Brevetto software: i resoconti delle sedute del Parlamento
23 settembre 2003
Arlene McCARTHY (PSE, UK)
Relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici
Doc.: A5-0238/2003
Procedura: Codecisione, prima lettura
Dibattito: 23.09.2003
Votazione: 24.09.2003
Il commissario Frits BOLKESTEIN ha ringraziato la relatrice per il lavoro svolto su un dossier di natura tecnica e di grande importanza. I computer sono oramai diventati parte del nostro quotidiano e si trovano in tutti gli uffici e persino nelle camere da letto. Data la estrema diffusione dei microchip, è importante definire la brevettabilità delle invenzioni su computer, che costituiscono il 15% delle nuove invenzioni brevettate.
L'accettazione della brevettabilità potenziale delle invenzioni tramite computer fa parte della prassi dell'Ufficio europeo dei brevetti. Si è detto che la proposta di direttiva, introdurrebbe per la prima volta la nozione di brevettabilità del software nell'Unione europea, ma il commissario ha negato quest'interpretazione e ha lodato la relatrice per essere andata oltre tali malintesi. La proposta intende invece chiarire il campo di applicabilità di queste invenzioni e introdurre un'armonizzazione a livello comunitario partendo dalle normative esistenti. L'Esecutivo accoglie favorevolmente alcuni emendamenti contenuti nella relazione. Del resto la direttiva non introduce brevetti su software e quindi non avrà quell'impatto che molti paventano. Essa si limita a rafforzare le norme preesistenti.
Se certi emendamenti fossero approvati, vi sarebbero due conseguenze negative. La prima sarebbe che, in assenza di un'armonizzazione completa a livello comunitario, l'Ufficio brevetti europeo e quelli nazionali sarebbero liberi di continuare a rilasciare brevetti sul software che potrebbero andare oltre i limiti stabiliti dall'art. 52 della Convenzione europea sui brevetti. Questo non solo farebbe continuare l'incertezza giuridica, ma metterebbe in pericolo l'obiettivo di esclusione della brevettabilità del software puro. La seconda conseguenza riguarda gli Stati membri che già hanno messo in piedi un sistema sovranazionale dei brevetti attraverso la Convenzione europea e l'Ufficio europeo, i quali continuerebbero l'armonizzazione a livello europeo ma con un trattato intergovernativo al di fuori del metodo comunitario. Il cittadino non potrebbe allora far sentire la propria voce attraverso il Parlamento.
La relatrice, Arlene McCARTHY (PSE, UK), ha affermato che la proposta della Commissione sulla brevettabilità delle invenzioni tramite computer non riguarda un fenomeno nuovo, né la brevettabilità del software. Sono 30.000 i brevetti rilasciati dall'Ufficio europeo dei brevetti e dagli uffici nazionali. I computer, d'altra parte, sono ormai parte della vita quotidiana, come i telefonini e gli elettrodomestici: senza questa direttiva i brevetti per le innovazioni attuate tramite computer continueranno ad essere registrati a decine di migliaia, anche al di là delle applicazioni industriali. Negli USA e in Giappone brevetti sono stati purtroppo registrati per software puro. Una direttiva europea potrebbe quindi fermare il passaggio verso il sistema statunitense, ovvero verso un puro metodo commerciale. Citando Amazon quale esempio negativo di tecnologia non nuova e non unica, la relatrice ha affermato che la brevettabilità in simili settori non è positiva per l'innovazione o la conoscenza. Purtroppo, però, l'Ufficio europeo ha rilasciato troppi brevetti. Certo le invenzioni, talvolta risultato di anni di investimenti in ricerca e sviluppo, sono importanti per l'economia europea. Servono però tutele per le piccole imprese, che hanno bisogno di recuperare gli investimenti effettuati. È essenziale che i brevetti permettano di ottenere un buon reddito o, nel mondo globalizzato, le PMI si troveranno in posizione sfavorevole a causa di brevetti rilasciati alle multinazionali. Non ci devono invece essere abusi determinati da posizioni dominanti. Il brevetto dovrà quindi limitarsi a certe invenzioni.
