Italia analfabeta informatica due su tre non sanno usare il Pc
ROMA - L'Italia è un paese di analfabeti informatici, esporta meno di altri partner europei perché i suoi prodotti non sono tecnologicamente competitivi, non spende abbastanza per adeguarsi ai parametri informatici dei Paesi più avanzati. Insomma, per usare le parole che ha usato il ministro per l'Innovazione Lucio Stanca, il livello di penetrazione delle nuove tecnologie nel sistema italiano "appare storicamente inferiore agli altri Paesi europei".
Stanca ha presentato il primo Rapporto su innovazione e tecnologie digitali in Italia, realizzato dall'Ufficio studi del ministero. Un documento articolato che offre un panorama di luci e ombre, ma che dice in maniera inequivocabile che nel 2002, dopo anni di crescita sostenuta, la domanda aggregata di informatica e tlc si è contratta: gli italiani non si stanno mantenendo al passo con i tempi.
Basti un dato: due terzi della popolazione soffre di "analfabetismo informatico". Una situazione insostenibile, secondo il ministro, che va affrontata al più presto, perché "non possiamo rimanere indietro rispetto agli altri Paesi europei". "In questo campo abbiamo accumulato - ha affermato Stanca - un forte ritardo. Il rapporto tra alfabetizzati e analfabeti informatici, negli altri Paesi europei, è inverso rispetto al nostro".
Perché, si è poi chiesto Stanca, "non usiamo di meno il telefonino, che pure è fondamentale per la vita di tutti i giorni ma di cui siamo un po' schiavi, e di più il personal computer?".
In particolare, ha aggiunto il ministro, vanno coinvolte nella rivoluzione digitale le categorie più svantaggiate, come gli anziani e i disabili. Ma in generale è tutta la popolazione che deve acquistare maggiore confidenza con le nuove tecnologie, e a questo proposito Stanca ha ricordato le misure presenti in Finanziaria (dagli incentivi per la banda larga al bonus per gli studenti), concludendo che "se avessimo più risorse faremmo ancora di più".
Stando al rapporto, l'Italia, tra il 1992 e il 2001, si è piazzata nelle ultime posizioni sia per la spesa informatica (2,02% rispetto al Pil) che per quella in tlc (2,24% rispetto al Pil). In totale, la spesa per è stata del 4,26% sul Pil, una quota che colloca l'Italia al terzultimo posto, davanti solo a Spagna e Grecia.
Una situazione che non giova non solo in termini di innovazione generale, ma anche e soprattutto di produttività del lavoro. Cioè, meno si spende per l'innovazione informatica, meno si produce. Basti pensare che in Italia tra il 1992 e il 2001 la produttività del lavoro è cresciuta dell'1,67% per addetto e del 2,28% su base oraria. Numeri che ancora una volta ci condannano agli ultimi posti in Europa, dove la media è del 2,10% per addetto e del 3,59% su base oraria.
Ma negli anni tra il '92 e il 2001 l'Italia è andata avanti al rallentatore, ma comunque è andata avanti. Invece nel 2002, complici l'11 settembre e la crisi della new economy, si è registrata una contrazione dello 0,5% della domanda aggregata di informatica e tlc, dopo anni di crescita sostenuta. L'anno scorso la spesa è stata pari a 60.206 milioni di euro, contro i 60.503 dell'anno precedente. Nel 2001, invece, la crescita era stata dell'8,3% e nel 2000 addirittura del 12,8%.
Una debolezza che si fa ancora più evidente se si pensa che le imprese Ict operanti in Italia sono sostanzialmente di piccole dimensioni, una caratteristica "che continua ad avere effetti negativi sulla capacità di investimento e di ricerca e sviluppo delle imprese del settore e sulla loro capacità finanziaria".
"La debolezza dell'economia italiana si è accentuata con l'allargamento dei mercati esteri e con la conseguente intensità della competizione dei costi", ha detto ancora Stanca presentando il rapporto. "Tra il 1997 e il 2002 - avverte il ministro - a fronte di una crescita degli scambi internazionali del 28%, le esportazioni italiane sono aumentate del 16% contro il 31% di Francia e Germania". Secondo Stanca "sono ancora troppo pochi i nostri prodotti e i servizi tecnologicamente avanzati".
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