Va in scena a Parigi Le Web 3 e la rete ripensa se stessa

Web 2.0, prove di autocritica

Nella più importante manifestazione europea dedicata alle nuove tendenze della rete l'entusiasmo per il nuovo web lascia finalmente spazio a una riflessione più sobria
13 dicembre 2007
Marina Rossi
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

Ci voleva la Francia per solleticare il lato riflessivo della rete. Lontani dalla Silicon Valley i protagonisti della rivoluzione che va sotto il nome di web 2.0 scoprono che non è tutto rosa e fiori. Dunque, anche nel rutilante mondo delle applicazioni partecipative c'è spazio per i dubbi e i ripensamenti. Sui modelli di business, sulla pubblicità, su una rivoluzione troppo decantata e non sempre digerita dagli utenti. E' accaduto l'11 e 12 dicembre a Parigi nell'ambito di Le Web 3, la più importante manifestazione del Vecchio continente dedicata alle nuove frontiere di internet. Organizzato da Loic Le Meur, celebre blogger d'oltralpe, dal 2004 l'evento fa diventare ogni anno la Torre Eiffel il centro della rete, rubando la scena - seppur per pochi giorni - agli Stati Uniti. Dai blog ai social network, ogni tendenza trova qui una vetrina strategica in grado di allietare anche i critici più convinti, grazie alla selezione accurata degli interventi, talvolta in conflitto tra loro. E magari, come quest'anno, grazie a speaker interessati a riflettere su ciò che non brilla nel mondo virtuale e dorato e non soltanto a promuovere attività imprenditoriali.
E' il caso, per esempio, di Kevin Rose, autentica celebrità della rete 2.0 pronto ad ammonire la platea sui rischi connessi al troppo entusiasmo. Quando l'euforia per il web è alle stelle, come in questo periodo, gli investitori si fanno coinvolgere da ondate di ottimismo, ha spiegato Rose, e miliardi di dollari vengono riversati su progetti deboli. «Devi avere un'idea forte - ha detto Rose - che stia in piedi sulle proprie gambe prima ancora di poter chiedere finanziamenti ai venture capitalist; invece vedo sempre più spesso cloni e soldi buttati». E di idee vincenti Rose ne sa qualcosa, visto che a trent'anni è già a capo di tre aziende californiane che operano sul web. Ma soprattutto è il creatore di Digg, la piattaforma online che ha rivoluzionato l'informazione in rete, grazie a un'idea dirompente: un software molto efficace che permette agli utenti del web di votare una notizia, lasciando così che sia l'intelligenza collettiva a far emergere i contenuti di maggiore interesse per il lettore. In questo modo Rose ha inaugurato un modello riproposto in numerosi servizi e integrato perfino nei siti web dei quotidiani. Su come sopravvivere a un'economia pericolosamente incline a futili quanto brevi innamoramenti Rose ha le idee chiare: «Noi in Digg guadagniamo semplicemente dalla pubblicità presente sul sito, lavoriamo in quaranta persone, non ci sentiamo una grande azienda e penso che questo sia importante».
Non meno deciso è stato il suo omonimo Dan Rose, vicepresidente di Facebook, il sito di interazione sociale del momento, che si è spinto fino a parlare con estrema trasparenza delle ultime disavventure della sua azienda. «Lo stesso giorno in cui abbiamo presentato la nuova piattaforma di pubblicità di Facebook - ha spiegato Rose - abbiamo introdotto Beacon, un servizio per segnalare in tempo reale agli amici gli acquisti online che ogni utente faceva. È stato immediatamente percepito come una violazione della privacy personale e come un uso commerciale dei dati degli utenti. L'unica cosa che potevamo fare a quel punto era ripensare il servizio con occhi esterni. Abbiamo sbagliato, ma abbiamo reagito tempestivamente, siamo contenti di questo». La morale è chiara: è necessaria un'elevata attenzione quando si maneggiano servizi come Facebook o MySpace. In rete, e soprattutto in ambienti che percepiscono come estensioni digitali di sé, gli utenti sono particolarmente sensibili ai cambiamenti, soprattutto se vengono percepiti come un potenziale danno.
Non sempre, insomma, si è pronti alla rivoluzione, soprattutto quando questa viene calata dall'alto. Ma quasi sempre - ha fatto notare un altro ospite di Le Web 3, il grande designer francese Philippe Starck - si è ben disposti nei confronti dell'evoluzione. Ed è questa secondo Starck, critico dell'esasperata enfasi innovatrice del web 2.0, la chiave in cui vanno letti i nuovi business, online e non solo. «Non tutti - ha osservato Starck - sono disposti a versare sangue e lacrime nelle rivoluzioni tecnologiche, mentre l'evoluzione è un processo naturale che è più facile da comprendere. L'importante è che non si realizzi per il fine stesso di produrre, ma che qualsiasi azione si inserisca all'interno di una visione più grande». Vale per il design, ma anche per il web, 1.0 o 2.0 che sia.
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