L'innovazione è ipertecnologica? A volte può essere soltanto una stufa

La rivista del Mit premia gli «under 35» che hanno lasciato il segno. Ma accanto all'ideatore di del.icio.us c'è una ragazza che vuol cambiare la vita delle donne del Darfur, vittime di violenza quando vanno a far legna
21 settembre 2006
Patrizia Cortellessa
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

La  «Technology Review», rivista del Mit (Massachussets Institute of Technology), la più importante università high tech del mondo, hanno selezionato anche quest'anno (come avviene ormai dal '99) i trentacinque migliori «innovatori» del 2006. I ricercatori statunitensi sono i più numerosi nella Tg35, questa lista di innovatori di successo under 35, ma troviamo giovani provenienti un po' da tutte le parti del mondo, molti dei quali stanno sviluppando tecnologie che rifuggono da facili classificazioni, mettendo insieme i progressi nei campi informatico, della medicina, della nanotecnologia.
Il lavoro di questi giovani rappresenta il presente ma soprattutto il futuro della ricerca scientifica e tecnologica. Idee, genialità, intuizioni portate a compimento. In testa alla lista Joshua Shachter, 32 anni, padre fondatore di Del.icio.us, popolare sito web, capostipite dei servizi di social bookmarking su internet, che permette ai suoi utenti di scambiarsi links ai siti preferiti. E non solo. La particolarità di questo software è quella dell'estrema facilità con cui permette di aggiungere siti di specifico interesse nella personale collezione. Si possono così organizzare i link utilizzando parole chiave (tag) condividendo la collezione non solo tra l'utilizzatore e il proprio browser ma anche con altri utenti. E deve essere proprio una bella pensata quella del giovane Shachter se il software è entrato a far parte della scuderia Yahoo, che lo ha acquistato un anno fa infilando il secondo colpaccio, visto il precedente acquisto di Flichr, un sito web utilizzato per la condivisione on line di fotografie e basato sul principio della comunità in rete. E' proprio il principio della condivisione, la creazione cioè di un sito di memoria-condivisa, l'idea-base su cui si è mosso il giovane «innovatore» per dar vita alla suo progetto, stando alle dichiarazioni di intenti dello stesso Shachter.
Ma chi pensa che sia solo il settore informatico (internet e consorelle) la punta di diamante della Top35 si sbaglia di grosso. Al secondo posto infatti, selezionata come «Humanitarian of the year 2006», troviamo Christina Galitsky, 33 anni. La sua ricerca mette a fuoco progetti sostenibili nei paesi in via di sviluppo partendo - ad esempio - dalla rimozione della quantità di arsenico presente nelle acque potabili del Bangladesh al problema del combustibile in Darfur, nel Sudan. Un'altra sua ricerca include invece la valutazioni delle occasioni per ridurre l'emissione di gas serra di molti settori industriali. Ma la Galitsky ha a cuore soprattutto il problema dei poveri del pianeta. E così, dopo essere venuta a contatto con Ashok Gadgil, uno scienziato che lavora al Lawrence Berkeley National Laboratory, in California, e aver scoperto di condividere gli stessi interessi, hanno iniziato a lavorare insieme. I loro sguardi si sono incentrati e incontrati soprattutto verso le difficili situazioni in Darfur e in Bangladesh. Per quanto riguarda il Darfur dire che la situazione è tremenda è sotto gli occhi di tutti. Circa 1.6 milioni di cittadini di questa regione sudanese, cacciati dalla guerra civile, vivono in accampamenti di rifugiati. Per fortuna sono presenti alcune ong, che assistono la popolazione locale. Ma i problemi di sopravvivenza sono tanti. Diviene un problema il mangiare, l'allontanarsi dal campo per raccogliere legna, quindi soprattutto il cucinare. Per cercare la legna da ardere le donne vagano per ore e ore ben fuori dagli accampamenti, d'emergenza ma «sicuri», e questo loro vagare le espone - come riferiscono gli osservatori internazionali che ne hanno certificato l'accentuazione dei casi - a violenze da parte dei gruppi nomadi. Tra le tante soluzioni possibili per la loro sicurezza, le ong hanno suggerito, ad esempio, strumenti di cottura che riducano l'esigenza di legna da ardere. Tante idee buttate sul piatto da esperti, dai forni d'argilla ai fornelli solari, ma nessun piano studiato nei particolari. E allora non resta che andare a verificare la situazione in loco. Christina e Gadgil si recano in Darfur a raccogliere dati e a parlare con i rifugiati sudanesi, soprattutto con le donne, circa le difficoltà incontrate nella loro vita quotidiana. Portando con loro più che l'idea del fatto la pratica della dimostrazione. Se il problema è quello del mangiare, cioè del cucinare consumando meno legna, cosa c'è di meglio di un tipo di stufa particolare, adattata alle loro esigenze (pali per assicurarne la stabilità, «parabrezza» per difendersi dalle forti folate di vento). E dopo il primo viaggio in Darfur del 2005, con le donne che rimanevano impressionate dalla velocità di cottura e dalla poca legna utilizzata, l'obiettivo era da realizzare in tempi brevi. Assicurandosi che queste stufe possano essere prodotte in tempi rapidi ma, soprattutto, in economia. E' qualcosa di più di un progetto in corso. Magari una stufa sarà solo una goccia nell'oceano di problemi dei rifugiati sudanesi, ma sicuramente renderà la loro vita quotidiana un po' più semplice. Per quanto riguarda i tempi, i ricercatori del Berkeley sperano di produrne 300.000 entro il prossimo anno.

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