Wind chiude l’era di Internet gratis
24 novembre 2003
Giuseppe Turani
Fonte: Affari & Finanza - La Repubblica
La Nuova Era di Internet in Italia (l’Era a Pagamento) si può dire che
è cominciata la mattina dell’11 novembre. Quella mattina in molti hanno
cominciato a capire che un’Era, quella forse infantile, giocosa, gratuita, di
Internet era davvero finita. Per la verità è già da un po’
che su Internet bisogna cominciare a pagare, ma l’11 novembre tutto è diventato
chiaro, anche per i più distratti.
Ma che cosa era successo. Semplicemente questo: alcuni milioni di utenti di Libero, Iol, Inwind (i tre marchi del gruppo Wind, il più grande Internet provider italiano) si sono accorti di colpo di non poter più accedere alle proprie caselle di posta elettronica. Prima, ovviamente, hanno pensato a un guasto alle proprie macchine, al proprio collegamento, al proprio software. Poi, quando si è capito che la cosa era generalizzata, hanno pensato che fosse successo qualcosa a Wind (un server incagliato un collegamento saltato). Niente.
Solo dopo un certo tempo, qualcuno è andato a ripescare alcune email che erano arrivate dal provider e che erano state accantonate perché scambiate per una delle tante offerte promozionali che ogni tanto arrivano in rete. Leggendo quelle lettere (un raro capolavoro di confusione e di pessimo marketing) si veniva a sapere che, effettivamente, Libero & C. avevano informato gli utenti che da novembre (ma senza specificare la data, che invece era reperibile nel sito, ben nascosta) le caselle di posta elettronica non sarebbero più state consultabili con i normali browser di posta (outlook, Eudora), cioè quei software che consentono di scaricare la posta "in diretta", anche mentre si naviga o anche mentre si è al bar.
Una lettura un po’ attenta (collettiva, questa volta, con frequenti telefonate ai vari call center e a amici ritenuti più esperti) permetteva di capire come stavano veramente le cose. Dalla mattina dell’11 novembre, le caselle di posta elettronica erano consultabili solo via web. Bisognava andare, cioè, sul sito di Libero (o Iol o Inwind), piazzarsi sullo spazio della posta, digitare l’identificativo e la password, e solo a quel punto si aveva accesso alla propria corrispondenza. In pratica, Libero e i suoi cugini avevano respinto alcuni milioni di abbonati ai servizi di posta elettronica indietro di una quindicina d’anni, forse anche di più. Una scomodità mai vista. Ma come mai uno scherzo così pesante ai danni di tante persone. E, soprattutto, su un "argomento" come la posta elettronica che ormai è diventata indispensabile come il telefonino? Che ormai fa parte dell’identità dell’uomo moderno?
Altre ricerche e infine la matassa era dipanata. Per poter tornare a usare la posta elettronica come prima, con i browser, c’erano solo due strade:
1 Collegarsi a Libero attraverso uno dei canali Wind (cioè telefono Infostrada o telefonino Wind).
2 Oppure pagare dai 15 ai 30 euro all’anno per avere accesso ai servizi superiori di posta (con servizio antivirus e antispamming). In questo secondo caso, e solo in questo, si poteva accedere alla propria casella di posta elettronica liberamente, come si era sempre fatto prima.
La prima opzione, in realtà, non è tanto consigliabile perché se uno magari a casa ha una linea telefonica Infostrada, non è detto che in ufficio abbia la stessa cosa, o che sia Infostrada l’albergo nel quale va a fare il weekend (senza per questo voler rinunciare a consultare la propria posta).
Insomma, in realtà l’unica strada sensata, dall’11 novembre in avanti, è quella di pagare 30 euro, godere dei servizi offerti da Wind (antivirus, antispamming, casella più grande, ecc.).
Si è verificato, in sostanza, quello che molti temevano da tempo e che avevano già messo in cantiere: la fine dell’Internet gratis, sempre e comunque.
L’unica cosa seccante, in tutta la faccenda, è che Wind, invece di dire chiaro e tondo quale era la sostanza del problema, ha inviato un mucchio di email confuse e indecifrabili.
In ogni caso, dall’11 novembre in avanti si è capito che, se si vuole godere di un buon servizio di posta elettronica e non avere sorprese, l’unica cosa è pagare. Nel caso di Liberto & C. 30 euro all’anno.
