibilità di ripristinare il servizio di leva".
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