Web sotto tutela? No grazie! Stoppiamo il decreto legislativo del Governo sugli audiovisivi
Siamo preoccupati per l’imminente varo del decreto legislativo con cui il governo intende dettare nuove norme sulla comunicazione audiovisiva sul web.
Tali norme, così come sono attualmente formulate, rischiano di porre “sotto tutela” questo settore strategico per la libertà di espressione multimediale.
Il governo coglie infatti l’occasione del “dovere di recepimento” di una direttiva europea (la 2007/65/CE) per sconfinare su questioni che attengono alla libertà di comunicazione su Internet e per varare norme assai discutibili di “controllo preventivo” sui contenuti, norme che debordano dai fini della direttiva europea stessa.
Lo schema di decreto legislativo di attuazione è stato approvato dal Consiglio dei ministri ed è stato inviato alle Camere nel mese di dicembre. E’ ora al vaglio delle commissioni competenti della camera dei deputati e del senato, che stanno per esprimere il loro parere.
In pochi giorni rischia così di entrare in vigore una normativa che sta allarmando i gestori dei siti web e gli stessi Internet provider che potrebbero essere incaricati di doveri di controllo preventivo e di rettifica dei contenuti audiovisivi, non previsti dalla direttiva europea.
Le nuove norme del governo prevedono un futuro regolamento collegato ai nuovi limiti e divieti relativi al diritto d’autore (e quindi saranno previste nuove sanzioni). Ma già lo stesso schema stabilisce sanzioni pecuniarie fino a 150 mila euro nel caso in cui non si dia seguito a ordini amministrativi sul punto (art. 6).
Non è difficile vedere in tutto ciò un sottinteso intento di controllo restrittivo delle nuove potenzialità audiovisive del web con cui i cittadini stanno gestendo la comunicazione su Internet. I cittadini che montano, elaborano e condividono immagini, filmati, suoni, informazioni per finalità sociali e anche didattiche, rischiano di diventare oggetto di controllo preventivo da parte degli stessi siti web e dei fornitori di servizi Internet, che finiscono per assumere responsabilità di garanzia e verifica che non competono loro ad esempio nel campo del diritto d’autore.
Ecco perché PeaceLink fa appello ai parlamentari e al “popolo di Internet” affinché:
a) sia fermato l’iter del decreto legislativo al fine di compiere una discussione più attenta e allargata;
b) sia “depurato” il decreto da quelle norme restrittive e di controllo della comunicazione audiovisiva via web che non sono attuazione della direttiva 2007/65/CE;
c) in particolare sia rivisto l’articolo 6 sulla “protezione del diritto d’autore” che si applica “indipendentemente dalla piattaforma utilizzata per la trasmissione dei contenuti audiovisivi”.
Lanciamo un appello a tutti i parlamentari in difesa della Costituzione perché sia scongiurato il rischio che il decreto del governo si caratterizzi per un eccesso di poteri. Non si può’ legiferare, infatti, in assenza del consenso del parlamento, che ha delegato solo l’attuazione di norme previste dalla direttiva sui media audiovisivi. Introdurre con questo decreto legislativo norme che la direttiva e il parlamento non hanno previsto, modificando in pochi giorni sistemi normativi così complessi (sulla televisione, sul cinema, sul diritto d’autore) sarebbe incostituzionale.
Se il governo intende legiferare con questo strumento - introducendo norme restrittive e di controllo che la direttiva europea esplicitamente esclude per i siti web – agirà quindi contro la Costituzione.
Se invece questo non è l’intento del governo, chiediamo che scriva a chiare lettere nello schema del decreto legislativo che i siti web e i fornitori di servizi Internet non sono in alcun modo toccati dalle nuove norme sulla comunicazione audiovisiva e dalla revisione del testo unico della radiotelevisione che il decreto legislativo va a modificare inserendo nuove definizioni tecniche e terminologiche (come “piattaforma per la trasmissione dei contenuti audiovisivi”) all’interno delle quali è facile contemplare anche i servizi Internet in qualche modo collegati al mondo audiovisivo.
E’ auspicabile pertanto una revisione e condivisione democratica delle nuove norme sulla comunicazione audiovisiva mediante le nuove tecnologie, e ciò deve avvenire con il consenso e non “contro” quella società civile che utilizza il web per la comunicazione audiovisiva.
PICCOLA FAQ PER INQUADRARE IL PROBLEMA
Ma da cosa nasce e cosa prevede la nuova direttiva europea?
L’avvento di nuove tecnologie che affiancano la TV tradizionale ha spinto le autorità europee a definire, tramite un’apposita direttiva, un complesso minimo di norme coordinate da applicare a tutti i servizi di media audiovisivi. Tale direttiva è la 2007/65/CE che modifica la precedente direttiva comunitaria 89/552/CEE.