Non si sa come andrà a finire, ovviamente, l’esperimento di Wind. Fra le dieci persone che conosco io e che usano Libero dall’11 novembre tutti sono migrati, hanno cioè abbandonato Wind per andare a posarsi presso altri Internet Provider che non hanno ancora abolito il servizio di posta gratuito. In parte sono andati da Tiscali, in parte da Virgilio e in parte da Tin.it.
Però, ormai la miccia è stata accesa e non è difficile prevedere che prima o poi tutti faranno pagare. Già anche gli altri offrono servizisuper di posta elettronica a pagamento, ma l’adesione a questi servizi è volontaria. La novità di Wind è che di fatto ha reso obbligatoria (e anche molto ruvidamente) la scelta dei servizi super.
Gli altri Internet provider, per ora, proseguono come prima. Continuano cioè a tenere la posta elettronica libera e gratis. Però è evidente che, prima o poi, si arriverà al punto in cui tutti, più o meno, faranno pagare.
E’ inevitabile che si finisca lì per una ragione molto semplice. Ormai la posta elettronica è diventata un servizio universale (la usano anche i ragazzini di dodici anni) e, con la sua crescita, sono aumentati a dismisura anche i disturbi, tipo virus e posta indesiderata (spamming). Proprio a Libero hanno calcolato che negli ultimi tempi la posta indesiderata (quelli che vi offrono a prezzi scontati Viagra o fotografie di asiatiche dodicenni nude) è arrivata a rappresentare il 50 per cento del traffico di email. Chiunque di noi, aprendo alla mattina la sua casella, si vede invaso da 405060 email del tipo che ho appena descritto.
In sostanza, gli Internet provider si trovano a dover spendere soldi e energie per veicolare un mucchio enorme di spazzatura e gli utenti (cioè noi) si trovano a avere ogni giorno il problema di sbarazzarsi di decine e decine di email inutili, che magari intasano il computer per delle mezz’ore. In più c’è la grana dei virus: a qualcuno (poco attento) è capitato di dover mandare il notebook in fabbrica perché completamente "posseduto" dai virus.
Il rimedio a tutto ciò non può che essere un servizio di postasuper, dove i virus e le email spazzatura vengono sterminati senza pietà già nella casella di posta elettronica del provider, prima che le email partano per il nostro computer. Fra l’altro l’esistenza di simili servizi dovrebbe anche far scendere la quantità di roba indesiderata che viene lanciata attraverso le autostrade elettroniche.
Fare tutto questo lavoro, però, ha dei costi per l’Internet provider. Da qui la superposta, ma a pagamento.
Insomma, è proprio la proliferazione dei virus e delle email spazzatura che rende inevitabile il generalizzarsi della posta di qualità superiore, ma a pagamento.
Mentre questo fenomeno avanza, fa passi in avanti anche l’altro: e cioè quello della ricchezza complessivamente in aumento di Internet. Dove prima si scaricava qualche disegno e qualche foto, adesso arriva già molto di più. Immagini video, video e suono, aggiornamenti ai vari programmi anche di qualche megabit. Tutto questo fa sì che fra non molto (in realtà, già oggi) sia di fatto impossibile o assolutamente masochistico lavorare con connessioni Internet lungo la linea telefonica normale (a 56 k, teorici). Bisognerà per forza andare sull’Adsl, nelle sue varie forme.
Ma l’Adsl si paga (tanto o poco, a seconda dei provider e dei contratti, ma si paga). E quindi si vede che il cerchio si sta chiudendo.
Di fatto saremo obbligati, dall’evolversi delle cose, a andare sull’Adsl, e quindi a pagare, per le connessioni, e a andare sui servizi di superposta (sempre a pagamento) per lo scambio delle nostre email e dei documenti. A quel punto l’Internet free, libero, gratis, sarà solo un ricordo. I più anziani di noi ricorderanno di aver vissuto quei giorni in cui bastava avere un computer e un modem per entrare nel magico mondo di Internet. Già fra qualche anno tutto questo non sarà più possibile e Internet costerà. E’ anche possibile (con gioia dei parenti) che non ci siano più i tipi capaci di stare tutta la notte su Internet e navigare e a vagare come dei dispersi. Con Internet si farà come con il telefono: si cercherà di essere brevi, veloci, essenziali.
