Egoismo da Ultimo game

Attraverso i giochi e le simulazioni, matematici, sociologi e antropologi studiano i comportamenti umani. Alla ricerca di un nuovo possibile altruismo e di una vera cooperazione nel mondo della competizione totale. A sorpresa, l'individualismo spesso produce brutte sorprese
4 gennaio 2004
Franco Carlini
Fonte: Il Manifesto - 4 Gennaio 2004
E'anche grazie alla rete Internet e alle sue pratiche sociali che il tema dell'altruismo è tornato con forza a imporsi alla comunità degli studiosi: sociologici, antropologi, politologi. Non che fosse mai scomparso, ma il dilagare della metafora del mercato con le relative teorie relative alla massimizzazione degli interessi individuali come unico motore dominante dei comportamenti umani aveva messo in ombra quell'altra faccia della civiltà umana che è esattamente opposta alla ferocia dei comportamenti che la nostra specie - unica - sa esibire, per esempio verso i nemici. E' la faccia generosa e disinteressata, quella che spinge a gesti «assurdamente» dannosi per sé, come il dono o il sacrificio. Sono molti gli studi sull'altruismo e il comportamento umano e ognuno di questi approcci getta una luce particolare su questo comportamento che appare tipico della specie umana a un livello che gli altri animali non esibiscono. Nel regno animale infatti le principali forme di altruismo che si possono vedere sono soprattutto di tipo egoistico - e non sembri una contrattazione in termini: ci si dà da fare specialmente per tutelare i propri parenti, per esempio i figli; in questo modo si massimizza la probabilità che i propri geni possano propagarsi nel tempo. Altre forme di cooperazione, come quelle tipiche delle società degli insetti, sono molto interessanti dal punto di vista teorico, ma totalmente diverse da quanto avviene nelle società umane; infatti la singola ape o formica non ha una visione generale del problema, ma è un singolo agente che risponde nel suo comportamento a poche regole che i suoi geni le dettano, come seguire la traccia delle colleghe nelle ricerca del cibo. Che da poche norme che prescrivono le interazioni a corto raggio emergano comportamenti collettivi complessi come la gestione di un termitaio è fantastico e offre utili indicazioni anche per il comportamento e la progettazione di tecnologie complesse (le reti appunto), ma non sembra sufficiente a spiegare l'altruismo e la cooperazione umani che sembrano rispondere anche ad altre regole.

L'esperimento più classico, tanto semplice quanto razionalmente stupefacente, è quello chiamato «Ultimatum Game», ben noto agli economisti sperimentali. Eccolo: a un soggetto, chiamiamolo A, viene messa a disposizione una somma di denaro significativa, per esempio pari a diversi mesi di stipendio. Con quella somma egli deve fare una proposta di suddivisione della somma con un altro soggetto, chiamiamolo B, e questa seconda persona può accettare la proposta o rifiutarla. Se la proposta viene rifiutata nessuno dei due riceverà nulla, mentre se viene accettata, la divisione della somma diventa effettiva. Se il giocatore B fosse del tutto razionale, egli dovrebbe accettare qualsiasi proposta di divisione, dato che «poco è comunque meglio di niente» e invece tutti gli esperimenti condotti mostrano che quando A offre una somma più bassa del 25 per cento, i soggetti B la rifiutano, con altissima probabilità. In altre parole B punisce A, anche a costo di rimetterci lui stesso quando percepisce l'offerta come troppo egoistica.

Gli studiosi chiamano questo comportamento «punizione altruistica» perché chi la esercita (il giocatore B) non lo fa in vista di uno stretto vantaggio personale, ma per dare una lezione di altruismo e buon comportamento sociale al giocatore A troppo avaro. E quando le interazioni vengono ripetute, cambiando i giocatori, si vede che gli A puniti sembrano avere appreso la lezione e nelle tornate successive alzano l'offerta.Comportamenti di questo tipo sono diversi e più interessanti del cosiddetto «altruismo reciproco», che è un'altra forma che tutti noi umani pratichiamo: faccio un regalo immaginando (scommettendo) che il destinatario del dono si ricorderà di me in futuro e magari per il prossimo compleanno mi farà un regalo a sua volta). Naturalmente i regali si fanno anche per sentirsi buoni e senza un calcolo razionale di venire ricambiati in futuro, ma quel sottofondo c'è, e infatti sono davvero pochi coloro che continuano a fare regali o anche soltanto semplici gentilezze se nel tempo l'altro soggetto non li ricambia in qualche misura. Dopo un po' ci si stufa e si lascia perdere.

