La tecnologia e le scelte dell'umanità

Una riflessione sull'olocausto nazista, il ruolo delle tecnologie informatiche nella tragedia. Editoriale tratto dal PLUTO Journal.
28 aprile 2005
Simone Stevanin

Il 26 gennaio 2005, Francesco Piva, presidente del Museo Didattico UNESCO di Storia dell'Informatica ubicato a Padova in Via Cornaro, con il quale da tempo il PLUTO collabora (vedi il Progetto ReFun), in corrispondenza del "giorno della memoria" ha scritto una lettera ad alcune testate giornalistiche, per stimolare una riflessione sulla tecnologia e l'uso che, di volta in volta, l'uomo può decidere di farne.

Il 27 gennaio di ogni anno, infatti, ricorre "il giorno della memoria della Shoah", termine ebraico che significa catastrofe, distruzione totale, intendendo in questo contesto la sistematica distruzione della popolazione ebraica iniziata nella fine degli anni '30 ed interrotta nel 1945. Sono ormai passati sessant'anni dal giorno in cui è stata liberata Auschwitz, sulla quale insiste ancora un campo di sterminio al cui interno è stata data la morte a milioni di persone durante i tre anni della sua attività, colpevoli del solo fatto di essere nati in un periodo in cui la lotta per la supremazia della razza ariana stava avendo il suo culmine. La razza ariana, la "migliore": tra i sei milioni di persone sterminate ad Auschwitz e negli altri campi di concentramento c'era posto non solo per gli appartenenti alla religione ebraica e gli oppositori politici ma anche per chi non fosse stato, secondo la concezione nazista, puro, immacolato e perfetto: c'era ampio spazio anche per gli zingari, gli omosessuali, i neri o i portatori di handicap (circa altri cinque milioni di persone).

Quale ruolo ricoprì la tecnologia nell'esecuzione di un così orripilante progetto?

Gli addebiti contenuti in alcuni saggi storici incolpano IBM di aver fornito a coloro che gestivano i campi di sterminio più di 1,5 milioni di schede perforate in grado di catalogare i "prigionieri" in base a sesso, età, religione, capacità di lavoro e altri parametri e facilitarne la localizzazione e l'eliminazione.

IBM fu fondata da un tedesco, Herman Hollerith, che presto emigrò negli Stati Uniti. Fu lui ad inventare, nei primi decenni del secolo scorso, le schede perforate nelle quali ogni foro corrispondeva ad un dato della persona a cui si riferivano: nazionalità, orientamento politico, sesso, ecc. Tale tecnologia, che prevedeva che le schede venissero lette da apposite macchine, fu brevettata e ceduta ad altri che fondarono in Germania la Dehomag, azienda che rimase legata a doppio filo a quella fondata da Hollerith, che passò di mano per poi finire ad Thomas J. Watson, insignito della "croce al merito dell'aquila tedesca", la più alta onorificenza nazista concessa ad un non tedesco nel 1936. Fu Watson che ne cambiò il nome in IBM, continuando a fornire alla propria consociata tedesca ogni innovazione tecnologica che veniva creata negli Stati Uniti. Le macchine Hollerith a schede perforate della Dehomag permettevano di gestire ogni aspetto dell'organizzazione del terzo Reich: le paghe dei soldati, la contabilità, l'organizzazione dei magazzini ed il censimento e sterminio degli ebrei, i cui dati erano stati catalogati in maniera così precisa che i rastrellatori, pronti a rinchiudere come bestiame nei treni le vittime della loro crudeltà, andavano a colpo sicuro, come è successo anche nei rastrellamenti compiuti nel nostro paese.

In Se questo è un uomo, Primo Levi racconta come i deportati erano obbligati, con metodi sicuramente molto convincenti, a tenere con cura in mano una scheda perforata inerente i propri dati personali: "Bisognava aver cura di non spiegazzare o perdere la scheda che portavamo in mano". Certo, altrimenti l'inserimento e l'aggiornamento dei dati dei deportati nel grande precursore nazista degli odierni database sarebbe stato irrimediabilmente compromesso.

Nel 2001, cinque reduci dei campi di sterminio hanno citato IBM in giudizio per il suo presunto coinvolgimento nella Shoah, a loro avviso consistente nell'aver fornito al regime guidato da Hitler gli strumenti tecnologici che avrebbero facilitato lo sterminio sistematico ed organizzato del popolo ebraico.

Staremo a vedere se i tribunali riusciranno a stabilire le esatte responsabilità di tutti gli attori coinvolti in questa sconvolgente vicenda.

Perché ricordare ogni anno un evento ormai lontano nel tempo? "Perché non succeda mai più", è questo il passaparola che ad ogni anniversario gira nel mondo intero.

Perché parlarne in un editoriale di un magazine che si occupa di informatica libera? Perché la tecnologia informatica, di per sé neutra e con scopi che sono legati al volere dell'uomo, ebbe un ruolo primario nell'esecuzione di uno sterminio così immane.

Occorre porsi delle domande, capire perché l'uomo possa utilizzare il frutto del proprio intelletto per creare cose bellissime come la telemedicina o possa invece utilizzarlo per creare morte e distruzione, mentre viene obnubilato ogni barlume di ragione dell'umanità.

Per far sì che tali efferatezze non succedano mai più.

Note: Bibliografia:
Edwin Black, IBM e l'olocausto (ISBN 8817867225)
Primo Levi, Se questo è un uomo (ISBN 8806116053)

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