Tanti byte in un ipod grazie a Ferte Grünberg
Se oggi potete portarvi in treno un pc maneggiabile, e rassegnarvi alle lunghe attese a cui ci costringe Trenitalia godendovi uno dei film nel vostro hard disk (centinaia di gigabyte di memoria), o se potete girare con un microscopico Ipod con abbastanza musica da resistere per mesi (negli ultimi modelli, fino a 60 giga!), senza dover trasportare camionate di cd, o se ancora quando siete in vacanza potete dare sfogo alla vostra compulsiva mania di fotografare tutte le bellezze che vi passano davanti senza dovervi preoccupare di cambiare la scheda della vostra macchina digitale, beh, lo dovete ai due tizi che ieri hanno vinto il Nobel per la fisica 2007: il francese Albert Fert (al Cnrs di Orsay) e il tedesco Peter Grünberg (del Forschungszentrum a Jülich).
In maniera del tutto indipendente, i fisici hanno scoperto la "magnetoresistenza gigante", come dice l'asciutto comunicato dell'Accademia svedese delle scienze, che ha assegnato ai due l'ambito premio di dieci milioni di corone svedesi (quasi un milione e centomila euro). In altre parole, hanno contribuito a fare sì che la rivoluzione tecnologica degli ultimi anni entrasse - letteralmente - anche nelle nostre case. Per non parlare delle altre applicazioni: avete presente Google mail (gmail), "2 Gbyte and counting - e non avrete più bisogno di cancellare la vostra posta"? O il progetto genoma umano? Miliardi e miliardi di byte di informazioni scientifiche e non che ormai possono essere immagazzinate in maniera relativamente economica e veloce.
Tutto questo, e molto altro, è il frutto delle ricerche - come si dice in questi casi - "pionieristiche" che i due neo Nobel hanno condotto negli anni Novanta, quando stavano vedendo la luce le nanoscienze, quel mix di chimica, fisica e molte altre scienze che operano a livello nanometrico (cioè del milionesimo di millimetro, la dimensione di pochi atomi). Il fatto è che tutte le tecnologie che fanno uso di grandi quantità di memoria utilizzano supporti dove l'informazione è molto concentrata in piccolissime aree magnetizzate di disco. Un certo tipo (direzione) di magnetizzazione corrisponde allo "zero" binario, e l'altro al valore di "uno". Per leggere questa informazione è necessario scansionare il disco e annotare i diversi campi di magnetizzazione. Mano a mano che questi supporti diventano sempre più piccoli, anche la dimensione di queste aree rimpicciolisce, e di conseguenza anche il campo magnetico di ciascun pezzettino di hard disk diminuisce e diventa più difficile da leggere. Dunque, un disco più compatto ha bisogno di una tecnica di lettura dell'informazione molto più sensibile.
Come sono riusciti a risolvere questo problema Fert e Grünberg? Studiando i conduttori a livello nanometrico. «La cosa davvero interessante», ci ha spiegato Elisa Molinari, docente di fisica della materia e direttore del Laboratorio S3 dell'università di Modena e Reggio Emilia, «è che per studiare la magnetoresistenza gigante loro hanno usato le primissime tecniche delle nanoscienze tradizionali. Depositavano cioè sottili strati di materiali diversi l'uno sull'altro e hanno scoperto questa proprietà inaspettata che è legata alle caratteristiche quantistiche della materia. Caratteristiche che si manifestano proprio nella scala nanometrica e non nelle dimensioni macroscopiche». In sostanza, creando sandwich formati da strati di materiali ferromagnetici e non ferromagnetici, si fa sì che gli elettroni che normalmente tendono a seguire la direzione di un campo magnetico esterno, manifestino la nuova interessante proprietà - legata a un parametro quantistico chiamato spin - che fa aumentare moltissimo in uno spazio piccolo la resistenza magnetica, e che sarà misurabile attraverso la corrente elettrica che attraversa i vari strati di materiale. I primi lavori in cui si studiavano queste inedite proprietà magnetiche della materia risalgono al 1988 (quello di Fert) e al 1989 (quello di Grünberg).
«La cosa che trovo molto positiva», ci spiega ancora Molinari, a capo di uno dei più importanti laboratori di nanotecnologie europei, «è che ancora una volta si dimostra che la ricerca di base ha aperto la strada a una ricaduta molto utile per tutti e che il mercato ha saputo riconoscere molto presto: i nostri politici dovrebbero riflettere sull'importanza del finanziamento a quei campi di ricerca più innovativi». Ma non basta: Molinari sottolinea l'importanza che il premio sia stato assegnato non a chi ha sviluppato l'applicazione commerciale della scoperta, ma agli scopritori stessi del principio fisico e delle nanotecniche.
«In un certo senso, il futuro è oggi», conclude Molinari. «Di solito delle nanotecnologie enfatizziamo sempre le applicazioni futuribili: a noi ricercatori interessa soprattutto la ricerca, ma a chi ci finanzia importano anche le prospettive applicative. Ebbene, la magnetoresistenza gigante premiata ieri dall'Accademia di Stoccolma è forse la prima grande applicazione commerciale delle nanotecnologie. Giovedì dovevo proprio incontrare Peter Grünberg a Jülich e gli porterò le congratulazioni e l'entusiasmo di tutta la comunità scientifica della fisica della materia italiana per questo premio al lavoro di tutti noi».
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