Rodotà e le regole di Internet

Il Garante prepara un Codice che dovrebbe proteggere l'afflato libertario e le promesse di Internet. Ognuno è naturalmente libero di sperarci
30 settembre 2003
Paolo De Andreis

Roma - Rodotà ha ragione, quasi sempre, quando si parla di Internet, perché è uno che ha visto lungo e che già anni fa preconizzava evoluzioni dei servizi digitali che sfuggivano a molti. E da lui non ci si può aspettare altro che un nuovo vigoroso richiamo a quello che da sempre ritiene necessario: un "Codice di condotta" per Internet, perché alcune (poche) regole giuste possano prevenire l'assalto ad Internet da parte di un mercato sempre più volgare.

Qualche giorno fa il nostro Garante per la privacy ha ricordato a tutti, ammonendoli, che entro i primi mesi dell'anno prossimo il suo ufficio come previsto renderà pubblico quel Codice. Ci si blinderà dietro a questa piccola grande muraglia di diritti e interpretazioni per tentare di impedire che le regole di Internet siano invece dettate, come dice Rodotà, dal mercato, dalla grande impresa o dalla censura.

Ma perché il Garante ha parlato di tutto questo proprio ora? Perché la scorsa settimana MSN ha annunciato la chiusura delle proprie chat, una decisione che ha suscitato un vespaio di polemiche ma che secondo Rodotà va compresa. Microsoft, ha affermato il Garante, in fondo intende "restituire Internet alle sue funzioni classiche" ma il modo prescelto, giusto o sbagliato che sia, "inizia a produrre la preoccupazione di forme di censura. La rete, che era stata concepita come spazio di indeterminata e infinita libertà, si trova di fronte improvvisamente a un suo limite".

Rodotà non ce l'ha certo con Microsoft ma con quelli che da sempre sostengono che regole non ve ne debbano essere, quando invece un insieme di regole minime gli appare indispensabile. Nel mio piccolo, io rimango contrario.

A sentir parlare di regole per Internet, infatti, ho sempre tremato. E credo di averne avuto ben donde, visto che di normative in questi anni ne son già state fatte tante, e non dal mercato ma proprio dal nostro Parlamento. Tra queste anche malfatte norme antipedofilia o, peggio, claudicanti leggi sull'editoria, per citarne alcune. Testi sbilenchi figli perlopiù di una sostanziale ignoranza delle cose della Rete che non accenna a risolversi. Ma se anche Rodotà avesse ragione, e se questa volta sarà diverso, è bene ricordargli che non c'è alcunché di improvviso nell'esigenza di un cambiamento: sono anni che le speranze di vero sviluppo legate ad Internet vengono prese a mazzate.

Anche per questo ho pochi mezzi per interpretare l'ultimo annuncio del ministro all'Innovazione Lucio Stanca. Ieri ha affermato di voler "promuovere il Codice della Società della Informazione per riordinare in modo organico le principali norme sull’uso delle Tecnologie della Informazione e della Comunicazione nel settore pubblico e nel privato: avremo la possibilità di stabilire in modo chiaro ed in una cornice legislativa unitaria le finalità e i campi di applicazione; i soggetti coinvolti e i relativi compiti; le modalità di programmazione e le attività di monitoraggio, dando a tutta l’innovazione tecnologica un quadro di riferimento strutturato, unitario e centrale". È un'affermazione piena di preconcetti, come quello secondo cui "Società della Informazione" e "Innovazione" siano sinonimi o che ogni "soggetto coinvolto" debba avere dei "compiti". Si vogliono consolidare concetti lasciandosi alle spalle un po' troppe sfumature. La logica dell'efficienza e dello Stato sposa molta parte della natura umana ma davvero non la coglie nella sua interezza.

L'esperienza, dunque, ci insegna a diffidare delle regole e delle norme e ci spinge invece a batterci perché certi affronti alla dignità di noi tutti si esauriscano al più presto. Detto ciò, è certamente preferibile e auspicabile che, se regole si fanno, queste siano prodotte da una mente lucida che mastica la materia. Che quel Codice o altre norme possano costituire davvero una pur indispensabile grande muraglia è invece una speranza che sono incapace di far mia.

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