Joachim WUERMELING (PPE/DE,D) ha ringraziato la relatrice per l'eccellente lavoro, segnato da due grandi difficoltà: la complessità della materia, con i suoi aspetti giuridici e tecnici, e la lobbying aggressiva e a volte irrazionale con cui tuttavia la relatrice è riuscita ad impostare un dialogo. Non si vuole un brevetto generale per tutto il software, né si intende garantire il monopolio e il potere commerciale delle grandi imprese: vogliamo sostenere le PMI e assicurare la continuazione di pratiche come quelle d'Open source o di Linux, ha detto l'oratore. Occorre però stabilire una frontiera tra le innovazioni attuate tramite computer, che devono essere brevettabili, e il software nel senso di pura elaborazione di dati, che non deve esserlo. In passato l'Ufficio europeo dei brevetti ha proceduto con leggerezza e ora tale tendenza negativa può essere arginata dal legislatore. Il rappresentante dei popolari non capisce perché si debba essere contrari a qualsiasi tipo di direttiva in questo campo: senza la direttiva si lascia immutata la prassi adottata finora. In tal modo si tocca anche il problema della competitività dell'UE perché, se ci si spinge troppo in là, vi è il rischio di trovarsi in una posizione concorrenziale difficile. La relazione migliora la direttiva in punti decisivi e ponendo un limite: non è possibile brevettare algoritmi e puro software.
Il gruppo socialista non ritiene che gli emendamenti approvati dalla commissione giuridica rispecchino la situazione attuale, ha detto Manuel MEDINA ORTEGA (PSE, E). Questa proposta di direttiva non mira a brevettare i programmi di computer, perché ciò è già disciplinato dalla direttiva sul diritto d'autore. Il problema riguarda piuttosto la creazione intellettuale, molto diversa dalla protezione industriale che implica l'applicazione dei brevetti a fini industriali. Vi è stata in questo campo una pericolosa deriva determinata dalla registrazione di brevetti anche per invenzioni che non avevano implicazioni industriali; ciò pregiudica le possibilità d'azione e la creazione di una società dell'informazione sulla base dei principi di Lisbona. È quindi necessaria una direttiva comunitaria che regoli solo le applicazioni industriali e non i programmi in generale, affinché l'Ufficio europeo dei brevetti non trascini tutti i paesi verso la brevettabilità delle innovazioni attuate tramite computer in quanto tali.
Secondo Toine MANDERS (ELDR, NL) la linea di demarcazione tra diritti d'autore e brevetti è in alcuni casi molto difficile da tracciare. Ciò emerge anche dall'attività febbrile delle lobby che operano in senso contrario allo spirito della direttiva, la quale intende eliminare l'incertezza giuridica in questo campo. L'Ufficio dei brevetti a Monaco utilizza il metodo USA di brevettazione di parti di software: secondo l'oratore, si tratta di una prassi da fermare. La relazione è molto equilibrata ma potrebbe essere migliorata. Il rappresentante dei liberali chiede che tutti i diritti di proprietà intellettuale che decorreranno dalla direttiva siano soggetti ad una deroga per valutare se possono essere commercializzati. Egli ha inoltre sottolineato l'importanza della differenza tra l'interoperabilità e le invenzioni originarie.
Pernille FRAHM (GUE/NGL, DK) ha rilevato che tutti chiedono alla Commissione europea di procedere affinché vengano effettuati più investimenti e sviluppo a favore delle PMI. Chiedendosi come mai le PMI aspettino di vedere l'applicazione della direttiva e perché invece la parte innovativa del software ne sottolinei i pericoli, la rappresentante del gruppo GUE ha esortato a riflettere sul contenuto. Un problema di cui sono coscienti le PMI è quello rappresentato dai costi relativi ai brevetti, che ammontano a un milione di euro l'anno. Per quanto la Convenzione europea sui brevetti possa rappresentare una protezione, si constata che l'Ufficio europeo dei brevetti sta pian piano estendendo il suo campo d'azione. Questo significa andare nella direzione opposta di quella auspiscata. L'oratrice si è anche interrogata sul software puro: ma quanto puro deve essere per non poter essere brevettato? Bisognerebbe ascoltare di più le PMI su questo tema.
