Vivere senza Office
Il mondo degli uffici è dominato da un unico marchio egemone. Si chiama Microsoft Office ed è un insieme di programmi (una suite) per svolgere in un ambiente unico e coerente tutte le principali attività di un'organizzazione: scrivere dei documenti, fare delle elaborazioni numeriche in una tabella elettronica, gestire un database (un archivio), preparare delle presentazioni a diapositive da proiettare in convegni e riunioni. Come molti sanno quei programmi, impacchettati in Office, si chiamano Word, Excel, Access, Power Point. La forza di Office dipende anche dal fatto che, essendo così diffuso, nel tempo si è generato un tipico effetto rete: se le altre persone con cui interagisco usano quei formati, anch'io, per comodità, finirò per usarli, assicurandomi una piena e immediata compatibilità.
Così è andato il mondo del software fino a poco tempo fa. Ma le leggi della concorrenza dicono che là dove ci siano alti profitti, prima o poi accorrono altri competitori, che cercheranno di entrare in quel segmento. E proprio questo sta succedendo. Microsoft lo fece a suo tempo, scalzando dal mercato altri prodotti che già c'erano, come Lotus 1-2-3, dbase, WordPerfect (a proposito, al manifesto non c'è solo Valentino Parlato che usa con la macchina da scrivere, ma anche un redattore che continua pervicacemente e usare il sistema operativo Dos e Wordperfect, appunto).
La prima incursione in casa Office è stata quella di un'altra suite da ufficio, chiamata OpenOffice, dove l'aggettivo open, vuol segnalare appunto che si tratta di un software aperto e non proprietario, liberamente scaricabile dagli utenti. Inizialmente si trattava di una versione assai rudimentale, lenta e meno efficiente, ma nel tempo le cose sono migliorate, anche grazie all'appoggio non disinteressato ricevuto da una casa rivale di Microsoft, la Sun Microsystems. Con questo software chi non abbia esigenze troppo alte può già oggi fare a meno di Office sul suo computer. Lo stanno facendo in tanti, per esempio in ambito scolastico e anche nella pubblica amministrazione, anche per motivi di costi. Fin qua, tuttavia, si tratta soltanto di un prodotto concorrente, un po' inferiore, ma più economico, all'interno delle stesse modalità d'uso.
Le cose sono cambiate, e di molto, con la comparsa, da due anni a questa in qua, di software analoghi, ma in rete. Attenzione: non pacchetti da scaricare, ma siti su cui entrare e lì scrivere, per esempio, un proprio documento. In questo caso non c'è bisogno di avere Word sul proprio Pc, ma semplicemente si va sul sito di uno di questi servizi web e, usando un programma che risiede lontano, magari in un server svedese o californiano, si opera direttamente. I siti che offrono simili prestazioni sono ormai parecchi: Writely (di Google), ThinkFree, Zoho Writer, Writeboard,
Rallypoint, JotSpot Live. Lo stesso avviene per le tabelle elettroniche: anziché comprare e mettere sul Pc Excel di Microsoft, si ricorre a JotSpot Tracker, Numsum, iRows, Zoho Street. Per esempio questo articolo è stato scritto con Writely ed è leggibile da tutti all'indirizzo http://www.writely.com/View.aspx?docid=df93nrzt_0dxvd7h. Esso peraltro è modificabile dagli amici che l'autore ha invitato, per averne la collaborazione.
Sono le prime applicazioni pratiche di una filosofia che prende il nome di Software on demand, di Web Services, o ancora, più metaforicamente, Software dal rubinetto. In quest'ultima versione si tratterebbe di usare la rete come un acquedotto, e di pagare a consumo le prestazioni di computer lontani. In realtà molti di questi programmi sono gratuiti e chi li offre si rifà con le inserzioni pubblicitarie.
Questo fenomeno è figlio della tecnologia e della politica. Della tecnologia nel senso che per poter funzionare occorre un collegamento a banda larga, perché le interazioni con il computer lontano siano veloci come quelle con il proprio Pc. E' stato necessario anche che i programmatori inventassero uno speciale linguaggio (chiamiamolo così) detto Ajax, grazie al quale le pagine web diventassero anche scrivibili. Ma insieme a queste tecniche, da dieci anni a questa parte, si è sviluppata anche una cultura di rete collaborativa, talora persino ispirata alla gratuità. La miscela di queste due novità ha fatto divampare l'enorme quantità di siti e servizi che vanno ormai sotto il nome di Web 2.0, ovvero il web della seconda ondata. Un'ampia collezione di queste strane creature dai nomi stravaganti si può vedere in un apposito sito-catalogo, www.go2web20.net.
Ma come reagisce Microsoft a questa «aggressione»? Facendo saggiamente buon viso alle novità e cercando di farle convivere con il proprio modello. In sostanza si prepara anch'essa a offrire software di rete, per esempio il suo programma di scrittura di base, chiamato Works, e cercando di immaginare un mix tra il nuovo Office e alcuni servizi supplementari nel suo sito Office Live, ufficio vivo, un progetto tuttora in sviluppo all'indirizzo http://officelive.microsoft.com.
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