Inquisizione di stato

Indymedia. Cronaca di un sequestro annunciato

Ad oggi (11 maggio) la situazione è ancora, per fortuna, immutata e il sito www.italy.indymedia.org è regolarmente visibile su Internet, "vilipendi e sacrilegi" compresi. Ma questo non garantisce che, da un momento all'altro, tutte o alcune di quelle pagine web non vengano "oscurate".
16 maggio 2005
Pepsy

La breve nota pubblicata sullo scorso numero di "Umanità Nova" è stata scritta al momento di andare in stampa, quando ancora non si sapeva se il nuovo tentativo di oscurare Indymedia avrebbe avuto un seguito o meno.

Ad oggi (11 maggio) la situazione è ancora, per fortuna, immutata e il sito www.italy.indymedia.org è regolarmente visibile su Internet, "vilipendi e sacrilegi" compresi. Ma questo non garantisce che, da un momento all'altro, tutte o alcune di quelle pagine web non vengano "oscurate".

Della faccenda si sono occupati un po' tutti i mass-media, televisioni comprese, limitandosi a riprendere le agenzie che hanno diffuso la notizia e, salvo qualche rarissimo caso, senza nemmeno provare a scavare oltre la superficie della notizia ma esclusivamente ripetendo solo le stesse cose condite da qualche banalità.

In realtà la questione è sicuramente più complessa di quanto sembra a prima vista e non si limita alla pubblicazione di una immagine satirica e alle minacce censorie di qualche magistrato. L'accaduto infatti riguarda due grossi temi: da una parte la sacrosanta libertà di espressione e dall'altra i nuovi media, le loro caratteristiche e il loro ruolo all'interno del sistema della comunicazione.

Sul primo dei due argomenti non varrebbe la pena di spendere più di una riga, soprattutto su un giornale anarchico, per ribadire che la libertà di espressione e di comunicazione sono conquiste irrinunciabili, che vanno esercitate e salvaguardate anche difendendo il diritto di critica e di sberleffo, in quanto la possibilità di pubblicare lodi all'ordine costituito non viene ovviamente mai messa in discussione dall'apparato statale di controllo.

Oltretutto, va notato che fin dal giorno seguente l'elezione del nuovo pontefice massimo non sono mancate le occasioni di critica. A partire dal titolo de "il manifesto" che dava del cane al papa ("Il pastore tedesco") per finire al mensile satirico "Il Vernacoliere" che nel suo numero di maggio pubblica una nutrita serie di vignette, sia sul papa morto che su quello vivo. E questo solo per restare in Italia, in quanto sono note sia la copertina del "Sun" inglese ("Papa Ratzi") che la pubblicazione delle foto giovanili di Ratzinger (queste, autentiche, si suppone) con la divisa dell'esercito di Hitler. E, al momento, si ha notizia solo di un esposto, presentato da alcuni fondamentalisti cattolici, contro il titolo de "il manifesto".

C'è allora da chiedersi perché sia proprio Indymedia ad essere al centro degli attacchi dei censori, ovvero per quale ragione il fotomontaggio incriminato, la testa del papa su un corpo in divisa nazista, è stato considerato dalla Digos prima e dai magistrati poi una ragione sufficiente per scatenare le forze della repressione. Tanto più che l'immagine incriminata è solo una delle migliaia tra i contributi che vengono inviati e pubblicati anonimamente sul sito senza alcuna mediazione.

Il network chiamato "Indymedia", del quale il sito in italiano fa parte, è composto da più di 120 nodi e da quasi sei anni è andato sempre più proponendosi come un "modo" di fare informazione diversa da quella ufficiale. Un modo che ha anche un discreto successo in quanto sono centinaia di migliaia al giorno le persone che accedono alle pagine dei diversi siti e non è raro che le notizie che vengono pubblicate sul newswire (la parte destra della pagina web) siano riprese come fonte di informazione anche dai media tradizionali. Uno degli ultimi casi è stato quello riguardante il rapporto Usa sulla morte dell'agente del SISMI caduto sotto il "fuoco amico": la notizia di una versione del rapporto priva degli omissis è stata pubblicata per la prima volta proprio sul newswire.

Indymedia è un mezzo di comunicazione che esiste solo su Internet ma che, al contrario di quelli classici, privilegia le testimonianze dirette piuttosto che le veline del potere, che permette a chiunque di diffondere in Rete le informazioni che lo riguardano e che lo interessano senza dover passare per i filtri censori del sistema dei media ufficiali. Ovviamente anche Indymedia ha difetti e problemi, ma nulla di lontanamente paragonabile a quelli che caratterizzano i grossi network mondiali dell'informazione.

Indymedia quindi è al centro del mirino e ci resterà, almeno fino a quando (speriamo mai) verrà normalizzata diventando un media come tutti gli altri.

Il tentativo di "oscurare" il sito, o una sua pagina, poi non tiene conto della caratteristica struttura della Rete Internet in quanto anche il sequestro di un server (il computer dove sono archiviate le pagine web) non riuscirebbe ad impedire che le stesse pagine rispuntino fuori da qualche altra parte e siano di nuovo visibili a tutti. La caratteristica immaterialità dell'informazione elettronica e la diffusione capillare della Rete permettono infatti di reagire ad un tentativo di censura in modo molto più rapido ed efficace di quanto potesse essere in passato la risposta al sequestro della tiratura completa di un giornale di carta. Ma questo non deve essere ancora molto chiaro né a chi suggerisce la censura né a chi la mette in atto.

Quello che dà fastidio è Il fatto che dietro le pagine web di Indymedia ci siano non una redazione tradizionale (alcuni non lo hanno ancora capito) ma centinaia di persone che volontariamente e senza essere pagate, lavorano alla gestione delle pagine web e che ci siano poi altre centinaia (o migliaia) di persone che pubblicano le loro informazioni, compresi anche dei fotomontaggi "blasfemi", sulla colonna del newswire che è una pubblicazione aperta, anonima e libera.

Ma non è solo Indymedia ad essere in pericolo, le recenti dichiarazioni del ministro per l'Innovazione e le Tecnologie Lucio Stanca in occasione della presentazione del "Rapporto sui contenuti digitali nell'era di Internet" sono chiarissime: "Internet non può essere considerato una zona franca, un Far West sede di "scorrerie digitali" poiché ciò che è proibito nel mondo reale deve esserlo anche in quello virtuale. Ma, al contempo, la norma deve essere sufficientemente flessibile per non rappresentare un freno allo sviluppo della tecnologia e del mercato, alla diffusione della conoscenza." [vedi http://www.agenziaaise.it/gestionedb/03News.asp?
Web=Giorno&Modo=12&IDArc=18080].
Un avvertimento a chi volesse approfittare della libertà consentita dalla comunicazione elettronica per affrancarsi dal sistema: Internet è solo una nuova occasione economica che deve essere sfruttata, seppure in maniera diversa da quella tradizionale, da coloro che investono nei nuovi media.

Non sappiamo se il tentativo di censura contro Indymedia avrà effetto, ma siamo sicuri che il modo migliore per rispondere a questi attacchi sia quello di sostenere e di solidarizzare con chi li subisce ma soprattutto quello di adoperare sempre di più gli strumenti di informazione libera, in modo tale da neutralizzare tutte le armi che vengono puntate non solo contro un network indipendente ma anche contro la libertà di espressione di tutti.

Articoli correlati

PeaceLink C.P. 2009 - 74100 Taranto (Italy) - CCP 13403746 - Sito realizzato con PhPeace 2.7.26 - Informativa sulla Privacy - Informativa sui cookies - Diritto di replica - Posta elettronica certificata (PEC)