La Teoria dei Giochi di fronte alla Pace

Matematica e pacifismo

E se anche la matematica dicesse che bisogna scegliere la Pace e non la guerra?
19 marzo 2005

La Teoria dei Giochi è nata negli ultimi decenni sulla spinta delle idee del matematico John Nash. Sostanzialmente consiste nella ricerca della strategia migliore per ottimizzare i risultati(definiti payoff), considerando che anche l'altro(o gli altri) giocatore farà altrettanto. La soluzione del gioco viene definita "equilibrio di Nash" ed è l'unica strategia con la quale tutti i giocatori ottimizzano il proprio payoff. La sua applicazione classica è l'economia industriale, dove viene adoperata per scegliere le strategie di mercato. Ma ci sono casi di applicazione anche in altri campi. Compresi studi sociologici e pacifisti. Un esempio del primo caso è il libro "Evoluzione della cooperazione"(in italiano "Giochi di reciprocità: l'insorgenza della cooperazione", Feltrinelli 1985) del matematico Robert Axelrod. Usando un modello di simulazione informatica Axelrod arrivò alla conclusione che:

1] ai fini del buon funzionamento generale del sistema e anche ai fini dell'interesse dei singoli individui, un atteggiamento di cooperazione è più conveniente di uno basato sull'egoismo stretto e a breve termine;
2] la cooperazione «emerge» per effetto di un processo di apprendimento ripetuto nel tempo, per evoluzione; non c'è bisogno a questo fine di ipotizzare valore sociali o culturali che la favoriscono.

Ma prima di lui altri studiosi avevano raggiunto risultati simili. E qui arriviamo all'applicazione della Teoria dei Giochi agli studi per la Pace. Negli anni tra il 1960 e il 1962 tre studiosi statunitensi affrontarono questo studio: Thomas Schelling, Anatol Rapoport e Kenneth Boulding. Tutti e tre provarono ad applicare la Teoria dei Giochi per valutare l'evoluzione dei rapporti tra Est e Ovest, e spiegare con il ricorso alle tecniche del "problem solving" che i conflitti non necessariamente sono del tipo a "somma zero", per cui le ragioni di una parte debbano affermarsi a danno dell'altra. L'uso della teoria dei giochi applicata ai conflitti internazionali, come ha riconosciuto Hakan Wiberg contribuì a chiarire alcuni concetti chiave come "razionalità", "equità", "utilità" (39), favorendo visioni capaci di illuminare i "decisori" politici rispetto alle scelte tra riarmo/disarmo, e ai comportamenti da mantenere nelle situazioni di crisi. In pratica applicando ai rapporti sociali e internazionali si giunse a conclusioni similari: per poter massimizzare le proprie scelte ( un calcolo puramente egoistico e utilitaristico ) bisogna incredibilmente essere altruisti e tener conto anche del massimo profitto altrui. Quindi scelte di Pace e solidarietà sono migliori di scelte di guerra ed egoismo. Proviamo a capire il perché. Ovviamente dobbiamo semplificare la situazione e ridurla ad un mero calcolo strategico. La vita è, per fortuna, molto meno semplicistica e aridamente matematica, ma il modello è comunque una buona approssimazione.

Un paese deve scegliere se fare guerra o meno ad un altro. Quindi scegliere una strada militarista o pacifista. Nel caso scelga guerra il gioco è "a somma zero" ( ovvero il payoff di uno dei giocatori viene massimizzato a danno di quello degli altri) e gli scenari possibili sono:

- vince la guerra e prevale sull'altro Stato. Ma sicuramente subirà dei danni e il suo payoff non sarà il massimo possibile;
- perde la guerra e quindi azzera il suo payoff(se nn addirittura ne avrà uno negativo). Nel caso invece scelga la via pacifista e del dialogo il gioco diventa cooperativo(e quindi la massimizzazione del payoff non avverrà a danno degli altri giocatori) e c'è un solo scenario possibile:

- i due Stati raggiungono un accordo massimizzando ( cooperano secondo il modello di Axelrod ) i loro payoff, senza che nessuno debba soccombere o subire perdite. In più non ci sono "perdite" nei payoff, dovute allo sforzo bellico.

Quindi ricapitolando, nel caso di guerra si rischia di perdere tutto ( e di avere anche payoff negativi ) e comunque non si massimizza il proprio payoff. Nel caso di dialogo e di mantenimento della Pace invece non si rischia nulla e si massimizza il proprio payoff.

Considerando che le perdite non sono semplici numeri ma persone, vite umane, emerge chiaramente che la scelta strategica migliore è quella della Pace.
Purtroppo l'egoismo e calcoli economicisti a breve termine impediscono all'umanità di ragionare in molti casi. La politica è lungimiranza e progetti sul futuro di lungo respiro. Non può quindi fermarsi all'oggi, né concludersi nelle guerre, che ne è la negazione ( al contrario di quel che pensa chi dice che "la guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi" ). La guerra distrugge qualsiasi prospettiva di futuro e ogni possibile profitto è temporaneo e comunque troppo esiguo rispetto a quelli che si avrebbe ( in termini di vite umane soprattutto ma non solo ) senza farla. Questo piccolo modello matematico strategico ci dimostra infine che persino l'egoismo chiede scelte di Pace. Proprio per questo è compito di ognuno di noi lottare perché si "scommetta" su di essa. Così da avere un futuro migliore per tutti, ed averlo soprattutto un futuro. Anche seguendo calcoli strategici matematici...

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