L'orientamento generale della direttiva è accolto in modo positivo dai Verdi, perché mira a creare chiarezza giuridica, ha esordito Raina Mercedes ECHERER (Verdi/ALE, A). La Commissione, però, è troppo chiusa nei confronti degli oppositori. L'oratrice ha posto una questione ancora senza soluzione: quando una piccola parte di un'invenzione utilizza un software creato in precedenza e può essere brevettata, può essere utilizzata da altri? Bisogna capire la distinzione tra il diritto d'autore e la brevettabilità: tale problema sta alla base della decisione del gruppo e dell'orientamento dei detrattori della direttiva, che si pongono lo stesso obiettivo ma cercano di avere un atteggiamento più aperto e flessibile. La direttiva non riuscirà infatti a creare chiarezza giuridica. Il brevetto può essere utilizzato come un'arma sul mercato e per questo bisogna capire come si possano sostenere gli investimenti e le innovazioni. Si sarebbe forse potuta utilizzare la direttiva sul diritto d'autore come punto di partenza: in tal caso l'appoggio del gruppo sarebbe stato maggiore. Il fatto che l'Ufficio dei brevetti abbia agito con leggerezza ricade sotto la responsabilità dei paesi firmatari.
Antonio MUSSA (UEN, I) ha ricordato che l'informatica è la spina dorsale del futuro sviluppo di ogni paese ed ha come colonna fondamentale la tecnologia hardware e la scienza software. Ogni innovazione tecnologica è oggi protetta e tutelata dalla brevettabilità, mentre lo sviluppo di un software dà origine a un diritto d'autore (copyright) che ne tutela la proprietà intellettuale. Facendo un parallelo con il mondo della musica, l'oratore ha detto che l'elaboratore elettronico è uno strumento con cui vengono eseguite musiche composte non da note, ma da codici e comandi che, alternandosi col ritmo e la sequenza ideata dallo sviluppatore, danno origine ad azioni e risultati differenti. Cosa accadrebbe alla musica se un giorno si potessero brevettare le scale, gli accordi, i trilli e tutto ciò che rende appassionante il panorama sinfonico? La stessa sorte toccherebbe all'informatica se si tutelasse, con il brevetto, ogni piccolo comando, ovvero le sequenze di codici e algoritmi. Ciò trasformerebbe il mercato in una giungla di imitazioni. Ogni sviluppo di software sarebbe limitato, circoscritto e sempre più frenato se si dovessero convalidare i brevetti esistenti: PMI e programmatori sarebbero di fatto messi fuori mercato. Con un altro paragone, Mussa ha affermato che non si tutela la proprietà intellettuale di un quadro o di un libro brevettandone il soggetto, ma garantendone la diffusione nell'ambito delle leggi che tutelano i diritti d'autore: in tal modo si stimola la produzione di opere d'ingegno simili e non di copie, migliorando quando possibile l'opera originaria o reinterpretandola secondo schemi diversi. Un mercato in crescita, aperto a nuovi orizzonti come quello europeo, insomma, non può permettersi d'imporre ulteriori regole che pongono freni allo sviluppo. Il gruppo ritiene quindi che la relazione non possa essere accettata.
Bent Hindrup ANDERSEN (EDD, DK) ha detto che per un architetto sarebbe inconcepibile avere dei brevetti su strumenti essenziali per la sua attività. Questo ragionamento dovrebbe essere applicato anche a proposito del software. Ci vuole sì una protezione, ma bisogna pensare anche alle conseguenze negative per i cittadini. Egli non concorda inoltre con chi pensa che una siffatta protezione del software possa favorire l'innovazione. Ci saranno infine problemi per le PMI per l'utilizzazione dei brevetti.
