La «rivoluzione» senza fili e aperta, ultime e non definitive

L'universalità degli accessi a tutti i contenuti è il cuore di questa nuova immensa rete. La nota dell'Economist e la minaccia insita per i titolari dei business precedenti, storia che assomiglia ai primi '70
3 maggio 2007
Agostino Giustiniani
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

Una settimana fa questo giornale si è occupato delle reti di comunicazione M2M, «da macchina a macchina», la cosiddetta «Internet delle cose» (vedi http://chipsandsalsa.wordpress.com).
A conferma che il tema è caldo, ecco ora un ricchissimo dossier dell'inglese Economist, dedicato alla «Rivoluzione senza fili in arrivo». Vi sono presentate con chiarezza tutte le tecnologie già disponibili per andare «oltre il cellulare», inteso come apparato che finora convoglia soprattutto la voce e Sms. Sono anche descritte le molte possibili applicazioni: dalle assicurazioni dell'auto calibrate sui chilometri percorsi, alle etichette digitali che rivelano tutto di un prodotto, dagli oggetti di casa che parlano tra di loro, ai campi di battaglia disseminati di microscopici sensori. L'idea più sciocca di tutte è quella di inserire in microchip sottocutaneo in ogni immigrato, sì da poterne monitorare attività e spostamenti. Teoricamente gli usi sono infiniti, ma quali poi verranno dispiegati dipende sia dalle scelte dei produttori che dall'accoglienza dei consumatori.
Alcune cose tuttavia sono già fin da ora chiare: intanto che ci sono almeno tre ambiti spaziali di queste reti senza fili. C'è il livello ampio, dominato dalle tecniche di trasmissione cellulari (Gsp, Umts, terza e quarta generazione) ma anche dalla incalzante tecnica WiMax. C'è quello più ristretto che arriva a poche decine di metri, fatto essenzialmente dal WiFi, con l'aggiunta di nuove tecniche in via di collaudo come Zigbee e Ultra Wide Band, e c'è quello delle Pan (Personal area network), tipico delle commissioni Bluetooth.
Seconda questione: le frequenze radio sono ormai la risorsa scarsa per definizione e questo chiama in gioco le regole e la poltica. I governi non dovrebbero preoccuparsi solo di incassare il più possibile dalle licenze, ma anche di favorire pluralità e spazio pubblico.
Le imminenti gare per il WiMax italiano non sembrano purtroppo andare in questa direzione, tanto più che il ministero della Difesa continua a mettere ostacoli al rilascio delle frequenze ancora sotto giogo militare. Non è chiaro se l'ineffabile ministro Parisi, quello che ogni giorno invoca partecipazione dei cittadini al futuro Pd, sia ostaggio dei militari o si sia piazzato lui stesso alla leva del freno.
L'assenza di ogni comunicazione pubblica al riguardo testimonia il distacco dai cittadini che Parisi orgogliosamente coltiva, come già dimostrato nel caso della base Usa di Vicenza.
La questione più cruciale tuttavia è un'altra. Come il settimanale inglese fa notare, la «rivoluzione» senza fili già in atto contiene una minaccia micidiale per i titolari dei business precedenti, e questa minaccia si chiama apertura, universalità degli accessi a tutti i contenuti. Così come l'Internet, anche le reti senza fili potranno prosperare solo basandosi su standard aperti e comuni. E' come la «rivoluzione» del personal computer degli ultimi anni '70 che significò liberta dalla schiavitù dei grandi computer e la possibilità di caricare sul proprio Pc ogni software che serva, senza chiedere permesso.
Anche il mondo dei cellulari (oggi ce ne sono 1,8 miliardi al mondo, ma nel 2011 saranno 4 miliardi), andrà inevitabilmente in questa direzione: apparati aperti e software altrettanto, svincolando gli utenti dai vincoli imposti dai costruttori e dai gestori delle reti.

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