Come cambierà Internet dopo il decreto legislativo del governo?
Come evidenziava un editoriale di PeaceLink lo scorso 3 febbraio, il testo aveva destato allarme anche perché sottoponeva l’attività di trasmissione di contenuti audiovisivi via internet a un regime di obblighi analoghi a quelli vigenti per il sistema radiotelevisivo. Lo schema del decreto legislativo sembrava andare oltre i limiti stabiliti dal Parlamento nella propria delega anche riguardo ad altre previsioni.
Il voto nelle Commissioni parlamentari
Lo scorso 4 febbraio, a conclusione dell’iter parlamentare (gli atti del governo sono sottoposti a pareri non vincolanti), la Commissione “lavori pubblici e comunicazioni” del Senato ha espresso a maggioranza un parere favorevole, a condizione che il testo venga modificato in numerose sue parti (31 condizioni e alcune osservazioni all’attenzione del governo). I parlamentari del Partito democratico e dell’Italia dei valori hanno tenuto fermo il proprio giudizio negativo sul testo e votato un parere contrario, chiedendo in particolare lo stralcio di tutte le parti relative a internet e al diritto d’autore e considerando anomala nel panorama internazionale la previsione di un’autorizzazione per lo svolgimento di alcuni servizi in ambito internet.
Cerchiamo ora un modo per addentrarci in questa certo non facile materia.
Quali erano i principali nodi che rendevano controverso il testo preparato dal governo?
a) l’estensione della regolamentazione e di alcuni obblighi propri del sistema radiotelevisivo, che sembravano riferirsi, grazie a una definizione ampia di “servizio di media audiovisivo”, alla maggior parte dei siti internet e anche ai motori di ricerca;
b) l’obbligo dei fornitori di tali servizi, su richiesta di chiunque si ritenga leso nell’onore e nella reputazione, di rettificare i contenuti entro 48 ore;
c) l’obbligo di acquisire, prima di trasmettere un qualsiasi contenuto audiovisivo, il consenso dell’autore, pena l’irrogazione di pesanti sanzioni pecuniarie;
d) la necessità di un titolo abilitativo (un’autorizzazione) per svolgere tali servizi;
e) l’eccesso di poteri rispetto alla delega conferita dal Parlamento e il contrasto con la normativa europea, comprese alcune disposizioni della stessa Direttiva da recepire e di altri atti europei, diretti a favorire lo sviluppo della rete e dei contenuti digitali.
Fermo restando quanto stabilito dai considerando da 16 a 23 della direttiva 2007/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, che modifica la direttiva 89/552/CEE del Consiglio relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive, non rientrano nella definizione di "servizio di media audiovisivo" i servizi prestati nell’esercizio di attività precipuamente non economiche e che non sono in concorrenza con la radiodiffusione televisiva, quali i siti internet privati e i servizi consistenti nella fornitura o distribuzione di contenuti audiovisivi generati da utenti privati a fini di condivisione o di scambio nell’ambito di comunità di interesse, nonché ogni forma di corrispondenza privata, come i messaggi di posta elettronica inviati a un numero limitato di destinatari. Non rientrano altresì nella definizione di "servizio di media audiovisivo" i servizi la cui finalità principale non è la fornitura di programmi, vale a dire i servizi nei quali il contenuto audiovisivo è meramente incidentale e non ne costituisce la finalità principale, quali, a titolo esemplificativo, i siti internet che contengono elementi audiovisivi puramente accessori, come elementi grafici animati, brevi spot pubblicitari o informazioni relative a un prodotto o a un servizio non audiovisivo, i giochi d’azzardo con posta in denaro, ad esclusione delle trasmissioni dedicate a giochi d’azzardo e di fortuna, i giochi in linea, i motori di ricerca e le versioni elettroniche di quotidiani e riviste, i servizi testuali autonomi».
Le condizioni allegate al parere parlamentare prevedono in primo luogo che venga ridimensionata la definizione di “servizio di media audiovisivo”, eliminando alcune ambiguità e specificando i casi che non vi rientrano (in pratica vengono riprodotte le premesse della Direttiva che delimitano i confini entro cui la stessa è destinata a operare, in particolare il “considerando" 18). Di conseguenza sarebbero destinatari dei nuovi obblighi solo i fornitori di servizi che non sono stati posti al di fuori di tale ambito. Alcune modifiche riguardano anche la definizione di “responsabilità editoriale” (cfr. l’apposito riquadro).
I siti web saranno regolamentati dalle nuove norme contenute nel decreto legislativo?
Non saranno destinatari degli obblighi stabiliti da questa normativa i fornitori di servizi prestati nell’ambito di attività non economiche e di quelli non in concorrenza con la radiodiffusione televisiva, ma anche i siti web che contengono elementi audiovisivi solo a titolo accessorio, compresi brevi spot pubblicitari, e i motori di ricerca (pur svolgendo quindi attività economiche), i servizi a fini di condivisione e di scambio nell’ambito di comunità di interesse e ogni forma di corrispondenza privata. Sono anche escluse espressamente (come previsto anche in questo caso chiaramente dalla Direttiva) le versioni elettroniche di quotidiani e riviste.
Chi gestisce siti web deve dar seguito entro 48 ore alle richieste di rettifica?
L’obbligo è previsto, ma soltanto a carico dei fornitori di servizi di media audiovisivi “lineari”, escludendone quindi i fornitori di servizi “a richiesta”.
Cosa sono i “servizi di media audiovisivi lineari” e quali sono le ragioni e gli effetti della distinzione?
