Second Life meglio del reale,altro che vetrina delle celebrità
Mentre in tutto il globo terracqueo si parla e straparla del mondo virtuale di Second Life, aziende e politici fanno a gara per usarlo per farsi pubblicità e le agenzie di stampa aprono succursali al suo interno, val la pena di rileggersi Snow Crash di Neal Stephenson. Un romanzo che risale al 1992, originariamente pubblicato in Italia dalla Shake all'interno di un progetto culturale ed editoriale che riservava un'attenzione particolare all'ingresso delle nuove tecnologie nella società, in particolare quelle più critiche per il loro potenziale democratico e liberatorio, ma anche distopico e autoritario. Ora che è stato ristampato da Rizzoli in edizione economica (Bur, pp. 551, euro 11,60) proprio nell'anno in cui il mondo si è accorto di Second Life. Solo nelle ultime settimane i gesuiti, il Festival di Sanremo e la Toscana, tanto per citarne alcuni, hanno annunciato la loro presenza su SL, che ormai raccoglie milioni di utenti. Ma forse Snow Crash potrebbe aiutarci a non drammatizzare troppo le vicende del mondo virtuale.
Non è esagerato affermare che il Metaverso in cui si svolge buona parte della storia di Hiro Protagonist ci parla esattamente della Second Life che conosciamo oggi. L'hacker che nella Realtà è un fattorino per il franchise di CosaNostra Pizza, Inc., nel mondo virtuale è un eroe della spada che si muove in un universo tridimensionale generato dai computer, popolato da milioni di avatar e costellato di edifici il cui unico limite è la fantasia (e il denaro) degli abitanti, «una Las Vegas libera dai vincoli della fisica e della finanza». All'interno del Metaverso si svolgono buona parte delle attività sociali dei 120 milioni di abitanti che fanno avanti e indietro dal mondo reale - il pianeta Terra, la Realtà.
E la relazione tra la distopia gangsteristica della Realtà e la vita nel Metaverso nel romanzo non è poi troppo differente da quella che intercorre oggi tra Second Life (e gli altri mondi virtuali e più in generale i social network), e la diminuzione degli spazi di socializzazione che colpisce gli abitanti di Europa e America del nord. Forse il nostro «sistema operativo della Realtà» non ha ancora raggiunto la situazione della California di Snow Crash , in cui le poche isole burocratizzate di Fedlandia sono tutto ciò che rimane dello stato e le multinazionali si sono spartite il territorio occupandolo con i loro franchise. Ma anche i nostri mondi virtuali sono luoghi in cui rifugiarsi per coltivare rapporti sociali paralleli, e non solo vetrine di visibilità o di autocelebrazione come potrebbero far pensare le performance di Antonio Di Pietro, noto abitante del Metaverso e delle prime pagine dei giornali. Lo dicono ormai diverse ricerche, che hanno dimostrato che il tempo dedicato alla socialità su Internet non sostituisce le relazioni reali. Anzi, spesso le potenzia e le fluidifica, magari togliendo un po' di spazio alla televisione - il media più unidirezionale e meno sociale che esista.
Per chi volesse sapere qualcosa di più sulla società virtuale di Second Life, oltre ai diversi libri usciti negli ultimi mesi, uno dei reportage più interessanti resta Sette giorni in una seconda vita di Paolo Pedercini di Molleindustria, il collettivo di programmatori (e attivisti) di videogame politici che già nel settembre del 2005 ha pubblicato sul suo sito il racconto di un viaggio all'interno del mondo virtuale (scaricabile gratuitamente dal sito http://www.molleindustria.it). Tra sesso, identità, capitale, proprietà e consumo, politica e democrazia, Second Life come specchio della Realtà. Del resto i meccanismi sociali interni ai mondi virtuali - alla faccia di chi sperava che sarebbero stati spazi di assolutà libertà dalle convenzioni della Realtà e dalle strettoie imposteci dal nostro corpo fisico - sono spesso gli stessi che regolano la vita reale.
E allora perché non sfruttarli per studiare proprio la vita reale? E' di pochi giorni fa la pubblicazione sulla prestigiosa rivista Science di un'analisi del potenziale scientifico dei mondi virtuali: l'autore, il sociologo William Bainbridge della National Science Foundation statunitense, suggerisce che siano ottimi laboratori per le scienze sociali. Secondo l'articolo di Science diversi ricercatori in psicologia e sociologia li stanno già usando, grazie alla facilità di reclutamento dei soggetti e di raccolta dei dati che li riguardano. Si possono far interagire persone che vivono a migliaia di chilometri di distanza e studiarne il comportamento su vasta scala. Ovviamente molti studi si concentrano sui comportamenti all'interno del Metaverso per confrontarli con quelli della Realtà. Ma altri focalizzano l'attenzione, per esempio, sulla possibilità di studiare oggetti complessi come i sistemi di governo alternativi, che secondo Bainbridge «sarebbero pressochè impossibili nella società nel suo complesso» ma che nei mondi virtuali possono realizzarsi. E poi gli avatar devono decidere se e come cooperare per gestire un bene pubblico oppure dare vita a delle nuove norme sociali. Resta da stabilire quanto questi studi siano applicabili alla società «reale». Ma molti ricercatori sono convinti che i comportamenti non si discostino poi troppo da quelli reali. Non dicevamo che i mondi virtuali sono spazi sociali tout court, anche se mediati dai computer e dal volto tridimensionale dei nostri avatar?
E le università sembrano davvero interessate agli universi virtuali: alcune si attrezzano per utilizzarli anche come strumenti didattici. La Harvard Law School, per esempio, tiene all'interno di Second Life un corso settimanale su leggi e opinione pubblica (http://blogs.law.harvard.edu/cyberone), con tanto di aula e orari delle lezioni per trovarsi insieme agli altri studenti sparsi per tutto il mondo reale. Sul sito del corso si legge che «l'ambiente di Second Life ci permette di promuovere un senso di comunità tra gli studenti che seguono il corso a distanza e rappresenta un media molto ricco per interagire direttamente con insegnanti e compagni. Potrai seguire veramente le lezioni in un'aula con gli altri studenti e fare lavori di gruppo insieme a loro».
Si fa sul serio, insomma. Per salvare il mondo (e soprattutto gli amati hacker) dai cattivi Hiro si riunisce nel Metaverso, nella sede di una ditta di antivirus, con Zio Enzo della Mafia e Mr. Lee del franchise SuperHong-Kong. Ma pare che anche nella nostra Second Life non manchino i cattivi, tantomeno nell'epoca della paranoia del terrorismo. Stupiti di sapere che le polizie del mondo si stanno preparando per reprimerlo anche lì, che si tratti dei nerd della Second Life Liberation Army o dei fantomatici «dodici jihadisti» che secondo gli esperti farebbero affari e proselitismo in mezzo ai palazzi 3D del Metaverso? Intanto l'Europol si dà da fare per monitorare gli scambi di denaro, che si aggirano ormai sui 300 milioni di Dollari Linden al giorno (solo un milione di Dollari Reali, che comunque restano una bella cifra). C'è poco da ridere, lo ha detto pochi giorni fa il capo della polizia anti crimini hi-tech australiana: «Dobbiamo iniziare a pensare a vivere, lavorare e proteggere due mondi e due realtà».
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