In una nuvola. Quel che serve, solo quel che serve.
Una volta tanto, niente Peace & Love. Invece ecco una riflessione sull’argomento tecnologico più trendy del momento, da qualcuno addirittura additato come nuova rivoluzione in divenire, dopo quella degli smartphone e dei tablet.
E del resto, cosa c’è di più comodo, in questa epoca di estrema mobilità, avere i propri dati sempre a portata di click o di swype? A partire dall’immancabile rubrica degli indirizzi o il calendario degli eventi, fino ad arrivare ai propri documenti, all’articolo da comporre via via magari aspettando il tram, al foglio di calcolo che ti mostra gli utilissimi orari delle ferrovie, all’album fotografico delle ultime vacanze da assaporare via iPhone per relax?
Cloud, allora. Il termine inglese che significa, appunto, “nuvola”. Una nuvola online, ovviamente, su cui adagiare metaforicamente i propri appunti, i propri indirizzi, i propri file. Un collegamento in Rete – dal PC, dall’iPad, dall’Android o altri dispositivi – ne assicura poi la fruizione dovunque si è. Con grandi vantaggi ma anche, se vogliamo esser pignoli, qualche perplessità.
Di sicuro è una tecnologia nata da poco ma già partita su binari paralleli in concorrenza tra loro. Apple iCloud, Ubuntu One, l’immancabile Google e chissà quanti altri ne arriveranno, in sintonia con le preferenze dei geek e dei fans innamorati di questo o di quel sistema operativo. Ma non è sede qui, di possibili “guerre di religione”, ché le considerazioni adesso vogliono esser altre.
Tralascio l’argomento banale della sicurezza, consigliando giusto di tenersi ben stretta la propria pass di accesso e magari di cambiarla ogni tanto. E sperando che i sistemi server delle nuvole lassù in Rete, siano abbastanza ben protetti da possibili attacchi di pirati o di corsari online. Il mio pensiero sorge su qualcos’altro: su quanto possiamo lì salvare per un nostro uso “a passeggio”. Su quanto sia facile o meno, poi, l’utilizzo, considerando le reti mobili esistenti, e pure l’ADSL tutto sommato abbastanza veloce che possiamo avere a casa.
Gigabyte a iosa, di sicuro, noi abbiamo, nei nostri capienti Hard Disk: chi di voi non si salva ogni cosa, dalla collezione di Mp3 ai tanti film che dai DVD del salotto vengono racchiusi in file video per poterli poi rivedere con comodo nel proprio iPod? E le raccolte di immagini, tutte le foto salvate fin dagli albori delle macchinette digitali a 640×480 per arrivare ai 12 e passa megapixel di adesso, dove le mettiamo? Certamente tutto questo in un disco esterno ci sta. In una nuvola, chissà.
Metti le dimensioni massime del cloud a disposizione dell’utente (anche se Google, ad esempio, è piuttosto generosa). Metti il tempo che impiegheresti a portar sulla nuvola tutto il ben di dio che negli anni hai accumulato. No, il web cloud non è il massimo della versatilità per chi è insaziabile nei propri desideri di onnipotenza mediatica virtuale. Per chi nel web invece ci lavora, di sicuro però il discorso si fa diverso. E diventa ragionevole gestire il cloud con quel che serve, solo quel che serve.
Certo è ragionevole pensare che anche dietro questo nuovo trend, oltre all’utilità evidente ci sia un bel po’ di business. Come accade con tutte le novità sfornate quasi quotidianamente dai grandi produttori di tecnologia. Con i prodotti che oramai s’assomigliano tutti, e le cui caratteristiche, probabilmente, non saranno mai del tutto esplorate dalla maggioranza di chi li acquista. E sul trend del cloud, sicuramente arriveremo a breve al boom dei nuovi Chromebook, ad esempio; mentre c’è aria di attesa per l’autunno, quando ai fan della Mela verranno svelate le nuove “primizie” da adagiare sulla nuvola di Apple, quella con la “i” davanti.
Ma resta sempre il dubbio dell’effettiva utilità, non per chi ne apprezzerebbe i vantaggi per un job in mobility ma per chi nell’esagerazione tecnologica coltiva l’illusione del voler avere tutto dappertutto.
E chissà allora se a questo punto i fanatici dell’innovazione non si adegueranno! Imparando magari, se voglion stare su una nuvola, a tener da conto soprattutto ciò che da essi viene usato, e nulla più. E arrivando via via – ah come sono utopico adesso! – a una sorta di “umiltà tecnologica” nelle proprie scelte, alla fine anche assai benefica per lo spirito e il portafoglio…
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