Sul Summit ONU l'ombra della censura
Roma - Sta suscitando una certa attenzione la clamorosa decisione di escludere l'organizzazione per la libertà di informazione Reporters sans frontières dall'imminente Summit ITU-ONU sulla Società dell'Informazione. L'esclusione, stando a quanto ricostruito proprio da RSF, è stata formalizzata da Pierre Gagné, direttore esecutivo del Summit mondiale sulla società dell'informazione (WSIS).
Durissima la reazione di RSF che per bocca del direttore generale dell'organizzazione, Robert Ménard ha così commentato l'allontanamento di RSF dai lavori del summit:"Grottesco e assurdo. Reporters sans frontières si dichiara indignata per questa incredibile interdizione. È un atto grave e carico di conseguenze. Come può ancora sperare l'ONU di conservare un briciolo di credibilità prendendo decisioni di questo tipo, che contravvengono ai più elementari principi della libertà di espressione?"
Come noto, il Summit si terrà in due fasi, la prima a Ginevra dal 10 al 12 dicembre, e la seconda in Tunisia, dal 16 al 18 novembre 2005. Organizzazioni come i radicali o la Free Software Foundation Europe si stanno preparando alla partecipazione, ma l'accesso sarà negato a RSF che, tra le molte cose, ha recentemente pubblicato un fondamentale rapporto sulla Internet delle censure. Il rapporto 2003 di RSF è probabilmente uno dei motivi che ora hanno portato alla "messa al bando dell'organizzazione".
In sede ONU, infatti, vi sono paesi, in primis quelli accusati di violare le libertà di stampa e di voler restringere il più possibile i diritti digitali, che certamente non vedono di buon occhio la partecipazione di una organizzazione così nota e attiva.
Della cosa sono convinti anche alla RSF. "Le dittature e altri regimi repressivi - sostengono - intendono approfittare del Summit di dicembre per condizionare la diffusione delle informazione online a delle misure di controllo e di censura preventiva. Il testo in preparazione permetterebbe, di fatto, di subordinare la libertà di stampa in Internet alle 'legislazioni in vigore in ogni singolo paesè."
Proprio sui documenti preparatori sono già state sollevate accese polemiche nei mesi scorsi per il ruolo centrale giocato, nella loro realizzazione, da paesi come Cuba e Iran, paesi nei quali vigono censura e controllo sistematico sulla stampa. E la Tunisia, che ospiterà la seconda parte del WSIS, è uno dei paesi più duramente accusati di pratiche anti-libertarie.
"In tale contesto - attaccano quelli della RSF - l'interdizione di accedere allo WSIS fatta a un'associazione internazionale per la difesa della libertà di stampa non può non allarmare i difensori delle libertà. Evidentemente, la farsa onusiana dei diritti umani continua".
Articoli correlati
- Una iniziativa degli Statunitensi per la pace e la giustizia - Roma
Per la libertà di gridare ovunque “Fermate il genocidio! Free, free Palestine!”
I tentativi di fermare e di censurare le proteste contro il genocidio in atto a Gaza vanno contrastati con fermezza. Ecco un esempio di contrattacco riuscito.23 novembre 2024 - Patrick Boylan - Un comportamento controverso
Apple e la censura in Russia
Al gigante tecnologico statunitense Apple è stato imposto di rimuovere le app di Radio Free Europe/Radio Liberty (RFE/RL) dall'App Store russo. Questo atto ha sollevato interrogativi sul comportamento di Apple e sulla sua volontà di conformarsi alle richieste del governo russo.21 novembre 2024 - Redazione PeaceLink - Albert, il bollettino quotidiano pacifista
Minacce di morte a chi difende i diritti dei migranti
Il monitoraggio del Consiglio d'Europa il 22 ottobre ha segnalato il clima di odio verso i migranti. A conferma di ciò sono oggi giunte le minacce di morte alla giudice Silvia Albano, presidente di Magistratura Democratica, contraria al trattenimento dei migranti in Albania.24 ottobre 2024 - Redazione PeaceLink - Albert, il bollettino quotidiano pacifista
Chiediamo al presidente della Repubblica di sostenere l'ONU mentre i caschi blu sono sotto attacco
Il silenzio rischia di essere interpretato come un segno di debolezza o, peggio, di complicità tacita. Il nostro Paese non può permettersi di essere complice del fallimento della missione UNIFIL. Se qualcuno deve lasciare la Blue Line, non sono certo i caschi blu: devono essere le forze israeliane.10 ottobre 2024 - Redazione PeaceLink
Sociale.network