La vita del blogger è dura e senza regole
Le cifre esatte ancora non ci sono ma la voce comincia a girare in rete e off rete in modo sempre più insistente. Per un blog si può perdere il posto di lavoro. A Dover, negli Usa, un reporter del "Weekly Dover Post" è stato licenziato in tronco quando il suo capo ha scoperto sul suo blog dei post cioè dei commenti scritti, relative alll'assassinio di Martin Luther King completamente offensivi per la comunità nera. Sorte identica ma per altri motivi è’ toccata ad una hostess della compagnia Americana Delta che per il suo diario in rete, "Queenofsky", ha posato senza veli.
Più grave il caso di un impiegato della Microsoft, licenziato solo per aver inserito nel suo blog foto di computer Mac comprati proprio dalla Microsoft. Per non parlare poi di Heather Armstrong, che ha perso il suo lavoro di Web design per aver (s)parlato dei suoi colleghi in rete, sul suo blog Dooce.com
Però Heather è passata alla storia, alla storia dei blog ovviamente. Dalla sua esperienza è stato, infatti, coniato un neologismo "to be dooced" che significa più o meno: essere licenziati a causa di un blog. Il proprio.
Insomma, qui negli Usa le aziende cominciano a rendersi conto del fenomeno blog ma solo per arginarlo. Tutto è comunque ancora agli inizi. Una ricerca condotta dalla Society for Human Resource Management lo scorso luglio stima che l'85% delle compagnie americane non ha ancora un regolamento scritto, una policy insomma, per i blog, policy invece diffusissima per l'uso delle email e dell'internet. Eppure solo qui negli Stati Uniti le stime parlano di 8 milioni di blog, un cifra enorme e in crescita. L'Employment Law Alliance, una rete di studi legali molto potente in America, ha commissionato lo scorso mese di gennaio un sondaggio. Su 1000 intervistati solo il 15 per cento dei datori di lavoro ha previsto una policy aziendale. In mancanza di una policy dunque se un'azienda arriva a licenziare un dipendente a causa del suo blog, proprio perché il blog non è disciplinato all'interno del posto di lavoro, è l’azienda che rischia di perdere la causa. E l'Employment Law Alliance ovviamente è dalla parte dei datori di lavoro.
Ma per il lavoratore/blogger? Non è forse, quello di scrivere, un diritto extraziendale e privato (soprattutto se non si blogga nelle ore di lavoro)? Forse, molto semplicemente il blog comincia a far paura per le potenzialità enormi che porta in sé, il fatto cioè che ognuno può diventare editore di se stesso e condividere la sua scrittura con chiunque lo voglia.
La Guerra ai blogger, insomma, è appena cominciata.
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