“Sì, Robert F. Kennedy jr. me l’ha detto: se eletto, libererò subito tuo figlio.”
Grandissimo successo a Como ieri sera (22.6.2023) per la proiezione del film Ithaka di Ben Lawrence, il documentario che racconta l’Odissea di un padre che lotta corpo e anima per salvare il proprio figlio da un ergastolo ingiusto.
E che figlio! – Julian Assange, l’editore e giornalista australiano perseguitato con accanimento dalla CIA e dalla giustizia statunitense e incarcerato da quattro anni a Londra per aver rivelato i crimini di guerra dell’USA e dell’UK in Afghanistan e in Iraq.
E che padre! – John Shipton, settantenne ex costruttore australiano che ora gira il mondo intero, parlando con Presidenti, celebrità e cittadini comuni per racimolare il sostegno necessario “per tirare Julian fuori da quel abisso infernale.” Non ha usato un iperbole; la prigione londinese, Belmarsh, viene sopranominata la Guantanamo britannica, con riferimento alla famigerata prigione USA per presunti terroristi.
Terminata poi la proiezione, il pubblico ha tempestato di domande, per ben mezz’ora, il povero John Shipton appena risvegliato (a Sydney erano le 6 della mattina, altro che dedizione paterna!).
Il rappresentante milanese del Comitato per la Liberazione di Julian Assange – Italia, presente nella sala, ha voluto invece sapere il parere di Shipton sulla proposta di un parlamentare russo di fare uno scambio di prigionieri tra Assange e Evan Gershkovich, il giornalista statunitense in carcere a Mosca con l’accusa di spionaggio. “Penso che l’offerta sia una abile mossa propagandistica del Ministro russo degli Affari Esteri, Sergei Lavrov, ma niente di più”, ha risposto Shipton.
Uno spettatore venuto appositamente da Brescia per vedere il film, visibilmente commosso, ha preso poi il microfono per dire a Shipton che tutti i ragazzi in sala sicuramente vorrebbero avere un padre come lui e tutti i genitori in sala sicuramente vorrebbero essere come lui – al che l’anziano padre di Julian Assange si è commosso a sua volta.
Sempre in tema di pietas, una signora ha voluto sapere se Shipton, da buon padre, ha pensato di chiedere grazia per Julian al Re Carlo III, in quanto padre di famiglia anche lui. Imbarazzato, Shipton ha ricordato le voci che corrono di disaccordi tra Carlo e i propri figli ma poi ha aggiunto che, in ogni modo, un intervento da parte di Carlo sarebbe più che desiderabile; ma non ha ancora ottenuto un’udienza.
Più di uno spettatore ha voluto sapere cosa possiamo fare noi per contribuire alla liberazione di Julian Assange. Shipton ha risposto: “Fate quello che state facendo ora, siete meravigliosi: informatevi, diffondete tra i vostri amici e i vostri conoscenti la verità su Julian, così combatterete dal basso le falsità raccontate dai mass media.” Un consigliere del Comune di Montano Lucino ha preso la palla al balzo e, al microfono, ha annunciato che avrebbe portato in consiglio comunale una mozione per la cittadinanza onoraria a Julian Assange.
Alla domanda se egli ha notato un incremento nell’attenzione dei mass media per il caso del suo figlio, Shipton ha risposto affermativamente ma poi ha subito aggiunto: “Rimane comunque sempre troppo poco; non basta qualche editoriale di qualche mese fa, gli editori e i giornalisti di tutto il mondo dovrebbe GRIDARE ogni giorno il loro sdegno per l’incarcerazione di uno di loro. Perché poi, se l’incarcerazione di Julian diventa definitiva, nel mirino del potere passeranno prima o poi, uno dopo l’altro, anche loro.”
A quel proposito, Corrias ha voluto sapere se Shipton è rimasto sorpreso della ricezione entusiasta del film Ithaka in tutto il mondo, dato appunto il silenzio stampa sul caso Assange. “Come se lo spiega?” ha aggiunto. “E’ semplice”, ha risposto il padre di Julian, “malgrado tutto le nefandezze che esistono nel mondo, la gente, voglio dire le persone comuni, come quelle stasera in sala, sono fondamentalmente buone, hanno radicato in loro un senso della giustizia e un disgusto dell’iniquità. Il caso di mio figlio parla direttamente a questi sentimenti e così anche il film Ithaka.”
Alla domanda se egli non si sentiva scoraggiato dopo anni di viaggi in tutto il mondo per promuovere il rilascio del suo figlio, viaggi che finora non sono approdati a nulla, Shipton si è fermato un istante, come per cercare qualcosa in memoria, e poi, trovato ciò che cercava, con una voce solenne ma lieta ha intonato: "and thence we came forth to see again the stars" – “e quindi uscimmo a riveder le stelle" (Inferno XXXIV, 139). La sala à scoppiata in un applauso.
E’ sua profonda fede – cioè, la fede che alla fine trionferà la giustizia – che lo sorregge.
Anche se aveva un aereo da prendere, John Shipton è rimasto in collegamento con la sala comasca fino alla fine, per poter rispondere ad ogni singola domanda, sempre con lo stesso tono calmo e pacato ma intenso: quello di suo figlio Julian. E la sala gli è stata grata. Che lui e Julian possano rivedere le stelle insieme ben presto!
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