Le dichiarazioni delle associazioni che difendono lo scambio di cultura su Internet
E’ guerra su due fronti quella del peer-to-peer: da un lato le battaglie legali, dall’altro le battaglie “elettroniche”. Il peer-to-peer è anche definito file sharing. Tale sistema consente la condivisione di musica, film e altri prodotti multimediali tramite Internet mantenendo l’anonimato. Tutto ciò è stato dichiarato fuori legge.
Il 21 settembre di quest’anno ha chiuso inaspettatamente WinMx, programma statunitense per il file sharing.
La RIAA (Recording Industry Association of America) è l’Associazione americana dei produttori discografici, e rappresenta quell’industria americana che considera il peer-to-peer una minaccia ai propri profitti. L’associazione di produttori discografici ha attaccato i sistemi peer-to-peer guadagnando la recente sentenza Grokster pronunciata dalla Corte Suprema statunitense. Nella sentenza della Corte Suprema viene stabilito che il gestore della piattaforma che consente lo scambio di materiale protetto è da considerarsi egli stesso responsabile delle illiceità commesse dai suoi utenti se non ha adottato alcun accorgimento tecnico per impedire che ciò avvenga.
Al fianco del peer-to-peer, oltre a tutto il “popolo” hacker, si è schierata la EFF (Electronic Frontier Foundation) un’associazione americana che difende i diritti digitali. “Né le tecnologie che danno nuovi strumenti in mano all'utente né il desiderio dei consumatori di avere un accesso facile alla musica digitale sono il male. Colpire chi sviluppa tecnologia e chi la usa significa non affrontare il vero problema”, spiegano gli attivisti di EFF nella campagna che ha come slogan “File-Sharing: it’s music to our ears” (File-Sharing: è musica per le nostre orecchie).
Anche Alcei (Associazione Per La Libertà Nella Comunicazione Elettronica Interattiva), in Italia, dice la sua a proposito delle major dell’audiovisivo e del diritto d’autore.
Secondo Alcei, dal 1992 ad oggi le normative sul diritto d'autore in Italia sono state “sistematicamente modificate” sulla base delle “indicazioni repressive di un ben identificato gruppo di imprese”, vale a dire le “major dell'audiovisivo e del software”. In questo modo sarebbe stato messo a punto un quadro legislativo "liberticida" che non avrebbe nulla a che vedere “con la tutela degli autori e molto con la protezione di grossi interessi privati”.
Quello che mi sembra più grave – spiega Loris D’Emilio di Metro Olografix, associazione culturale telematica italiana – è che colpendo il peer-to-peer si cerca di criminalizzare non più la persona ma lo stesso strumento. Se l’Europa dovesse prendere esempio dagli stessi concetti di base che le case discografiche stanno affermando negli Stati Uniti temo che anche l’Italia ne verrebbe influenzata.
Con questa difesa a oltranza del brevetto e del copyright – conclude Loris D’Emilio – si stanno chiudendo gli spazi della condivisione del sapere”.
Carlo Gubitosa, segretario di PeaceLink e autore del recente libro “Elogio della Pirateria”, ha dichiarato: “E’ normale che dei cittadini regalino libri alle biblioteche. Perché allora lo scambio di files su Internet è considerata un’azione criminale? Il peer-to-peer è visto come qualcosa di criminale perché si pensa ad Internet come un grande negozio anziché una grande biblioteca”.
L’attacco al peer-to-peer non si avvale solo di azioni legali ma anche di espedienti “elettronici”. Viralg, azienda finlandese produttrice di software, ha sviluppato un sistema di protezione che utilizza i codici hash dei file, ovvero quelle "firme digitali univoche" che li identificano. Per ciascun contenuto da proteggere, indipendentemente dal tipo e dal nome, Viralg ne crea una copia inesatta ma con uno stesso codice identificativo. Una volta diffusa, tale copia inesatta ma dotata dello stesso codice identificativo trae in inganno i sistemi peer-to-peer.
Infatti, al momento del download, il contenuto finale del file risulta, secondo i suoi sviluppatori, irrimediabilmente corrotto: non si sente in maniera corretta oppure è “muto”.
Ciò vale anche per altri file condivisi su Internet, ad esempio videogame o film.
Il sistema è già stato brevettato, sia in Europa che negli USA. “In questo modo – ha dichiarato Viralg – il pirata si ritroverà con un file inutilizzabile al posto del videogioco, del CD o del film”.
http://www.redattoresociale.it
Articoli correlati
L' Electronic Frontier Foundation assume un nuovo ruolo in Europa
Inaugurato a Bruxelles l'EFF Europe Office14 febbraio 2007Intercettazioni, la causa contro l'At&t va avanti
Usa, un giudice federale respinge la richiesta della compagnia tlc. Autorizzazione a procedere contro il gigante della telefonia statunitense, accusato dall'associazione Electronic Frontier Foundation di spionaggio di massa26 luglio 2006 - Giulia Sbarigia
Sociale.network