Perché e su che basi sta intervenendo il governo?
Il Parlamento (con una legge che ogni anno si occupa delle direttive europee da recepire) ha delegato l’attuazione di questa direttiva al governo, che quindi in questi casi recepisce i criteri fissati dal parlamento e prepara un decreto legislativo, il cui iter prevede l’esame del testo in sede consultiva (l’espressione di pareri) da parte di alcune commissioni parlamentari e poi la definitiva approvazione.
Cosa prevede lo schema di decreto legislativo del governo?
Questo schema modifica a fondo il sistema di norme (testo unico) sulla televisione, che in sostanza (compresi gli obblighi e la necessità di chiedere alcune autorizzazioni) verrebbe a riferirsi d’ora in poi non più all’assetto del sistema radiotelevisivo e alle trasmissioni televisive, ma alla prestazione di servizi di media audiovisivi e di radiofonia - lineari e a richiesta – “su qualsiasi piattaforma di diffusione”. L’art. 6 dello schema del decreto legislativo si occupa di protezione del diritto d’autore: i fornitori di servizi di media audiovisivi si devono astenere dal trasmettere o ritrasmettere, o mettere comunque a disposizione degli utenti, su qualsiasi piattaforma programmi o parti di tali programmi senza il consenso dei titolari.
Perché questo schema rischia di debordare dalla normativa europea?
La direttiva 2007/65/CE specifica testualmente che essa “non dovrebbe comprendere le attività precipuamente non economiche e che non sono in concorrenza con la radiodiffusione televisiva, quali i siti internet privati e i servizi consistenti nella fornitura o distribuzione di contenuti
audiovisivi generati da utenti privati a fini di condivisione o di scambio nell’ambito di comunità di interesse”.
La direttiva intende inoltre “escludere tutti i servizi la cui finalità principale non è la fornitura di programmi, vale a dire i servizi nei quali il contenuto audiovisivo è meramente incidentale e non ne costituisce la finalità principale. È il caso, ad esempio, dei siti internet che contengono elementi audiovisivi a titolo puramente accessorio, quali elementi grafici animati, brevi spot pubblicitari o informazioni relative a un prodotto o a un servizio non audiovisivo”.
La direttiva specifica ancora che nessuna sua disposizione “dovrebbe obbligare o incoraggiare gli Stati membri a imporre nuovi sistemi di concessione di licenze o di autorizzazioni amministrative per alcun tipo di servizi di media audiovisivi”.
In queste dichiarazioni è chiarissima la finalità di evitare conseguenze quali quelle che si stanno delineando.
A parte i problemi di compatibilità con la direttiva 2007/65/CE, lo Stato italiano è libero di intervenire su Internet?
Lo schema del decreto legislativo del governo non solo entra in contrasto con la direttiva 2007/65/CE che intende attuare, ma sembra in contrasto anche con la direttiva 2000/31/CE sul commercio elettronico e altri servizi della società dell’informazione (e con il decreto di attuazione, ossia il D.Lgs. 70/2003, in particolare artt. da 14 a 17) che vieta di introdurre un obbligo di vigilanza – attraverso la previsione di responsabilità - da parte di soggetti che non forniscono contenuti ma li veicolano (era già chiaro nel 2000 che sarebbe stato impensabile imporre un tale obbligo). La nuova normativa obbligherebbe alla preventiva rimozione di contenuti che si ritiene violino le normative sul diritto d’autore, con rischi di sanzioni che, per ora, possono arrivare a 150.000 euro. Sorgerebbero anche numerosi problemi d’interpretazione e contenziosi.
Non è superfluo sottolineare che, si legge nella 2007/65/CE, “ai fini della presente direttiva, la definizione di fornitore di servizi di media dovrebbe escludere le persone fisiche o giuridiche che si occupano solo della trasmissione di programmi per i quali la responsabilità editoriale incombe a terzi”.
Quali sono le preoccupazioni del mondo Internet?
Secondo AIIP (Associazione Italiana Internet Provider) il testo proposto alle Camere non sarebbe conforme alle disposizioni della Direttiva europea perché estendendo alla totalità di Internet alcuni principi della comunicazione televisiva, supera nei fatti le intenzioni del Legislatore comunitario che non intendeva certo mettere “sotto tutela” l’intera Rete né, tantomeno, negare l’applicazione della Direttiva Commercio Elettronico.
Non solo. Persino Google, per esempio, teme di essere considerata, sulla base del nuovo decreto legislativo del governo, alla stregua di una “emittente televisiva”, come hanno spiegato i suoi consulenti italiani dichiarando la loro preoccupazione.
Ma problemi, dubbi e confusione toccherebbero infine ogni utente di Internet, inserendo nello spazio Internet elementi e fattori di diffidenza e litigiosità.
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