Gli indios mapuche contro Microsoft
Si può attribuire la proprietà di una lingua a qualcuno? La questione è stata sollevata in questi giorni in Cile dagli indios mapuche decisi a portare in tribunale il gigante del software Microsoft, accusato di «pirateria intellettuale» per avere tradotto Windows in versione mapudungun, appunto il loro idioma.
La polemica è iniziata a ottobre, quando la compagnia di Bill Gates ha proposto sul mercato cileno il suo pacchetto Windows mapudungun, la lingua parlata da circa 400.000 mapuche cileni, che vivono principalmente nel sud del paese. Il prodotto era stato lanciato a Los Sauces, un villaggio della regione Araucanía, ed era stato presentato dalla casa di Redmond come un magnanimo tentativo per aiutare i mapuche ad «abbracciare» l'era digitale. Il software in mapudungun, avevano promesso dal colosso informatico: «aprirà un finestra al resto del mondo perché possa avere accesso alla ricchezza della cultura di questo popolo indigeno». Il «popolo della terra», tra cui si annovera il calciatore Marcelo Salas matador della Lazio e poi della Juventus, però non ci sta e accusa la società statunitense di violare la eredità culturale e collettiva dei mapuche senza neanche chiedere il permesso.
«Ci sentiamo ignorati dall'accordo stabilito tra Microsoft e il Ministero dell'educazione del Cile che nemmeno ci hanno consultato» ha detto Aucan Huilcaman, portavoce del consiglio «Todas las Tierras», organizzazione per i diritti del popolo mapuche, per poi aggiungere che il governo cileno, che ha appoggiato il progetto, dovrà concentrarsi affinché il mapudungun diventi lingua ufficiale del paese, più dello spagnolo, altrimenti «questa lingua rischia di avere lo stesso destino del latino, si parlerà solo nelle università». La questione, è evidente, ha ragioni antiche e tracima dall'ambito esclusivamente informatico. Da parte sua Microsoft, che ha già tradotto il pacchetto Windows in una decina di lingue indigene - tra cui il mohawk, il quechua o l'inuktitut - non intende commentare la vicenda almeno fino alla sua risoluzione legale.
I mapuche intanto hanno già portato il caso davanti alla corte della città di Temuco, ma il giudice locale ha dichiarato la procedura inammissibile e ha spedito gli incartamenti a Santiago, dove un altro magistrato deciderà se Microsoft dovrà rispondere davanti alla giustizia. Altrimenti, «porteremo il caso alla Corte suprema, e se non sarà fatta giustizia a livello nazionale, siamo pronti ad andare alla Commissione interamericana dei diritti umani», ha fatto sapere Lautaro Loncón, un attivista mapuche della Rete indigena, che riunisce vari gruppi etnici cileni.
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