Bocciata una norma del Patriot Act
Il Patriot Act è senza dubbio la prima misura di «guerra preventiva» contro i «nemici interni» voluta dall'amministrazione di George W. Bush. Un insieme di provvedimenti che danno ampi poteri alle forze di polizia al fine di individuare la presenza di «cellule terroriste dormienti» sul territorio statunitense al fine, appunto, di prevenire eventuali attentati terroristici.
Tra le disposizioni che il Patriot Act prevedeva c'era anche la possibilità da parte della Fbi di chiedere ai provider di Internet e alla compagnie telefoniche i nomi, i telefoni e gli indirizzi telematici di utenti della rete e delle compagnie telefoniche senza che questi fossero informati. Anche in questo caso la motivazione del governo statunitense per giustificare questo dispositivo era relativo alla possibilità di poter individuare la «logistica comunicativa» utilizzata da sospetti aderenti o simpatizzanti di Al Qaeda o organizzazioni simili. La disposizione, chiamata National Security Letter, è stata giudicata una norma «liberticida» da molti gruppi per il rispetto dei diritti civili americani, tra cui l'American Civil Liberties Union (Aclu). Ora a sei anni dall'11 settembre, un giudice di New York , Victor Marrero, ha ritenuto che la National Security Letter viola il primo emendamento della Costituzione, quello per intenderci relativo alla libertà di espressione.
Il pronunciamento del giudice distrettuale è contenuto in una sentenza di un processo che doveva esprimersi sul rifiuto di alcuni gestori di accesso a Internet di fornire le informazioni richieste all'Fbi. Nella sentenza del giudice Moreno è espresso anche un giudizio sulla incostituzionalità di molte norme del Patriot Act, giudizio che se fosse confermato porterebbe alla demolizione di una parte consistente dell'impalcatura giuridica sulla sicurezza nazionale voluta dall'amministrazione Bush.
Nel sito dell'American Civil Liberties Union (www.aclu.org) sono elencati i dati dell'applicazione della National Security Letter e della scarsa rilevanza che ha avuto nell'arrestare «terroristi» o nello sgominare «cellule dormienti». Dal 2003 al 2005, l'Fbi ha richiesto per 143.074 dati su internauti, solo metà dei quali cittadini statunitensi; per quanto riguarda i numeri telefonici richiesti la cifra si ferma solo a 3000. Di questi persone messe sotto controllo dalla Fbi, solo 43 sono finite di fronte al giudice per presunti reati quali l'immigrazione clandestina, frodi economiche e attività terrorista. Di questi processi solo uno si è concluso con la condanna di un presunto «terrorista».
Fin da subito, però, questa parte del Patriot Act è stata oggetto di critiche, fino a quando 26 gestori di accesso a Internet o di librerie dove è possibile collegarsi alla rete si sono rifiutate di fornire i dati alla Fbi. Ora un tribunale ha dato loro ragione
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