Licenza al Cromo
Chrome, il nuovo browser di Google, e' stato appena lanciato con squilli di tromba e svolazzamento di fumetti su scala planetaria, a sottolineare l'importanza dello strumento principale che ci fa interagire con la rete.
Non e' purtroppo bastata una guerra dei browser, conclusasi tristemente qualche anno fa con la vittoria di Microsoft Internet Explorer 6 e che ha lasciato uno strascico di falle di sicurezza e web standards male interpretati che ancora oggi si fatica a rimediare.
Nell'internet moderna, sempre piu' dominata da pubblicita' e contenuti multimediali, una nuova guerra di browser sta per cominciare per controllare e indirizzare i "consumatori" della rete.
L'entrata di Google in questa guerra ha una notevola importanza, perche' la potenza informatica del colosso di Mountain View e' in grado di introdurre delle interessanti novita' sotto l'aspetto tecnologico, ma al tempo stesso solleva non poche perplessita', al punto che sembra piu' adatto parlare di prepotenza informatica.
Nella fretta di scaricare e provare il nuovo luccicante browser di Google, pochi avranno infatti letto i suoi termini d'uso. Lo ha fatto, attentamente, un avvocato che ha poi pubblicato le sue osservazioni sul blog TapTheHive, subito ripreso dal Register.
Come evidenzia David Loschiavo, nello scaricare e conseguentemente usare Chrome si concede a Google una licenza perpetua, irrevocabile, globale, gratuita e non-esclusiva a riprodurre adattare, modificare, tradurre, pubblicare e distribuire qualsiasi contenuto che sia inviato o mostrato mediante il browser.
Questi termini d'uso sono i medesimi termini definiti da Google per altri suoi servizi online, come ad esempio GoogleApps, dove vale appunto il medesimo principio, ovvero Google si appropria dei diritti d'uso dei documenti memorizzati sui propri server.
Non e' chiaro come possano pensare di applicare questo approccio anche a uno strumento come il browser, ad ogni modo al di la' delle disquisizioni tecniche la licenza parla chiaro ed e' ben difficile pensare che sia stato un errore di copia-incolla da parte di qualche dipendente di Mountain View.
Non e' la prima volta, in passato ci hanno provato altri, come Microsoft Messenger e AOL.
Nelle precedenti circostanze, gli utenti della rete si sono ribellati a questi termini d'uso che forse sarebbe piu' corretto chiamare termini d'abuso.
Speriamo che lo stesso avvenga, al piu' presto, contro la prepotenza di Google.
Nel frattempo, ne e' vivamente sconsigliato l'uso e in alternativa, ancora una volta, l'unica garanzia di liberta' e indipendenza viene offerta dal software libero: nessuna clausola del genere e' presente in Mozilla Firefox.
La scusa ufficiale e' che si e' trattato di un errore, nel tentativo di riciclare una EULA gia' esistente (quella di GoogleDocs).
Una scusa che non sta molto in piedi: per un prodotto di rilevanza internazionale come Chrome, frutto di quasi due anni di lavoro segreto, i termini d'uso vengono sicuramente analizzati e ponderati in ogni dettaglio, prima di essere pubblicati.
In altre circostanze (ad esempio Gmail), i termini d'uso sono stati ben espliciti, e da subito, su un tema cosi' delicato. Se proprio volevano "riciclare" un'EULA, perche' quindi non quella di Gmail?
Resta il sospetto che si sia trattato di una scelta intenzionale, per saggiare la sensibilita' della rete sul tema e provare a conquistare, sul piano legale, un territorio sul quale ne vedremo ancora di tentativi di controllo e/o appropriamento indebito.
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