Sul significato di free software
Termini come "open-source" e "free software" compaiono da alcuni mesi con un certa regolarità anche negli articoli dei quotidiani più diffusi nel nostro paese.
Non si tratta, comunque, di una notizia totalmente buona, visto che, in molti casi, tali termini vengono utilizzati a sproposito. E sembra che, almeno fino ad oggi, l'unica testata a grande tiratura in Italia in grado di comprendere appieno il significato di questa terminologia, e, più in generale, di scrivere senza errori di stampa "Linus Torvalds" o di percepire la differenza tra Richard Stallman e un pescivendolo sia "Il Sole24 ore" - continuate a leggere, è la l'ultima volta che lo nomino, giuro!, ma bisogna pur essere obiettivi... :) -
Visto che di confusione ce n'è fin troppa, penso, sia giunto il momento che su Decoder si faccia un po' il punto della situazione e non sia dia nulla per scontato.
Partiamo dai termini. Cosa significa "free software" o, meglio ancora, cosa significa "free"? Se avete detto "gratis" siete già partiti col piede sbagliato :). In inglese "gratis" è solo uno dei tanti significati (e neppure il più utilizzato) di "free".
Nel caso del software, "free" significa, sostanzialmente, "libero". E "libero" sta ad indicare "libertà".
Per capire quali solo le libertà consentite dal vero "free-software", analizziamo le due licenze open-source per eccellenza: la GPL (General Public License, ideata da Richard Stallman all'interno del progetto Gnu) e la BSD (Berkeley Software Distribuition, inizialmente ideata per accompagnare il software creato nei centri ricerca della nota università californiana).
Entrambe queste licenze permettono di:
- installare il software su quante macchine si vuole e farlo utilizzare ad una o più persone contemporaneamente;
- avere accesso al codice sorgente e modificare il software (proteggendo comunque i diritti dell'autore originario) che dovrà essere rilasciato sotto la stessa licenza del software di partenza;
- copiare il software e distribuirlo (anche la vendita è permessa) da solo o aggregandolo all'interno di una distribuzione contente altro software (anche se distribuito con licenza diversa) o altro materiale (manuali, ecc.) o servizi (contratti di assistenza, ecc.);
- utilizzare il software in ogni campo (la licenza non può discriminare alcun gruppo o persona o alcun campo di attività).
Nei punti esposti sopra vengono sintetizzate quelle che sono le caratteristiche più importanti del "free software".
E' evidente che l'aspetto commerciale non viene assolutamente trascurato (come si spiegherebbe l'interesse di IBM per Linux, ad esempio?) e non si viene neppure meno la difesa dei diritti dell'autore (aspetto fondamentale, questo, altrimenti terze persone potrebbero "impossessarsi" di software "free" altrui e brevettarlo, rendendolo cosi' "non-libero").
L'alone di confusione attorno al software "open-source" è dovuta anche alla presenza di alcune licenze o modalità di distribuzione di software che, facendo velati accenni a termini quali "gratis" e "pubblico", riescono spesso a fuorviare l'utilizzatore finale nella sua scelta.
Basandoci su quanto detto sopra, distinguere il vero "free-software" dalle trappole tese dagli addetti al marketing delle software-house dovrebbe essere piuttosto semplice, ma vediamo ora alcuni casi di falso free-software.
Il software "gratis", quello distribuito con i cd delle riviste ad esempio. Spesso distribuire a costo zero un software commerciale (magari una versione un po' vecchiotta o priva di alcune funzionalità) è solo una strategia utilizzata da qualche grossa software house per stroncare la piccola concorrenza nascente.
Le versioni trial (quella che funzionano solo 30/60 giorni, tanto per capirsi) sono solamente un veicolo pubblicitario (provi il prodotto e se ti piace lo compri).
Il software di pubblico dominio è forse quello che più riesce a confondersi con il "free-software". Viene messo a disposizione di tutti. Spesso viene distribuito anche con il codice sorgente. La grossa differenza è che questo tipo di software non viene in alcun modo tutelato da alcuna forma di copyright. Potrebbe essere inserito in un progetto commerciale senza che nulla sia dovuto agli autori e senza alcuna forma di "ritorno" per la comunità.
Ma il vero cavallo di troia, la tipologia più subdola di falso "free-software" sono i prodotti "regalati" ad istituti scolastici ed università. Dietro i quali si nascondono onerosissimi contratti di manutenzione e assistenze e, soprattutto, rinnovi futuri di licenze a costi tutt'altro che "free" (e in questo caso con "free" intendo "gratis"!).
Il vero software "free" è sempre "free". I diritti dei suoi creatori vengono tutelati dal copyright e viene distribuito sotto un'apposita licenza. Il vero software "free" viene distribuito con i propri sorgenti (che vengono acclusi nel supporto mediante il quale il software viene distribuito, o messi comunque a disposizione in Internet).
Non si può, cioè, limitarsi alla sola distribuzione dei file eseguibili (il file eseguibile è la versione binaria del software, una serie di 0 e 1 comprensibili solo dall'elaboratore; nel mondo windzoz sono i file .exe, tanto per capirci), ma ci si impegna anche a mettere a disposizione il codice sorgente (cioè il programma scritto in una forma più vicina al linguaggio umano; detta forma viene chiamata "linguaggio di programmazione").
Tutto questo allo scopo di dare la possibilità all'acquirente che ne sia in grado, di apportare modifiche o manutenzioni. O quantomeno di garantire l'utilizzatore sul fatto che sia possibile controllare la presenza di funzionalità "nascoste" nel software (questo è uno dei motivi per i quali alcuni governi sono piuttosto interessato a Linux rispetto altri sistemi operativi).
Se queste affermazioni vi stanno facendo pensare su quali possono essere i pericoli del software non libero, mi permetto di ricordavi che una software house può decidere di abbandonare lo sviluppo di un software commerciale in un qualsiasi momento, costringendo i propri clienti a "migrare" verso nuovi software (sempre della medesima software house, magari).
E' singolare come ciò che sembra normale, ad esempio, per il mercato automobilistico, non lo sia altrettanto per il mondo dell'informatica.
Quanti di voi comprerebbero una macchina con il cofano appositamente saldato affinché non sia possibile guardarci dentro?
Quanti di voi avrebbero la pazienza di aspettare (e pagare!) per la nuova versione di un'automobile perché quella appena acquistata si ferma ogni 2 chilometri? - Sul quadrante ovviamente vi appare uno schermo blu: "Quest'auto ha compiuto un operazione non autorizzata." :) -
Quale governo si affiderebbe praticamente ad un unico fornitore di software per sistemi operativi e gli applicativi di tutti gli uffici pubblici senza avere la possibilità di verificare nel dettaglio il funzionamento di tale software? - Il nostro?... :( -
Mi fermo qui, altrimenti sarebbe veramente singolare dover cominciare a mettersi a parlare di "sicurezza nazionale" su Decoder! - Quale governo, nel ventunesimo secolo, metterebbe l'intera propria infrastruttura informatica nelle mani di società di un paese straniero, ecc, ecc. :)-
(da Decoder.it - 22 aprile 2002)
http://www.altoforno.net/domini/fondazione2/sito/temat/tecnologie/dossier/dossier/c_dif_os_frees
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