E questa è appunto la Fase 2 di Internet in Italia, quella in cui si paga. Fase cominciata l’11 novembre 2003.
Ma che cosa era successo. Semplicemente questo: alcuni milioni di utenti di Libero, Iol, Inwind (i tre marchi del gruppo Wind, il più grande Internet provider italiano) si sono accorti di colpo di non poter più accedere alle proprie caselle di posta elettronica. Prima, ovviamente, hanno pensato a un guasto alle proprie macchine, al proprio collegamento, al proprio software. Poi, quando si è capito che la cosa era generalizzata, hanno pensato che fosse successo qualcosa a Wind (un server incagliato un collegamento saltato). Niente.
Solo dopo un certo tempo, qualcuno è andato a ripescare alcune email che erano arrivate dal provider e che erano state accantonate perché scambiate per una delle tante offerte promozionali che ogni tanto arrivano in rete. Leggendo quelle lettere (un raro capolavoro di confusione e di pessimo marketing) si veniva a sapere che, effettivamente, Libero & C. avevano informato gli utenti che da novembre (ma senza specificare la data, che invece era reperibile nel sito, ben nascosta) le caselle di posta elettronica non sarebbero più state consultabili con i normali browser di posta (outlook, Eudora), cioè quei software che consentono di scaricare la posta "in diretta", anche mentre si naviga o anche mentre si è al bar.
Una lettura un po’ attenta (collettiva, questa volta, con frequenti telefonate ai vari call center e a amici ritenuti più esperti) permetteva di capire come stavano veramente le cose. Dalla mattina dell’11 novembre, le caselle di posta elettronica erano consultabili solo via web. Bisognava andare, cioè, sul sito di Libero (o Iol o Inwind), piazzarsi sullo spazio della posta, digitare l’identificativo e la password, e solo a quel punto si aveva accesso alla propria corrispondenza. In pratica, Libero e i suoi cugini avevano respinto alcuni milioni di abbonati ai servizi di posta elettronica indietro di una quindicina d’anni, forse anche di più. Una scomodità mai vista. Ma come mai uno scherzo così pesante ai danni di tante persone. E, soprattutto, su un "argomento" come la posta elettronica che ormai è diventata indispensabile come il telefonino? Che ormai fa parte dell’identità dell’uomo moderno?
Altre ricerche e infine la matassa era dipanata. Per poter tornare a usare la posta elettronica come prima, con i browser, c’erano solo due strade:
1 Collegarsi a Libero attraverso uno dei canali Wind (cioè telefono Infostrada o telefonino Wind).
2 Oppure pagare dai 15 ai 30 euro all’anno per avere accesso ai servizi superiori di posta (con servizio antivirus e antispamming). In questo secondo caso, e solo in questo, si poteva accedere alla propria casella di posta elettronica liberamente, come si era sempre fatto prima.
La prima opzione, in realtà, non è tanto consigliabile perché se uno magari a casa ha una linea telefonica Infostrada, non è detto che in ufficio abbia la stessa cosa, o che sia Infostrada l’albergo nel quale va a fare il weekend (senza per questo voler rinunciare a consultare la propria posta).
Insomma, in realtà l’unica strada sensata, dall’11 novembre in avanti, è quella di pagare 30 euro, godere dei servizi offerti da Wind (antivirus, antispamming, casella più grande, ecc.).
Si è verificato, in sostanza, quello che molti temevano da tempo e che avevano già messo in cantiere: la fine dell’Internet gratis, sempre e comunque.
L’unica cosa seccante, in tutta la faccenda, è che Wind, invece di dire chiaro e tondo quale era la sostanza del problema, ha inviato un mucchio di email confuse e indecifrabili.
In ogni caso, dall’11 novembre in avanti si è capito che, se si vuole godere di un buon servizio di posta elettronica e non avere sorprese, l’unica cosa è pagare. Nel caso di Liberto & C. 30 euro all’anno.
