Gli hacker colpiscono Harry Potter
Svelato il finale di Harry Potter. Un agguerrito gruppo di hacker si è introdotto negli archivi dell'editore inglese (Bloomsbury Publishing) della saga del mago più famoso del globo e l'ha reso pubblico. Nel giro di poche ore la notizia, e relativo finale, fa il giro della rete e centinaia di siti Internet la amplificano. Il giorno dopo, i media danno notizia dell'«intrusione» e aggiungono che dalla casa editrice non c'è né conferma né smentita.
Anche la scrittrice, Joanne Kathleen Rowling, non risponde alle domande dei pochi giornalisti che riescono a contattarla. Chi invece commenta la notizia sono i protagonisti della trasposizione cinematografica di Harry Potter. La giovane avatar di Hermione non ammette la sua morte (era lei il personaggio che moriva sotto i colpi del cattivo Voldemort.) Il disincantato Ron, ferito nello scontro mortale, alza invece le spalle, perché è stanco di legare il suo nome a una saga di maghi. Harry dice che accetterà la decisione della scrittrice. Non si sa quali siano le reazioni di Hagrid, il simpatico custode tuttofare della scuola di maghi, altra vittima del mago cattivo.
Passano due giorni, e siamo a domenica sera, e la notizia oramai è presente su migliaia di siti, mentre i blogger inglesi e statunitensi non parlano che della gesta di questo nuovo gruppo di hacker. Poi un comunicato degli autori dell'incursione, che annuncia che non era vero nulla e che le notizie da loro diffuse erano false. Sospiro di sollievo della casa editrice - che ha avuto una inaspettata campagna promozionale - e della scrittrice.
Il gruppo di hacker spiega i motivi del loro gesto. Non hanno mai pensato di violare il server della Bloomsbury Publishing, né sono granché interessati al finale della saga di Harry Potter. Il loro obiettivo era di porre all'attenzione dell'opinione pubblica in rete la pervasività delle tecniche psicologiche militari utilizzate dalle corporation, dai politici al potere per manipolare l'informazione.
Le tecniche, chiamate psyop(s), hanno una loro raggelante banalità. In questo caso si tratta di prendere un personaggio noto e si costruisce attorno a lui una notizia verosimile e la si lancia con clamore. Nel recente passato queste tecniche sono state usate per argomenti meno futili della morte di Hermione, basti ricordare la campagna sugli eccidi compiuti dai Serbi in Kosovo o sulle armi di distruzione di massa del tiranno Saddam Hussein. Ogni volta erano notizie verosimili: massacri in Kosovo ce ne erano stati, ma non tutti quelli denunciati dalla Nato; l'Iraq di Saddam aveva in passato sviluppato un programma di sviluppo di armi batteriologiche, poi abbandonato. L'obiettivo è fare leva su sentimenti diffusi nell'opinione pubblica (l'insicurezza per l'Iraq, l'orrore per quanto accadeva in Kosovo, l'apprensione per il futuro di Harry Potter in questo caso) e si costruiva una notizia appunto verosimile.
Gli hacker, ma sarebbe meglio definirli attivisti, che hanno lanciato la falsa notizia hanno quindi rispettato uno dei fondamenti dell'etica hacker: condividere una conoscenza e attitudine critica verso il pensiero dominante. Harry Potter potrà continuare così la sua battaglia contro Voldemort. I fan delle sue gesta sono però avvertiti: diffidare da quanto dicono le fonti ufficiale e anche del rumore di fondo di Internet, che può essere così fragoroso da stordire. Anche quando si va in rete, occhi, orecchie e mouse aperti al dubbio, perché la disinformazione è in agguato.
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