A Pechino il nickname è fedele alla linea
Wang Xiaofeng non avrà problemi. Considerato dal «Times» uno dei 15 più influenti opinion leader mondiali nel 2006, potrà continuare senza alcun problema le attività del suo famoso blog (12mila visite al giorno), parlando di cultura, arte, entertainment e oscillando tra i suoi personaggi preferiti, Bart Simpson e Borat. Nel suo blog, infatti, pubblica i propri post con nome e cognome, senza ricorrere a nickname: una pratica gradita dal governo cinese che ha spinto affinché, alcuni giorni fa, la Internet Society of China (Isc), chiedesse a tutti i provider di sottoscrivere un codice di comportamento che invita tutti i blogger a postare con nome e cognome. Basta nickname, solo blog ufficiali con notizie ponderate e soprattutto con la possibilità di risalire facilmente all'autore. Non tanto on line, quanto fuori dallo schermo in caso di messaggi poco graditi. Tutti i provider, compresi Microsoft e Yahoo, non nuovi a concedere immediati sì ai diktat del partito, hanno accettato. I colossi si giustificano dicendo che in Cina bisogna accettare le regole cinesi. La verità è che il mercato Internet cinese è in espansione e non può essere mollato.
Le cause dell'ennesima virata censoria cinese sono varie: la consueta ansia di controllo da parte del partito comunista, l'avvicinarsi del suo diciassettesimo congresso e soprattutto la vetrina planetaria delle prossime Olimpiadi a Pechino nell'agosto 2008.
L'espansione di Internet e dei blog in China sono andati infatti di pari passo negli ultimi due anni. I bo ke, traslitterazione letterale in mandarino del termine blog che di per sé non significa nulla se non qualcosa di simile a big guest, costituiscono una delle principali attività on line, insieme alle chat, grazie al celebre «QQ», una sorta di instant messenger cinese immancabile sul desktop di ogni computer e che oltre alla chat consente acquisti e prenotazioni on line. I numeri della rete cinese sono ormai noti. 137 milioni di utenti, secondo mercato Internet dopo gli Stati Uniti, per lo più maschi, studenti e residenti nelle aree metropolitane più «cosmopolite»: Shanghai, Pechino e Tianjin, ex concessione italiana in China, la costa Est del Celeste Impero. I blog supererebbero ormai il numero di 30 milioni, tenendo presente che in China, secondo gli ultimi dati forniti dalla China Internet Network Information Center, il totale delle pagine web arriverebbe ormai al numero di 5 miliardi.
Le attività dei blog cinesi non sono, apparentemente, troppo distanti dall'uso che se ne fa in Europa. A cambiare è la percezione e il peso di certe informazioni che viaggiano sui bo ke informativi. Molti i diari che raccontano vita quotidana. «Non mi piacciono i blog - dice un pischello tecnologico di una web company shanghainese - che riempiono le pagine web di inutili informazioni personali. Seguo solo i blog che parlano di tecnologia, che stabiliscono i trend». Uno dei più visitati è quello dei manager e creativi della Lenovo, una storia cinese: nata negli scantinati pechinesi con il nome di Legend, quotata alla borsa di Hong Kong nel 1994, nel 1998 ha venduto il suo milionesimo pc. Trasformata in Lenovo nel 2003, nel 2005 ha acquisito «Ibm Personal Computing Division» arrivando a un fatturato di 13 miliardi di dollari e diventando così uno dei leader mondiali nella vendita di personal computer. I blog dei suoi manager fanno tendenza tra i tanti colletti bianchi cinesi in cerca dell'occasione della vita.
Decisamente più interessanti agli occhi dei nasi lunghi occidentali, appaiono i blog di informazione alternativa. Se in Italia il blog ha segnato una sorta di recessione dell'informazione indipendente collettiva, in nome di un'atomizzazione che dalla socialità si è presto trasferita anche sul web, in China i blog hanno costituito un trapasso verso il web 2.0 di proporzioni inimmaginabili. Sui blog scorrono le informazioni che sono coperte sui media ufficiali, racconti, segnalazioni, video, foto. Molti di questi blog hanno vita breve, altri oscillano tra una chiusura e una riapertura, come danwei.org, una sorta di snodo verso link spesso non consultabili in Cina.
Ogni mass incidents, ogni protesta, ogni episodio di corruzione o di assurdità burocratica trova spazio sui blog cinesi che fanno della contro informazione la loro arma vincente. Blog e Youtube costituiscono spesso l'unico modo per arrivare a scoprire racconti in presa diretta, negati dai media controllati dal Governo. L'ultimo caso pochi giorni fa: uno studente stanco dell'aumento dei prezzi degli alloggi ha indetto on line un appuntamento per una manifestazione di protesta. Le autorità di Pechino non si sono fatte pregare e lo hanno presto scovato: per lui 14 giorni di xingzheng juliu, una sorta di rieducazione amministrativa alla cinese.
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