Marco CAPPATO (NI, I) ha dichiarato che i deputati della Lista Bonino voteranno a favore degli emendamenti volti a restringere i margini di brevettabilità del software, ma respingeranno la relazione nel caso in cui il cuore di tali emendamenti non venisse accolto. Cappato ha stigmatizzato l'attività dell'Ufficio europeo dei brevetti volta ad accogliere migliaia di brevetti sul software. La distinzione tra brevettabilità del software in quanto tale e in quanto parte di un'invenzione tecnologica è troppo sottile. Meglio quindi vedere se il software fa parte o meno di un'invenzione. In tal caso, è l'invenzione stessa ad essere brevettata secondo le norme che proteggono le invenzioni tecnologiche in quanto tali. Secondo l'oratore, il software deve essere escluso dalla brevettabilità perché appartiene al campo dell'organizzazione e della trasformazione delle idee. Non si può pensare ad un brevetto applicato al software di una durata ventennale, dato che tale periodo corrisponde ad un'era geologica nel campo informatico. Inoltre, anziché procedere ad una distinzione tra il brevetto del software in quanto tale e del software come parte delle invenzioni tecnologiche, bastava continuare a lasciare brevettabili le invenzioni tecnologiche e applicare la regola che esclude la brevettabilità della parte software. Egli ha garantito il sostegno agli emendamenti sull'interoperabilità e ha detto di non essere d'accordo con chi sostiene che occorre approvare la proposta altrimenti gli Stati membri faranno da soli.
Francesco FIORI (PPE/DE, I) ritiene che questo sia uno dei temi più complessi trattati nella legislatura. Si sta infatti affrontando una questione in cui l'identificazione dell'oggetto di tutela giuridica già di per sé può essere complicata. In secondo luogo ci si deve confrontare con un complesso quadro normativo internazionale: se si analizza quanto sta accadendo in Europa, ma soprattutto negli Stati Uniti, il sistema dei brevetti pare stia mostrando grandi limiti. La direttiva, per quanto perfettibile, ha affrontato un problema politico serio. L'Europa si deve infatti differenziare dalle posizioni statunitensi e farsi promotrice di un'azione nei confronti nei principali partner economici, in modo da armonizzare tutti gli aspetti di tutela giuridica del software in forma diversa da quella attuale. Non ci si deve scostare dall'idea che i brevetti software siano concessi solo su solide basi. Si è assistito a un numero abnorme di domande di brevetti sul software negli Stati Uniti e, probabilmente, anche nell'Unione europea: ciò rende evidente che non vi è una reale attività inventiva. Del resto, non ci si può permettere di brevettare ogni sorta di applicazione: con una crescita fuori controllo dei brevetti diventerà praticamente impossibile verificare negli archivi se la richiesta vada davvero verso una invenzione nuova. Certo vi sono aspetti che potrebbero essere migliorati anche dal punto di vista giuridico, ma Fiori è convinto che su tale tema si dovrà comunque ritornare perché l'evoluzione tecnologica è talmente rapida che imporrà all'UE una nuova azione nei prossimi anni.