La definizione è contenuta nella Direttiva 2007/65/CE e fa perno sulla figura del “fornitore”, che in questi casi offre un servizio di radiodiffusione televisiva (vale a dire per la visione simultanea di programmi sulla base di un palinsesto di programmi).
In linea generale la Direttiva chiarisce che per gli altri servizi, definiti indifferentemente “a richiesta” o “non lineari ” (scelti al momento dall’utente sulla base di un catalogo di programmi), è giustificata una regolamentazione più leggera, considerata la maggiore possibilità di scelta e di controllo da parte dell’utente e il minore impatto sulla società rispetto alle emissioni televisive.
In poche parole, in base alla nuova formulazione, sembrerebbe che da obblighi come quello della rettifica entro 48 ore risultino esclusi i fornitori di servizi come quelli offerti dal sito You Tube, e vi siano assoggettati, invece, i fornitori di servizi di diffusione continua in diretta (live streaming) e su internet (web casting).
Vi è l’obbligo di acquisire preventivamente il consenso dell’autore di un contenuto audiovisivo trasmesso via internet?
L’obbligo è ancora previsto (art.6 dello schema originario). Tenuto conto delle modifiche concordate nella commissione del Senato, lo schema di decreto prescriverebbe che “i fornitori di servizi di media audiovisivi [….] in particolare [.…] si astengono dal trasmettere o ri-trasmettere, o mettere comunque a disposizione degli utenti, su qualsiasi piattaforma e qualunque sia la tipologia del servizio offerto, programmi oggetto di diritti di proprietà intellettuale di terzi, o parti di tali programmi, senza il consenso di titolari dei diritti, e salve le disposizioni in materia di brevi estratti di cronaca”.
Su questo punto, quindi, non è chiaro quanto influisca il ridimensionamento della definizione di servizio di media audiovisivo.
E’ ancora prevista, come nello schema originario, la necessità di un’autorizzazione per prestare servizi di media audiovisivi?
E’ ancora prevista (art. 17 dello schema originario). Si introduce però una distinzione tra autorizzazioni, poiché quella per i servizi “a richiesta” (non lineari) è “più leggera” (una autorizzazione generale, consistente in una dichiarazione di inizio attività). Inoltre, nel nuovo art. 21 del T.U. 177/2005 della radiotelevisione, già dedicato ai servizi via cavo, si introduce un’autorizzazione a prestare i servizi di media audiovisivi “su altri mezzi di comunicazione elettronica” (tenuto conto delle modifiche concordate nella commissione del Senato, quindi, solo apparentemente viene meno l’autorizzazione originariamente prevista per i servizi di diffusione continua in diretta - o “live streaming” - e su internet - “o web casting”). A differenza che per i servizi via cavo – la competenza viene però affidata all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (un’amministrazione pubblica distinta rispetto a quelle che fanno capo al governo attraverso i vertici ministeriali).
Dimenticata la comunità, i disabili, gli aspetti innovativi
Soltanto una sommessa notazione - fermandosi solo ai temi di cui si è parlato - per evidenziare come i contenuti di questa normativa siano incapaci di rappresentare qualcosa di diverso e di più rispetto alle esigenze di natura repressiva (trascinandosi dietro su questo terreno l’intero dibattito sulla materia). Non sarebbe stato impossibile cogliere gli spunti che la prospettiva di una condivisione di regole nell’Unione europea può offrire per sollecitare uno sviluppo e una valorizzazione nel mondo di questi servizi. Per poterli cogliere dovrebbero essere considerati protagonisti comunità, valori, relazioni e opportunità (come quelle che potrebbero prospettarsi adottando concrete politiche inclusive delle persone diversamente abili, come vorrebbe la Direttiva). E’ assente invece l’aspirazione a considerare gli audiovisivi e altri nuovi mezzi d'espressione come strumenti a servizio di un patrimonio intellettuale comune - a volte meno intercettabile con mezzi diversi - con i quali per esempio provare ad avvicinare in forme nuove le generazioni più giovani e le loro abilità alle esigenze dei più anziani, ma anche alle loro risorse di esperienza e di conoscenza.
Conclusioni (per ora)
Anche se sembrano ridimensionate alcune delle norme più ambigue e pericolose per la libertà di comunicazione sulla rete, per la cui eliminazione PeaceLink aveva lanciato un appello, permangono molte perplessità. Sono del resto preoccupazioni condivise da operatori, associazioni, studiosi e anche da settori delle istituzioni (tra gli altri, in sede di audizione davanti alle commissioni parlamentari, dal Presidente dell’Autorità indipendente che regolamenta il settore, in un controverso condominio con il governo).
Al di là delle specifiche previsioni, l’effetto complessivo di una regolamentazione di questo tipo contraddice la finalità di sviluppare le potenzialità e lo sfruttamento della rete, finalità ispiratrice della normativa sul commercio elettronico (Direttiva 2000/31/CE) e di altri atti in sede europea. Tra l’altro, se pensiamo che i servizi di media audiovisivi provengono spesso da altri Stati dell’Unione europea, è da considerare che le restrizioni alla loro libera fornitura sono possibili solo con procedure formalizzate e per precise ragioni (tutela dell’ordine pubblico, della sanità pubblica e interessi di analogo livello), come stabilisce, per i servizi “a richiesta”, la stessa Direttiva 2007/65/CE (considerando 35).
Riservandosi di tornare a esaminare anche le norme e questioni trattate oggi, PeaceLink continuerà a seguire e a sollecitare il confronto su questa materia e sull’intervento normativo in atto, con l’idea di dover favorire un avvicinamento da parte dei cittadini e dei frequentatori della rete rispetto ai temi che riguardano la libertà e l’uso degli strumenti di partecipazione di cui disponiamo.
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