Cina, in galera per una petizione web
Roma - La necessità di controllare le idee per evitare ammutinamenti ha indotto il regime pechinese a mettere in mostra i muscoli della repressione contro un funzionario statale di 39 anni che ha evidentemente frainteso la natura della rete e si è spinto ad utilizzarla per informare.
Il 39enne Du Daobin, infatti, ha promosso in rete una singolare e creativa iniziativa pensata per giungere alla scarcerazione di una giovane studentessa, in galera da un anno per aver messo online le proprie idee sulla democrazia. L'iniziativa, corredata da petizione, chiedeva ai cinesi di chiudersi in casa al buio per un giorno per capire come si deve sentire in carcere la giovane Liu Di.
Inutile dire che l'idea non è stata apprezzata dal regime che, secondo la ricostruzione dell'agenzia missionaria Misna, ha inviato un drappello di sette uomini per sequestrare il sequestrabile nella casa di Du, arrestare il funzionario e spaventarne la moglie. A quest'ultima sarebbe stato detto che il destino dell'uomo dipenderà "dai risultati dell'inchiesta e dal suo atteggiamento". L'accusa è di aver voluto sovvertire lo Stato.
Contro l'ennesimo arresto si sono mossi quelli di Reporters sans frontières che hanno denunciato l'accaduto accusando il regime cinese di non aver ascoltato le voci che dentro e fuori dalla Cina si alzano per una maggiore libertà di parola nel paese. Da parte sua Amnesty International ha ricordato che sono ora 40 i cinesi rinchiusi nelle patrie galere per aver osato esprimere le proprie idee su internet ed essere dunque diventati pericolosi dissidenti.
Nei giorni scorsi, intanto, l'Europa ha come noto stretto una serie di accordi commerciali con la Cina, potenza economica di prim'ordine, e ha ottenuto in cambio dai leader cinesi la promessa che nel campo dei diritti civili nel tempo le cose cambieranno. D'altra parte l'entropia governa l'Universo.
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