La Storia? Si riscrive un pixel alla volta
Gli appassionati di animazione digitale ricorderanno con affetto Knickknack, un cortometraggio di John Lasseter del 1989: un pupazzo di neve, imprigionato dentro un souvenir a boccia di neve, si innamora della prosperosa statuetta di una bagnante di un altro souvenir altrettanto kitsch, con conseguenze comicamente disastrose.
Insieme a Luxo Jr. (1986), fu il primo esempio di animazione digitale in cui la storia e l'umorismo finalmente prendevano il sopravvento sulla semplice esibizione della tecnologia. Lasseter ha proseguito la propria carriera realizzando lungometraggi animati celeberrimi come Toy Story e A Bug's Life, dando felicemente il via al nuovo genere del cinema d'animazione interamente digitale.
Knickknack è stato ripescato e viene ripresentato in questi giorni in apertura di Finding Nemo [http://www.pixar.com/featurefilms/nemo/index.html], il nuovo film di animazione digitale della Disney/Pixar. Con una differenza: la bellezza al bagno concupita dall'omino di neve ha subito una drastica riduzione [http://www.misinformer.com/archive/2003/05/31/] delle proprie misure di petto ultrapneumatiche. L'effetto comico caricaturale (una Pamela Anderson ante litteram) è scomparso, sostituito da forme da lolita che fanno sospettare tendenze un po' pedofile nel candido pupazzetto di neve.
Il guaio è che il ritocco digitale è assolutamente perfetto (la scena è stata rigenerata daccapo), per cui mentre i giovani non si accorgono di nulla, lo spettatore che ricorda l'originale si sente un deficiente. Primo, perché si rende conto di ricordarsi la taglia del reggiseno di un personaggio generato al computer (brutto segno). Secondo, perché le immagini che scorrono sullo schermo lo convincono che si ricorda male, e questo è ancora più preoccupante: un chiaro sintomo di incipiente demenza senile.
Come ti frego lo spettatore
Sintomo che sembra essere confermato quando il povero spettatore rivisita altri capolavori del cinema. In molte scene di E.T., i fucili sono stati sostituiti da microfoni. Persino Fantasia (1940) è stato sottoposto a pulizia in perfetto stile orwelliano perché conteneva un'immagine bispluserrata, come si dice in Neolingua: una "centauretta"di colore che assiste servilmente un'altra centauretta dalla pelle bianca mentre si fa bella. Nell'edizione in videocassetta, l'inquadratura è stata ristretta per non mostrare la creatura politicamente scorretta, e il ritocco si nota vistosamente; nel DVD, la centauretta è scomparsa del tutto senza lasciar traccia (ma per ora i filmati originali [http://www.widescreen.org/multimedia.shtml] restano disponibili in Rete). Meraviglie del digitale.
La censura digitale a posteriori non si ferma qui. Vi ricordate Saludos Amigos, altro celebre cartone Disney? I personaggi che fumavano ora non fumano più. I cartoni animati di Tom e Jerry vengono ripuliti in modo da non mostrare più individui troppo riconoscibili come appartenenti a uno specifico gruppo etnico o religioso. Addirittura interi film vengono "soppressi" con discrezione in quanto ritenuti non più adatti. Persino il primo cartone animato di Topolino, Steamboat Willie, ora circola tagliato: nell'originale prendeva un gatto per la coda e lo faceva roteare, ora non più. La lista è lunga, e basta un uso attento di Google per scoprire un'infinità di altri casi [http://looney.toonzone.net/ltcuts/].
Dal punto di vista legale, i detentori dei diritti sull'opera stanno semplicemente esercitando una loro facoltà: il film è loro e ci fanno quello che vogliono. Però quei cartoni animati e quei film, benché creati a scopo commerciale, sono indiscutibilmente una forma d'arte e come tali sono ormai diventati patrimonio culturale di intere generazioni (alzi la mano chi non ha avuto paura alla prima apparizione del diavolo in Fantasia). Rispecchiano, nel bene e nel male, l'epoca storica in cui sono stati realizzati. Ebbene sì, negli anni '50 Hollywood era ancora profondamente razzista, ma ora sta cercando di far finta di non esserlo mai stata. Questo si chiama manipolare la storia.
Pirati alla riscossa?
Le nuove versioni di questi film, infatti, vengono vendute senza alcuna indicazione del fatto che sono state rimaneggiate per rimuoverne contenuti potenzialmente offensivi. Vengono spacciate per originali. Questo fa sembrare che il razzismo non sia mai esistito. Una sorta di pulizia etnica alla rovescia, insomma.
In breve, con la scomparsa ormai prossima dei videoregistratori, le diffusissime versioni VHS non saranno più consultabili. Resteranno soltanto i DVD e, forse, qualche copia su pellicola altamente deperibile e comunque sepolta in un museo, dove si potrà facilmente far finta che non esista. Pippo che spara ai giapponesi? Taddeo che si fa servire da uno schiavo di colore? Mai successo.
Certo, i tagli e le censure ci sono sempre stati. Il problema è che con le moderne tecnologie e i formati cifrati e proprietari, fruibili insomma soltanto sugli apparecchi approvati dai proprietari delle opere, è possibile un controllo molto più sofisticato e invisibile. E' facilissimo far scomparire per sempre ogni prova, il che significa alterare permanentemente i ricordi e le percezioni delle persone. Adesso, quando ci viene il dubbio che una certa scena non si svolga come ce la ricordiamo, possiamo consultarne una vecchia copia per decidere se stiamo impazzendo o no. Quando quelle vecchie copie non esisteranno più o saranno scomparsi gli apparecchi per leggerle, non avremo modo di dimostrare che abbiamo ragione e sarà facile farci passare per rimbambiti.
Ironicamente, gli unici che potranno venirci in soccorso e confermarci che non stiamo impazzendo saranno coloro che creano copie pirata dei film. Per ovvie necessità di mercato, le copie pirata sono in formati non cifrati e non proprietari, utilizzabili su qualsiasi apparecchio e convertibili in altri formati man mano che la tecnologia si evolve. Ancora una volta, la nostra cultura rischia di doversi affidare all'illegalità per sopravvivere intatta: ma a differenza del passato, il suo nemico non proviene dall'esterno e non ha un esercito. Non brucia i libri; li ritocca silenziosamente. In nome del copyright.
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