Anche Fiorella GHILARDOTTI (PSE, I) ha ringraziato la relatrice per il lavoro svolto su questo dossier complicato e delicato. Il software svolge un ruolo importante in numerose industrie e costituisce una forma fondamentale di creazione e di espressione, oltre ad essere un settore ingegneristico specializzato e un'attività umana che conta più di dieci milioni di progettisti professionisti nel mondo e decine di milioni di persone che sviluppano software. I progettisti di software indipendenti e le piccole società svolgono un ruolo fondamentale ai fini dell'innovazione nel settore, soprattutto in Europa. L'Europa è all'avanguardia per la cultura informatica: il 71% di sviluppatori di software libero lavora in Europa e solo il 13% in America. I brevetti, quindi, non devono consentire la monopolizzazione degli strumenti di espressione, creazione, diffusione e scambio di informazioni e conoscenze, né frenare lo sviluppo della ricerca e della conoscenza. Si tratta di poter garantire che la ricerca e l'innovazione continuino a essere libere e stimolare una crescita economica basata sulla conoscenza, evitando monopoli di produzione e commercio di prodotti che utilizzano il software. È quindi necessario che la proposta della Commissione venga modificata e migliorata su alcuni punti fondamentali, affinché vi sia una chiara e severa limitazione delle condizioni di brevettabilità. L'oratrice è infine preoccupata della possibilità che la proposta oggetto della riflessione non possa essere sostenuta, qualora gli emendamenti presentati in Aula non fossero approvati.
Il commissario Frits BOLKESTEIN ha dichiarato che l'esecutivo accoglie con favore la relazione e in generale gli emendamenti che ne fanno parte. Due di essi meritano peraltro un'attenzione specifica. L'emendamento 20 prevede l'inserimento di un nuovo art. 6a sull'interoperabilità. Un 'analisi attenta evidenzia come esso potrebbe svuotare alcuni brevetti del loro valore e renderli inservibili, il che porrebbe l'Unione in difficoltà di fronte ai suoi impegni internazionali nel quadro dell'Accordo TRIPS. Un compromesso accettabile potrebbe venire dall'art. 76, che evoca il suddetto Accordo. Anche l'emendamento 18, che aggiunge un nuovo paragrafo all'art. 5, merita attenzione: il commissario ritiene che esso aprirebbe la porta alla brevettabilità dei programmi software in quanto tali. Sarebbe quindi opportuna una formulazione più cauta.
Al contrario, molti emendamenti non possono essere accettati. Essi hanno in comune il fatto di stabilire un regime speciale per le invenzioni su computer. In realtà chi esamina un brevetto valuta la novità dell'invenzione in quanto tale, senza riferimento al tipo di tecnologia, così come stabilisce il diritto internazionale e in particolare l'Accordo TRIPS. Secondo il commissario, altri emendamenti comportano problemi minori. Riguardo al rapporto sul funzionamento della direttiva, l'esecutivo non può accettare soluzioni arbitrarie, tenuto conto delle risorse limitate di cui dispone. La proposta oppone un ostacolo alla brevettabilità indiscriminata di ogni invenzione. L'invenzione deve garantire un contributo non banale l'invenzione effettivamente innovativa otterrà la protezione che merita. Inoltre il brevetto copre non solo elementi di un programma che risolve un problema tecnico, ma l'intera soluzione del problema. Dal punto di vista dell'utente, nulla che non lo sia già diverrà brevettabile. Anche me PMI che producono software saranno tutelate.
In chiusura del dibattito, la relatrice Arlene McCARTHY (PSE, UK) ha affermato che in dieci anni di permanenza al Parlamento non si è mai scontrata con una campagna lobbystica così decisa e personale. Alla luce di tutto ciò, ha auspicato che il voto si svolga nel massimo ordine affinché i deputati possano svolgere appieno il loro ruolo di membri di un'istituzione legislativa.
24 settembre 2003
Brevettabilità di invenzioni attuate tramite computer
Arlene McCARTHY (PSE, UK)
Relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici
Doc.: A5-0238/2003
Procedura: Codecisione, prima lettura
Dibattito: 23.09.2003
Votazione: 24.09.2003
L'attuale pratica dell'Ufficio europeo dei brevetti, che consiste nel concedere brevetti per le invenzioni attuate per mezzo di computer, dovrebbe essere legalizzata? I deputati ritengono di si, ma con una serie di emendamenti alla proposta della Commissione hanno voluto inquadrare fermamente la possibilità di brevettare tali invenzioni, in modo da non spingersi verso la brevettabilità del software. La relazione di Arlene McCARTHY(PSE, UK) è stata approvata con 361 voti favorevoli, 157 contrari e 28 astensioni.
