L'iniquo balzello
E' ufficiale. La riforma del prelievo sui sopporti informatici [2], introdotta alcuni anni or sono dalla direttiva UE denominata EUCD [3], non è andata a buon fine. Anzi, sembra essere definitivamente naufragata. L'Unione Europea ha così deciso di mantenere questa legge, ingiusta e iniqua, che parte di una "presunzione di colpevolezza", che scarica sui molti i reati di pochi, che crea sperequazioni tra gli Stati membri dell'Unione.
La Direttiva introduceva un "equo compenso" ai detentori dei diritti d'autore partendo dal presupposto (tutto da dimostrare) che, se una persona acquista un supporto vergine (musicassetta, videocassetta, cd, dvd e quant'altro), lo fa per "copiare" un'opera tutelata da copyright, eludendo così il pagamento dei diritti dovuti.
A fronte di questo (ipotetico) mancato guadagno l'Unione Europea ha dato la possibilità ad ogni stato membro di introdurre una sovrattassa sul prezzo dei supporti, secondo determinati criteri (qui spiegati dalla SIAE [4], per l'Italia), ovvero:
"Il compenso per copia privata si applica a tutti i supporti di registrazione vergini, analogici e digitali, dedicati (audio e video) e non dedicati comunque idonei alla registrazione di fonogrammi e videogrammi. Il compenso è costituito da un importo per supporto variabile in funzione della sua categoria e capacità. Esso va calcolato sulla capacità effettiva di registrazione - espressa in ore (o frazioni di ora) o in mega-gigabyte - così come indicata sulla confezione del supporto".
E già qui sorgono i primi problemi: l'UE ha lasciato ampio margine di decisione agli stati membri, e ciascuno di essi ha quindi definito i propri parametri, con il risultato che lo stesso cd costa prezzi diversi in Italia, Francia o Germania. Non solo, questa tassa vale per l'Unione Europea, restando quindi esclusi i Paesi dell'Est extracomunitari e tutti gli altri continenti (in primis, il sudest asiatico, uno dei principali produttori di tecnologie). Con il risultato ben spiegato da Mario Pissetti, presidente dell'ASMI [5] (Associazione Supporti e Sistemi Multimediali Italiana), in una intervista rilasciata a Punto Informatico [6]
E' uno scontro tra titani, tra produttori e distributori di supporti vergine da un lato e produttori di contenuti (case discografiche, editori, produttori cinematografici, aziende di software, etc) dall'altro. Nonostante le roboanti dichiarazioni d'intenti, il motivo sotto sotto è semplice: tutti vogliono una fetta di torta, ciascuno vuole massimizzare il proprio profitto minimizzando i costi, quando non scaricandoli direttamente su altri.
E tutto parte da un (ormai fumoso) concetto: il diritto di copia. I produttori di contenuti sostengono che questo non è un diritto, ma un privilegio, e come tale può essere revocato o precluso (ad esempio con le cosiddette tecnologie DRM [7] che impediscono di effettuare copia dell'originale, o ne impediscono l'uso in un mezzo diverso da quello per cui è nato, è il caso di alcune denunce per cd musicali che non possono essere riprodotti in automobile o su computer). D'altro canto, i produttori dei supporti sbandierano ai quattro venti il diritto di copia per uso privato di un consumatore (se acquisto legalmente un cd musicale, perchè non posso crearne una copia ad es. da portarmi in automobile per non correre il rischio di perdere/rovinare l'originale o da regalare ad un parente?).
Ma soprattutto, perchè a fronte di pochi che riproducono, e vendono!, produzioni originali, eludendo qualunque forma di tassa (IVA inclusa), e quindi a scapito dell'intera collettività, devono essere sovra-tassati i tanti che nulla hanno a che vedere con simili reati? Perchè invece di perseguire i veri "pirati informatici", si scaricano i costi sulla comunità dei consumatori?
A leggere i vari articoli, interviste, commenti sparsi un po' ovunque su Internet, ci si rende però conto di una cosa: l'oggetto del contendere è sempre il diritto o meno a fare copia di un originale. Ma le moderne tecnologie non consentono solo di duplicare dei contenuti, consentono anche di produrre dei contenuti in modo originale.
Sono un giovane cantautore in erba, scrivo parole e musica di un brano che voglio incidere, per metterlo su youtube, per darlo agli amici, per farmi bello con le ragazze, per mille altri motivi; oppure, sono un fotografo amatoriale, mi appassionano le gite in montagna ed amo scattare foto alla natura, agli animali, alle vette innevate, e voglio condividere con i miei amici questa passione duplicando i miei scatti (oltrechè conservarne copia archiviata per me); o ancora, mi sono appena sposato, ho fatto il viaggio di nozze dove ho girato dei filmini con la mia handycam e voglio montare un video da far vedere a parenti e amici, magari regalandone copia ai genitori ed ai testimoni di nozze.
In tutti e tre questi ipotetici casi io sono il produttore originario dei contenuti (la mia canzone, le mie foto, i miei video): a CHI dovrei pagare QUALI diritti e PERCHE'? Nell'acquisto di un cd, un dvd, una minicassetta digitale, perchè devo pagare un tot di centesimi in più per ciascun supporto? a beneficio di quali "detentori di diritti d'autore", se l'autore sono io stesso?
E' soprattutto QUESTO l'iniquo balzello: pagare una tassa per (ipotetici mancati) diritti d'autore per autoproduzioni, personali, amatoriali. Che non c'entrano nulla con il diritto di copia per uso privato, ma che da un legislatore assai poco lungimirante (e molto schierato dalla parte dei poteri economici) ad esso viene di fatto equiparato.
E lo chiamano "equo compenso"?
[2] http://punto-informatico.it/p.aspx?i=2110163
[3] http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:32001L0029:IT:HTML
[4] http://www.siae.it/documents/MusicaMFV_modello_Tracciatodichiarazionevendite.xls
[5] http://www.asmi.net
[6] http://punto-informatico.it/p.aspx?i=1863621
[7] http://it.wikipedia.org/wiki/Digital_rights_management
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