È ora di dirlo: basta coi portali
Il web è attivo da 12 anni almeno e nel tempo anche le regioni italiane hanno imparato a usarlo come servizio e comunicazione ai cittadini. Ma un giro per i siti www regionali è piuttosto deludente. Forse perché tutti hanno dovuto imparare facendo, forse perché non erano chiari agli inizi gli obbiettivi da raggiungere, ma insomma molto di meglio si potrebbe fare.
La prima cosa che colpisce è la scelta quasi unanime di una struttura a portale. Questo termine infelice, assai di moda nei secondi anni '90 vuole indicare un sito web che offre una pluralità di servizi e di informazioni utili, in forma di link, sia verso l'interno del sito che, eventualmente verso altri luoghi della rete. Sono portali, per esempio, Yahoo!, Msn di Microsoft, libero.it, o kataweb.it dove si accumulano decine e spesso centinaia di voci, tutte lì a scalpitare per farsi notare per prime. Talora in maniera ordinata, spesso in maniera confusa. La difficoltà è intrinseca: l'idea dei progettisti è di far capire ai visitatori che lì c'è letteralmente di tutto, tutto quanto può loro servire e tutto raggiungibile con un clic. Il risultato, quasi inevitabilmente, è una sensazione di abbondanza eccessiva, un imbarazzo nella scelta e, prima ancora una vera difficoltà a trovare quello che si va cercando e ad orientarsi.
Delle venti regione italiane, almeno 18 hanno una Home Page di questo tipo; fanno eccezione, una felice eccezione, solo l'Umbria e la Toscana, che si presentano con una pagina iniziale compatta (sta in una sola videata), da cui si diramano diverse aree tematiche. Nel caso della Toscana sono dei veri e propri siti separati, con concezioni e stili comunicativi anche assai differenti. Alcune soluzioni sono geniali e allegre, altre così così e certamente non ne emerge un'immagine del tutto coerente.
Anche qui c'è una difficoltà oggettiva: le regioni (ma anche i comuni o le province) hanno per loro natura una pluralità di interlocutori (i teorici della relazioni pubbliche parlano volentieri di stakeholder) e di pubblici: cittadini generici, sindacati, aziende, associazioni, altri enti locali, e poi, dall'esterno: turisti, investitori potenziali, semplici curiosi. Tutti questi devono venire «serviti» attraverso un sito unico (un unico indirizzo web, come potrebbe essere www.regione.piemonte.it), ma sono insieme diversi e intrecciati.
Un trucco sensato che alcuni siti adottano (per esempio la Liguria) è di prendere per mano il visitatore, secondo il suo profilo o, meglio ancora, secondo gli «eventi della vita» per i quali cerca informazioni: abitare, studiare, aprire un'attività eccetera. Ma questi percorsi suggeriti, mentre indirizzano insieme irrigidiscono, ecco un altro problema non banale di architettura delle informazioni. Quasi tutti poi hanno dei propri motore di ricerca, ma di solito inefficienti perché non riescono a dare delle risposte ordinate per importanza.
Essendo assai comprese nel proprio ruolo, poi, molte regioni mettono in primo piano le informazioni istituzionali (il «Chi Siamo»), il che sarà forse doveroso e gratificante per gli assessori, ma purtroppo queste di solito sono le ultime informazioni che i cittadini vanno cercando. Capita dunque che diversi siti siano modellati più sulla struttura formale dell'istituzione che sui problemi e le mappe mentali dei cittadini, un tipico errore cognitivo.
In generale, tuttavia, due funzioni i siti delle regioni li offrono: un decente livello di trasparenza sulle decisioni (si può fare di più, ma comincia a essercene abbastanza) e dei servizi di informazione strutturata e persino di servizi interattivi per «fare le pratiche».
E' sufficiente? Dieci anni fa non sarebbe stato nemmeno immaginabile e dunque è un buon progresso, ma il mondo digitale continua a evolvere e altro occorre imagginare. E questo altro sta sotto due parole chiave: narrazionee partecipazione. Entrambe ci dicono che l'informazione organizzata, dall'alto verso il basso è solo la parte doverosa e scontata della comunicazione, ma che il bello viene dopo e che il web sta evolvendo verso l'idea di conversazione. Ossia? Verso un linguaggio sciolto e parlato, che non emette solo comunicati stampa, ma che racconta e si racconta e raccontandosi intreccia dialoghi, anche informali, cioè ascolta e si apre.
Il che non vuol dire frivoleggiare, ma si provi a consultare i siti in questione: anche quelli che più precisamente informano, al massimo lo fanno sull'attività amministrativa e gestionale, e pochissimo sulle politiche. Le quali invece, per chi creda al loro valore alto, di progetto, devono appunto essere esposte apertamente, anche correndo il rischio della incompiutezza, dell'essere in progress, persino della empirica provvisorietà. Prima delle delibere insomma vengono i problemi e le idee di soluzione.
Prima dei piani urbanistici viene l'immagine che una comunità costruisce di se stessa e del proprio futuro. L'esempio migliore in questa direzione viene dal limpido e rinnovato sito della Sardegna che il presidente Renato Soru, venendo dalle attività Internet ha seguito con puntiglio.
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