Secondo la Commissione e la relatrice, si tratta di stabilire un quadro giuridico per la concessione di brevetti per invenzioni attuate tramite computer, cioè per l'apporto tecnico, mentre il software, in quanto creazione dell'ingegno, è protetto dal diritto d'autore. Simili brevetti sono già concessi dall'Ufficio europeo e dagli uffici nazionali. La direttiva è quindi necessaria ai fini della certezza giuridica: bisogna precisare ciò che è brevettabile e ciò che non lo è, in modo da limitare il campo di brevettabilità, al contrario di quanto avviene negli Stati Uniti o in Giappone. Per coloro che si oppongono alla direttiva, tuttavia, il testo apre la strada alla brevettabilità di programmi informatici, poiché è difficile dare una definizione precisa di «software puro» (ovvero programmi per computer che permettono di trovare una soluzione tecnica a particolari problemi tecnici).
Primo obiettivo dei deputati è quello di chiarire il testo della Commissione, perché se lo scopo è quello della certezza giuridica servono definizioni precise. L'«invenzione attuata per mezzo di elaboratori elettronici» è quindi definita ai sensi della Convenzione per il brevetto europeo: un'invenzione «la cui esecuzione implica l'uso di un elaboratore, di una rete di elaboratori o di un altro apparecchio programmabile che presenta nelle sua applicazioni una o più caratteristiche non tecniche che sono realizzate in tutto o in parte per mezzo di uno o più programmi per elaboratore, oltre al contributo tecnico che ogni invenzione deve arrecare». L'articolo 52 della Convenzione prevede infatti che il software in quanto tale non sia brevettabile.
I deputati hanno inoltre ricordato che la natura tecnica del contributo costituisce uno dei quattro requisiti della brevettabilità. Per poter ricevere un brevetto, inoltre, il contributo tecnico deve presentare un carattere di novità, essere non ovvio ed atto ad una applicazione industriale. L'Aula ha poi precisato il significato di contributo tecnico riprendendo la tradizione distinzione tra impiego delle forze della natura e creazione dell'ingegno, che serve a distinguere l'ambito dei brevetti da quello del diritto d'autore. L'impiego delle forze della natura per controllare gli effetti fisici al di là della rappresentazione digitale delle informazioni rientra in un settore tecnico, affermano i deputati. Essi insistono sul fatto che un'invenzione attuata tramite computer non deve essere considerata come «arrecante un contributo tecnico» solo perché implica l'uso di un elaboratore. Non sono quindi brevettabili le invenzioni implicanti programmi per elaboratori che applicano metodi per attività commerciali, metodi matematici o di altro tipo e non producono alcun effetto tecnico. Il brevetto deve quindi coprire solo il contributo tecnico e non il programma per elaboratore utilizzato nell'ambito dell'invenzione. Se il programma è utilizzato per scopi che non appartengono all'oggetto del brevetto, tale utilizzo non può essere considerato come una contraffazione.
L'interoperabilità rappresenta un'altra preoccupazione. I deputati ritengono che se l'uso di una tecnica brevettata sia necessario per consentire la comunicazione e lo scambio dei dati tra due diversi sistemi o reti informatiche, tale uso non deve essere considerato come una violazione di brevetto. I deputati hanno infine insistito sul fatto che, per essere brevettabile, un'invenzione attuata tramite computer deve avere un'applicazione industriale. Al fine di proteggere gli investitori, spesso PMI di recente costituzione, è stato infine previsto un «periodo di dilazione» che lascia all'investitore il tempo di verificare l'interesse di mercato per la sua invenzione, senza che possa esserne privato.
Per ulteriori informazioni:
Armelle Douaud
(Strasburgo) Tel.(33) 3 881 74779
(Bruxelles) Tel.(32-2) 28 43806
e-mail : deve-press@europarl.eu.int
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