L'Ultimatum Game e le sue molte varianti sperimentate nei laboratori è interessante perché illumina sui fondamenti culturali dell'altruismo come comportamento sociale più o meno diffuso. Fa riferimento infatti a norme (o se si vuole a etiche) anche non scritte e non sanzionate da leggi, ma che costituiscono il fondamento della cooperazione sociale. Analoghi sono i meccanismi basati sulla reputazione: se in una società la cultura diffusa valorizza in termini di prestigio e di credito sociale i comportamenti altruistici, allora questa cultura comune diventa un poderoso meccanismo per incentivare la cooperazione. Gli economisti e i matematici vanno studiando il problema e una eccezionale rassegna è stata pubblicata dalla rivista Nature, volume 425, pag. 785 - 23 October 2003, a firma Ernst Fehr e Urs Fischbacher dell'università di Zurigo. Segnalano però un elemento di crisi: nei modelli matematici ispirati alla teoria dei giochi e negli esperimenti di laboratorio, è possibile scorgere sia i meccanismi che portano all'instaurarsi della cooperazione, ma anche quelli che ne provocano il deterioramento. Capita infatti che in una certa popolazione (siano essi agenti software o persone vere, qui non importa) inizialmente molti siano disposti a collaborare, rinunciando in parte al proprio egoismo in vista di una reciprocità generale e diffusa. Tra l'altro è significativo che queste forme cooperative si sviluppino anche in rapporto alla gestione di beni comuni, là dove, invece, la pura razionalità degli interessi individuali spingerebbe i singoli a appropriarsi delle risorse comuni, portandole alla distruzione.

Questo è il caso della cosiddetta «Tragedia dei Commons», il cui esempio più «tragico», appunto, è la scomparsa dei giganteschi banchi di pesce nell'Atlantico del nord. Gli esperimenti e le ricerche dicono che non sempre le cose vanno così male e che invece anche le cose che sono di tutti e di nessuno possono essere tutelate, se ci sono meccanismi sociali e culturali adeguati. E del resto il caso delle rete, il più recente «Common» emerso, sembra confermarlo: essa regge come spazio pubblico nonostante le pensantissime tendenze a privatizzare, commercializzare, chiudere e appropriare.

Ci sono però anche i meccanismo distruttivi: in quella popolazione di studio, inizialmente composta da una maggioranza di individui collaborativi e ben disposti, contiene di norma anche un certo numero, magari piccolo, di egoisti spinti, che prendono senza dare, che traggono in inganno gli altri e dietro le spalle se ne approfittano. In questi casi, come è possibile verificare anche in ogni ambiente di lavoro o sociale, i ben disposti si stufano, gettano la spugna e anche se erano maggioranza, rinunciano a insistere: abbandonano la comunità oppure si fanno egoisti anche loro. Il meccanismo virtuoso si interrompe e la cooperazione diventa competizione selvaggia. Per ristabilire e sostenere la cooperazione servono sia il premio che la punizione sociale.Scrivono i nostri autori: "Se non viene praticata la punizione altruistica, la sola evoluzione culturale non è in grado di generare la cooperazione nei grandi gruppi".

Tuttavia quando viene esercitata la punizione dei non cooperanti le cose vanno meglio. «Questo è dovuto al fatto che la punizione altruistica dei non cooperanti, insieme alla imitazione dei comportamenti economici di successo previene l'erosione dei gruppi. Se c'è un numero sufficiente di punitori altruistici, allora i cooperatori ottengono risultati migliori dei non-cooperatori, dato che questi ultimi verranno puniti. Perciò il comportamento cooperativo verrà imitato più facilmente». Ovviamente qui il termine punizione viene usato in senso astratto e nessuno pensa a società militaresche dove l'altruismo sia un obbligo dettato dallo stato - sarebbe un vero incubo. A seconda dei casi può trattarsi di una semplice riprovazione sociale, oppure di sanzioni civili o penali. Nei villaggi la "punizione" magari verrà erogata dagli anziani, ma nelle nostre società può bastare un rimprovero ad alta voce per fermare il maleducato che salta la coda. Le varianti sono infinite e non riguardano solo le punizioni ma anche gli incentivi, morali e materiali ai comportamenti cooperativi. Gli antropologi hanno da tempo studiato questi fenomeni, in diverse società, moderne come «primitive», che si tratti della foresta Amazzonica come delle comunità virtuali di rete: in queste ultime genera tuttora meraviglia il livello di aiuto e di condivisione delle conoscenze che viene erogato, anche tra persone che non si conoscano e persino nei confronti di persone che si affacciano al gruppo per la prima volta.

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