Microsoft contro tutti nella lotta sui formati
Si chiamano formati. E per la maggior parte degli utenti altro non sono che quelle tre lettere che seguono il punto nel nome del file, come .doc, .rtf, .xls, .jpg. Ci si accorge di loro solo quando un determinato programma non riesce ad aprirli. Ma per la gran parte del tempo risultano indifferenti: ci si limita a utilizzare quelli adottati dalla maggioranza delle persone con cui si scambiano documenti, o quelli che l'applicazione in uso propone di default. E' proprio questo sostanziale «anonimato» a renderli così preziosi per le aziende che sviluppano software. Grazie all'inerzia che ne regola la diffusione, imporre un formato al mercato significa guadagnare un accesso preferenziale e duraturo al cliente. Un vantaggio che può anche innescare battaglie senza esclusione di colpi (anche bassi) come quella che sta in questo periodo coinvolgendo i più grandi nomi del mondo del software. Per comprendere qualcosa di questo conflitto bisogna cominciare dall'ultimo episodio.
La settimana scorsa l'International standard organization, meglio conosciuta come Iso, ha deciso di negare la patente di standard a Open Xml (Ooxml), il formato con cui sono salvati automaticamente i documenti in Office 2007, l'ultima versione del popolare programma di Microsoft. Open Xml è così rimandato a febbraio, quando è previsto un nuovo scrutinio, dopo che saranno stati esaminati i rilievi tecnici sollevati da molti degli stati membri. Che la posta in gioco sia grossa lo dimostra quello che è avvenuto nelle settimane precedenti il voto. Microsoft si è mossa con ingenti azioni di lobbying (in alcuni casi, come in Svezia, oltre i limiti della correttezza) per guadagnare il sospirato via libera. Gli esponenti del fronte avverso, prima fra tutti Ibm, hanno invece messo in campo tutta la loro influenza per negarglielo.
All'origine di tanto fervore c'è un protagonista che non ti aspetti: gli enti pubblici. Sono loro infatti ad avere innescato il processo che ha portato alle battaglie di oggi. Preoccupati che i propri documenti elettronici siano leggibili anche tra venti o trent'anni, le Pubbliche amministrazioni di mezzo globo hanno cominciato a chiedere formati aperti, vale a dire non proprietari. Formati dotati di istruzioni d'uso (le cosiddette specifiche) a disposizione di tutti, magari certificate da un ente apposito (come l'Iso), e dunque liberamente accessibili a chiunque voglia creare applicazioni in grado di supportare quel tipo di documenti. Gli stati, insomma, si sono stufati di affidare i propri archivi e la memoria dei loro atti ad una scatola di cui un'azienda privata, e solo lei, possiede le chiavi. Come accade, per esempio, con il formato .doc, che, come è noto, appartiene a Microsoft.
Fino ad oggi la soluzione più affidabile per le amministrazioni pubbliche era Odf, un formato sostenuto da aziende come Sun Microsystems, Ibm e Adobe, e approvato come standard dall'Iso l'8 maggio dell'anno scorso. Anche in virtù di questo imprimatur, lo stato del Massachusetts e i governi di Francia, Norvegia, Belgio ne stanno valutando l'adozione come formato preferito per il salvataggio dei propri documenti. E' per reagire a questa offensiva e venire incontro alle esigenze del mercato pubblico che Microsoft ha deciso di mettere a punto Open Xml, formato anch'esso aperto. Nelle strategie del gigante del software l'avallo dell'Iso è considerato il passo decisivo per indurre le organizzazioni pubbliche ad abbracciare la sua creatura a scapito di quella degli avversari.
I quali, ovviamente, non ci stanno. A sentire loro Open Xml è troppo poco «aperto» e, in alcune sue parti, ancora proprietario. Denunciano inoltre un'eccessiva lunghezza delle istruzioni (oltre 6.000 pagine) nella quale intravedono una voluta oscurità. Da parte sua, Microsoft risponde che simile prolissità è dovuta alla necessità di assicurare la compatibilità tra il nuovo formato e tutti i documenti salvati con precedenti versioni di Office.
Come andrà a finire il prossimo febbraio? Difficile dirlo. Quel che è certo è che i due campi continueranno a battersi. Quanto agli utenti, un simile conflitto dovrebbe rallegrarli. Il passaggio da uno standard de facto - come sono .doc o .xls per documenti e fogli di calcolo - a uno standard vero e proprio (Odf o Ooxml) è un indubbio passo avanti. Un passo al quale, nel caso di Microsoft, l'azienda non è arrivata per generosità o improvvisa illuminazione. Come tutti coloro che hanno una posizione dominante, è stata costretta dalla forza delle cose e dal mercato. Un risultato da salutare sempre con piacere.
Articoli correlati
Le missioni di Leonardo (ma non solo) dettate dal Piano nazionale di ripresa e resilienza
Sia che la minaccia provenga dal cyberspazio che dal Mediterraneo, Leonardo ne individua i rischi e offre le soluzioni10 giugno 2021 - Rossana De SimoneGoogle, dove sono i miei dati?
La posta elettronica di Gmail, e i documenti personali scritti con GoogleApps, sono archiviati su server sotto la giurisdizione statunitense27 marzo 2008 - Francesco Iannuzzelli- Secondo tentativo di Microsoft per far adottare il formato OOXML come standard internazionale di ISO
La guerra dei formati
A settembre dello scorso anno la domanda era stata bocciata e la casa di Redmond ha avuto cinque mesi di tempo per recepire le modifiche suggerite dall'Organizzazione Internazionale per le Standardizzazioni. Il 25 febbraio prossimo si torna a votare a Ginevra.12 febbraio 2008 - Loris D'Emilio - tendenze
Il futuro del web è scritto nelle nuvole
Centri di calcolo Migliaia di pc interconnessi che lavorano come un supercomputer. L'altra faccia dei servizi web22 novembre 2007 - Raffaele Mastrolonardo
Sociale.network