Video shock. In Rete non c'è solo violenza
E per fortuna che c'è l'Internet con le sue connessioni veloci e con i servizi web che permettono a tutti di dire la propria con parole e immagini, e a tutti di sapere e vedere, il pessimo e il bellissimo di questo mondo. Sia lecito dunque rifiutare il conformismo che ci viene rovesciato addosso da media e politici che si levano in piedi con un moto ipocrita di indignazione quando un filmato su Google mette davanti ai loro occhi quanto tutti sanno benissimo.
Lo sanno loro, lo sanno i genitori dei ragazzi, lo sanno i giornalisti. Poi di colpo accusano i loro figli anziché se stessi. Si scandalizzano molto anche quando un'industria «creativa», una di quella che «l'unica etica d'impresa è creare valore per gli azionisti», senza lacci né regole che non siano la protezione del copyright, mette in vendita videogiochi violenti e sadici. I quali peraltro sono perfettamente adeguati all'educazione manageriale e liberista che gli stessi professori e commentatori ogni giorno vorrebbero impartire ai popoli del mondo.
A tutti loro, ai ministri dei giovani e dello sport, agli psicologi tuttologi, si consiglia fortemente un'ora di navigazione al giorno in rete, corso di educazione per adulti, sì che conoscano il mondo. La facciano a caso, un link via l'altro: vadano su YouTube.com, inseriscano una parola chiave a caso, per esempio school, per esempio peace, per esempio war, e seguano le suggestioni. Troveranno una moltitudine di idee in forma di video, ingenue, entusiasmanti, respingenti. È come un bagno antropologico nel mondo.
Una ricerca segnala che le pagine pornografiche in rete sono solo una su cento, e allo stesso modo si scoprirà che dalle scuole non vengono solo seggiole spaccate e professori umiliati, ma anche tenerissime storie, oltre a tutto girate e montate benissimo, di vite normali e allegre, e che una banale gita scolastica, fatta solo di foto cellulari sfumate e accostate, ma accompagnata da musiche adatte, può dire molto di questi sedicenni di oggi (la si trova battendo «Classe IV O»), così come l'ultimo giorno di liceo della III D, girato da Prisca Amoroso, la stessa diciottenne di Lanciano che come pri_angel182 organizza degli Street Team per la sua band preferita (e chi non sapesse di che si tratta, per favore si faccia un giro sull'enciclopedia online Wikipedia).
In breve è successo questo: che per il costo di poche pizze, milioni di persone hanno oggi la possibilità di dire la loro, e di dirla in pubblico, a tutto il mondo. È una tecnologia abilitante e senza barriere. Il pestaggio di Rodney King da parte della polizia di Los Angeles, il 3 marzo 1991, venne filmato per caso e passato a una tv locale.
Questa volta c'è YouTube, il cui motto è «broadcast yourself», trasmetti tu stesso. Insomma in rete c'è tutto, c'è autoproduzione, remix, copiatura. Squarci di vita vera e di vita trasfigurata, simbologie terribili e affascinanti. Come nei romanzi, al cinema e nelle favole che tanto terrorizzano e tanto piacciono, suscitando e rimuovendo arcaiche paure di quanto eravamo nudi per la savana. La differenza è che non si aspetta che uno scrittore o un regista pulp ce lo riversino addosso, ma che bellezza e pornografia, violenza e amore vengono prodotti in proprio e «pubblicati». È specchio di ciò che siamo, o che vorremmo essere, o che abbiamo paura di essere. Se lo fanno le industrie è business, se lo fanno i giovani è scandalo. La vita e il mondo sono spesso terribili. È bene che si sappia, è bene che si veda.
Quel lother89, il diciassettenne autore di uno dei filmini scolastici sotto accusa, è lo stesso che ne produsse un altro e chiedendo una pizza «con una bella falce e martello» a una festa della Lega: una pura performance che finiva spiegando al pizzaiolo che semmai è lui, vista l'età, che ce l'ha più duro. Se ne va beffardo, missione filmica compiuta e pubblicata, ma ieri pomeriggio rimossa dalla rete, come tutti gli altri suoi video, sull'onda delle polemiche. Lother89 si è ritirato, ma l'infelicità dei giovani non è una scoperta di oggi, per chi ricordi le parole dello scrittore francese Paul Nizan: «Avevo vent'anni. Non lascerò che alcuno dica che questa è la più bella età della vita» (Aden Arabia, 1931).
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