Non si sa come andrà a finire, ovviamente, l’esperimento di Wind. Fra le dieci persone che conosco io e che usano Libero dall’11 novembre tutti sono migrati, hanno cioè abbandonato Wind per andare a posarsi presso altri Internet Provider che non hanno ancora abolito il servizio di posta gratuito. In parte sono andati da Tiscali, in parte da Virgilio e in parte da Tin.it.
Però, ormai la miccia è stata accesa e non è difficile prevedere che prima o poi tutti faranno pagare. Già anche gli altri offrono servizisuper di posta elettronica a pagamento, ma l’adesione a questi servizi è volontaria. La novità di Wind è che di fatto ha reso obbligatoria (e anche molto ruvidamente) la scelta dei servizi super.
Gli altri Internet provider, per ora, proseguono come prima. Continuano cioè a tenere la posta elettronica libera e gratis. Però è evidente che, prima o poi, si arriverà al punto in cui tutti, più o meno, faranno pagare.
E’ inevitabile che si finisca lì per una ragione molto semplice. Ormai la posta elettronica è diventata un servizio universale (la usano anche i ragazzini di dodici anni) e, con la sua crescita, sono aumentati a dismisura anche i disturbi, tipo virus e posta indesiderata (spamming). Proprio a Libero hanno calcolato che negli ultimi tempi la posta indesiderata (quelli che vi offrono a prezzi scontati Viagra o fotografie di asiatiche dodicenni nude) è arrivata a rappresentare il 50 per cento del traffico di email. Chiunque di noi, aprendo alla mattina la sua casella, si vede invaso da 405060 email del tipo che ho appena descritto.
In sostanza, gli Internet provider si trovano a dover spendere soldi e energie per veicolare un mucchio enorme di spazzatura e gli utenti (cioè noi) si trovano a avere ogni giorno il problema di sbarazzarsi di decine e decine di email inutili, che magari intasano il computer per delle mezz’ore. In più c’è la grana dei virus: a qualcuno (poco attento) è capitato di dover mandare il notebook in fabbrica perché completamente "posseduto" dai virus.
Il rimedio a tutto ciò non può che essere un servizio di postasuper, dove i virus e le email spazzatura vengono sterminati senza pietà già nella casella di posta elettronica del provider, prima che le email partano per il nostro computer. Fra l’altro l’esistenza di simili servizi dovrebbe anche far scendere la quantità di roba indesiderata che viene lanciata attraverso le autostrade elettroniche.
Fare tutto questo lavoro, però, ha dei costi per l’Internet provider. Da qui la superposta, ma a pagamento.
Insomma, è proprio la proliferazione dei virus e delle email spazzatura che rende inevitabile il generalizzarsi della posta di qualità superiore, ma a pagamento.
Mentre questo fenomeno avanza, fa passi in avanti anche l’altro: e cioè quello della ricchezza complessivamente in aumento di Internet. Dove prima si scaricava qualche disegno e qualche foto, adesso arriva già molto di più. Immagini video, video e suono, aggiornamenti ai vari programmi anche di qualche megabit. Tutto questo fa sì che fra non molto (in realtà, già oggi) sia di fatto impossibile o assolutamente masochistico lavorare con connessioni Internet lungo la linea telefonica normale (a 56 k, teorici). Bisognerà per forza andare sull’Adsl, nelle sue varie forme.
Ma l’Adsl si paga (tanto o poco, a seconda dei provider e dei contratti, ma si paga). E quindi si vede che il cerchio si sta chiudendo.
Di fatto saremo obbligati, dall’evolversi delle cose, a andare sull’Adsl, e quindi a pagare, per le connessioni, e a andare sui servizi di superposta (sempre a pagamento) per lo scambio delle nostre email e dei documenti. A quel punto l’Internet free, libero, gratis, sarà solo un ricordo. I più anziani di noi ricorderanno di aver vissuto quei giorni in cui bastava avere un computer e un modem per entrare nel magico mondo di Internet. Già fra qualche anno tutto questo non sarà più possibile e Internet costerà. E’ anche possibile (con gioia dei parenti) che non ci siano più i tipi capaci di stare tutta la notte su Internet e navigare e a vagare come dei dispersi. Con Internet si farà come con il telefono: si cercherà di essere brevi, veloci, essenziali.
E questa è appunto la Fase 2 di Internet in Italia, quella in cui si paga. Fase cominciata l’11 novembre 2003.
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